Colpiti oltre 1,5
milione di lavoratori!
Il MOBBING (dal verbo inglese to mob = assalto di
gentaglia o dal latino mobile vulgus=folla tumultuante) può
essere definito come “terrore psicologico sul luogo di lavoro”,
e comprende tutti quei comportamenti aggressivi e persecutori che
vengono esercitati sul posto di lavoro contro una persona od un
gruppo di persone da parte dei colleghi, dei superiori, o del datore
di lavoro, finalizzati ad emarginare il lavoratore nell’ambiente di
lavoro e ad indurlo alle dimissioni a causa dell’insopportabile
pressione psicologica che tutto ciò comporta.
Il “mobbing” non è costituito e non si esaurisce in una
singola condotta (ad esempio in un singolo demansionamento) ma
richiede la reiterazione delle condotte per un periodo di tempo
apprezzabile ( è stato ritenuto tale un periodo di almeno sei
mesi).
Il termine mobbing fu utilizzato per la prima volta dal naturista Konrad
Lorenz per descrivere il comportamento ostile e aggressivo che
assumono alcune specie di uccelli per escludere dal gruppo un loro
simile. Il primo a teorizzare il mobbing come condizione di
persecuzione psicologica nell’ambiente di lavoro è stato, alla
fine degli anni ’80, lo psicologo del lavoro tedesco, emigrato in
Svezia, Heinz Leymann dall’osservazione di alcuni operai e impiegati
svedesi sottoposti ad una serie di intensi traumi psicologici sul
luogo di lavoro. Da allora per mobbing s’intende
“l’aggressione sistematica e reiterata” con intenti
discriminatori ed espulsivi del lavoratore dall’ambiente di lavoro.
In Italia il fenomeno è stato affrontato più di recente:
il primo studioso ad occuparsene è stato, nel 1996, lo
psicologo Harald Ege, fondatore dell’Associazione “Prima”
di Bologna, che fornisce assistenza alle vittime di mobbing.
Successivamente sempre più studiosi si sono interessati della
tematica, poche sono le strutture pubbliche, ma molti i Centri
Psico-sociali, le Associazioni e le Fondazioni che se ne occupano.
Elementi
identificativi del mobbing:
-
la presenza di almeno due soggetti, il mobber (colui che pone in
essere l’attacco) ed il mobbizzato (la vittima); -
l’attività vessatoria continua e duratura;
-
lo scopo di isolare la vittima sul posto di lavoro e/o di
allontanarla definitivamente.
Tipologie
di mobbing:
-
mobbing verticale:
–
quando l’”aggressione” sistematica è posta in
essere da un superiore verso un sottoposto, o dalla stessa
organizzazione, o ancora dal capo del personale o
dall’amministrazione verso quei dipendenti riconosciuti come scomodi
ed eliminabili, e per ragioni personali e per ragioni corrispondenti
a precise strategie aziendali di riduzione, ringiovanimento o
razionalizzazione degli organici (mobbing discendente o
bossing=comandare, tiranneggiare, spadroneggiare);
–
quando l’azione vessatoria è posta in essere da un dipendente
verso un proprio superiore mettendone in discussione l’autorità
e la leadership (mobbing ascendente);
-
mobbing orizzontale: quando l’”aggressione” sistematica è
posta in essere tra colleghi di pari livello; -
mobbing individuale: quando l’”aggressione” sistematica è
rivolta ad un unico soggetto; -
mobbing collettivo: quando l’”aggressione” sistematica è
rivolta ad un gruppo di lavoratori.
Forme e modalità attuative:
il mobbing, che interessa, nel nostro Paese, oltre 1,5 milione di
lavoratori, è un fenomeno multiforme, non ha una precisa
connotazione giuridica e può esprimersi in vari modi.
A titolo esemplificativo – la casistica è molto più
ampia e varia -, le condotte più frequenti con cui è
attuato il mobbing, accomunate dal medesimo fine di allontanare la
vittima dal luogo di lavoro, sono le seguenti:
-
emarginazione
del lavoratore (tramite palese ostilità o non comunicazione); -
continue
critiche all’operato del lavoratore; -
accuse
demotivanti; -
pretesa
di risultati impossibili da raggiungere nei tempi imposti al
mobbizzato; -
ripetersi
di sabotaggi dell’operato svolto; -
ironia
o scherzo anche pesanti; -
diffusione
di pettegolezzi e maldicenze ai danni del soggetto da allontanare; -
intimorimento,
offesa, ingiuria; -
assegnazione
di compiti dequalificanti ed umilianti; -
demansionamento;
-
isolamento
“fisico” del lavoratore in locali angusti; -
spostamenti
continui da un ufficio all’altro; -
revoca
dei benefici quali auto aziendale, telefonino, la segreteria;
-
trasferimento
non giustificato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e
produttive; -
sanzioni
disciplinari; -
visite
fiscali a raffica; -
molestie
sessuali; -
violenza
fisica.
Riassuntivamente
sono cinque le tipologie di comportamento mobbizzante secondo la
classificazione dello studioso Leymann:
-
comportamenti
incidenti sulla possibilità della vittima di comunicazione
con colleghi e superiori (ad es. opporre silenzi ostinati alle
richieste di colloquio); -
condotte
emarginanti dirette ad isolare fisicamente il soggetto (la vittima
viene confinata in un luogo isolato); -
comportamenti
lesivi della reputazione del mobbizzato (ad es. pettegolezzi,
ridicolizzazione per caratteristiche fisiche, handicap, modo di
vestire, ecc.); -
iniziative
pregiudizievoli della posizione lavorativa della vittima (ad es.
demansionamento); -
iniziative
lesive della salute psichica della vittima (ad es. minacce, molestie
sessuali).
Fasi
in cui si sviluppa la condotta mobbizzante:
1)
Fase dei segnali premonitori: un brusco cambiamento in negativo
di una relazione interpersonale precedentemente neutra o positiva;
2)
Fase della stigmatizzazione: la vittima subisce attacchi continui
da parte del superiore e/o dei colleghi;
3)
Fase dell’ufficialità: il caso viene segnalato
all’ufficio del personale che apre un’inchiesta interna giudicando la
vittima, nella maggior parte dei casi, negativamente, con conseguenti
sanzioni disciplinari a carico della stessa;
4)
Fase finale dell’allontanamento: il mobbing raggiunge il suo
scopo ed il lavoratore viene allontanato dal lavoro tramite
dimissioni volontarie, licenziamento, pre-pensionamento o addirittura
con gli atti estremi dell’omicidio o del suicidio.
Le
conseguenze per il mobbizzato:
Il
mobbing, oltre ad avere conseguenze negative sul piano economico e
sociale, ha gravi effetti sulla salute psicofisica delle vittime, di
varia intensità e sintomatologia, ma prevalentemente:
-
disturbi
del tono dell’umore; -
disturbi
psicosomatici; -
alterazione
del comportamento; -
disturbi
d’ansia;
-
disturbi
psicotici.
Le
conseguenze per l’azienda:
-
un
maggior assenteismo (la vittima del mobbing si assenta spesso per
malattia); -
minore
produttività, non soltanto riguardo ai mobbizzati, ma anche
agli altri dipendenti, che risentono del clima conflittuale
dell’ambiente di lavoro; -
le
spese legali per le eventuali azioni di risarcimento danni
instaurate dalle vittime.
Le
cause:
l’instaurazione
di pratiche di mobbing può trarre origine da ragioni di
concorrenza, gelosia, invidia, antipatia, diffidenza, paura, ma anche
da problemi organizzativi irrisolti, che determinano pressione sui
gruppi di lavoro e possono portare all’impiego della logica del
“capro espiatorio” e al mobbing.
Fattori
favorenti:
-
disfunzioni
nell’organizzazione del lavoro (inadeguata distribuzione dei
compiti;attribuzione di responsabilità superiori alle
capacità del lavoratore; mancanza di spazi nella gestione del
lavoro;carenza dei flussi informativi;mancanza di autonomia ed
eccessivo controllo;mancanza di riconoscimento del lavoro); -
scadente
capacità di gestione dei conflitti da parte del management
aziendale; -
insicurezza
per il posto di lavoro; -
fusioni
tra società.
Quali
i rimedi?
–
La prevenzione con l’impegno di aziende e parti sociali.
La
prevenzione e gestione del mobbing richiedono:
-
strategie
di intervento da parte del datore di lavoro che garantiscano le
migliori possibili condizioni psicologiche e sociali nell’ambiente
di lavoro (si favorisce una migliore qualità del lavoro dando
ai singoli lavoratori la possibilità di scegliere le
modalità di esecuzione del proprio lavoro; diminuendo
l’entità delle attività monotone e ripetitive;
aumentando le informazioni concernenti gli obiettivi; evitando
definizioni imprecise di ruoli e mansioni; predisponendo percorso
formativi mirati), l’adozione di regole organizzative che esprimano
una politica orientata ad interazioni sociali positive e valori
contrari al mobbing;
-
efficaci
iniziative da parte delle parti sociali tese a studiare il fenomeno,
individuarne le cause, sia quanto agli aspetti soggettivi sia quanto
agli aspetti dell’organizzazione del lavoro, assumere iniziative
idonee a supportare l’azienda e le vittime del mobbing
nell’affrontare e risolvere il problema.
–
Tutela giudiziaria:
-
i
comportamenti vessatori che vengono ricondotti al mobbing possono
avere una rilevanza di carattere civile e penale.
Erminia
Acri-Avvocato
Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
https://www.lastradaweb.it/erminia-acri/