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I cortili, secondo il disposto dell’art. 1117 del codice civile, costituiscono parti comuni dell’edificio, se il contrario non risulti dal titolo, e, quindi, i posti macchina su area comune sono di proprietà comune di tutti i condomini. Peraltro, salve le norme di carattere urbanistico, anche se l’area non è destinata a parcheggio fin dall’origine, in mancanza di un divieto posto nel regolamento condominiale contrattuale o in successiva convenzione, possono essere realizzati nel cortile comune posti macchina da assegnare in uso ai condomini.

Non vi sono norme che stabiliscano i criteri per la suddivisione dell’area destinata a parcheggio, ma si applicano le norme generali sul condominio e, ove compatibili, quelle sulla comunione.

In particolare, l’art. 1102 del codice civile prevede che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purchè non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Da ciò consegue che ciascun condomino può servirsi della cosa comune indipendentemente dall’entità dei millesimi posseduti, perché, anche se le spese comuni si pagano in base al valore millesimale, il godimento della cosa spetta a ciascun condomino in modo “paritario”. Nel caso di garage in comunione pro indiviso tra tutti i condomini, la Corte di Cassazione ha affermato che la regolamentazione dell’uso della cosa comune, in assenza dell’unanimità dei consensi, deve seguire il principio della parità di godimento tra tutti i condomini stabilito dall’art. 1102 cod.civ., il quale impedisce che, sulla base del criterio del valore delle singole quote, possa essere riconosciuto ad alcuni il diritto di fare un uso del bene, dal punto di vista qualitativo, diverso dagli altri; quindi è invalida la deliberazione assembleare adottata a maggioranza dei condomini che assegna, a tempo indeterminato, a ciascun condomino il godimento di un posto auto sito nel garage comune sulla base del criterio del valore degli appartamenti (sentenza Corte di Cassazione n. 26226/2006).

Solo se nell’atto di acquisto o nel regolamento contrattuale sia stato assegnato un posto auto “pertinenziale” all’unità immobiliare, dunque, è possibile pretendere una quota di parcheggio proporzionale alla superficie dell’unità immobiliare, altrimenti, se nei singoli atti di compravendita si parla di acquisto di proporzionale quota di spazio condominiale, senza assegnazione di un posto auto in uso esclusivo, i posti auto disponibili devono essere considerati “comuni” e, come tali, soggetti all’uso “paritario”.

L’uso paritario della cosa comune da parte di ciascun condomino incontra un duplice limite: quello di non alterarne la destinazione d’uso del bene e quello di non impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Ciò comporta che un’area adibita a parcheggio, divisa in parti uguali della stessa dimensione, non può essere utilizzata per parcheggiare un mezzo particolarmente voluminoso tale da impedire ad altri l’utilizzo del loro spazio, nè è consentito che il posto auto sia trasformato da un condomino in deposito permanente di cose.

La delibera assembleare che disponga di adibire a parcheggio un cortile comune non avente fin dall’origine tale destinazione, secondo l’orientamento espresso dalla giurisprudenza, non richiede l’unanimità dei consensi, ma può essere adottata a maggioranza (sentenze Corte di Cassazione n.10289/98 e n.21287/04). Altresì, si ritiene che possa essere approvata a maggioranza la disciplina d’uso degli spazi adibiti a parcheggio ove gli stessi non siano sufficienti per tutti i condomini, adottando un sistema di turni temporali oppure l’uso indiretto della cosa comune -ad esempio affittando il parcheggio- (sentenze Corte di Cassazione n.4131/2001 e n.15460/2002).

Invece, si ritiene necessario il consenso di tutti i condomini per la delibera che assegni “in via esclusiva e nominativa ai condomini, posti di parcheggio nell’area cortile – giardino dei proprietà comune”, perchè essa va ad incidere sulla sfera dei diritti reali dei condomini. Infatti, l’attribuzione dell’uso delle aree comuni in via esclusiva e nominativa, escludendo gli altri condomini dal possesso di quell’area, crea i presupposti di fatto per l’acquisto della proprietà di quegli spazi per usucapione (sentenza Corte di Cassazione n.1004/2004).

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