Bollette da capogiro?
Bollette da capogiro, con tanti zeri che diventa impossibile leggerle, letture sbagliate relative a consumi presunti, insomma tutta una serie di disservizi che si possono subire dalle società che forniscono servizi essenziali come luce, gas, acqua e telefono. A testimoniarlo sono le numerose segnalazioni che arrivano quotidianamente alle associazioni dei consumatori. Che fare? Come difendersi?
La prima importante cosa da fare è quella di reclamare direttamente nei confronti dell’azienda, inviando una lettera raccomandata A/R in cui si spiegano i termini del disservizio. Le imprese distributrici di energia elettrica e gas hanno l’obbligo di informare i clienti sulle modalità di reclamo, mettendo a loro disposizione un modulo prestampato. Il modulo deve essere consegnato al consumatore al momento della stipula del contratto e, comunque, ogni volta che se ne faccia richiesta, in alternativa si possono reperire sui siti internet delle aziende.
Per energia elettrica e gas, la legge tutela i consumatori con l’indennizzo automatico. Infatti, se nonostante i reclami e le segnalazioni sui disservizi, il venditore del servizio non risponde o non in maniera soddisfacente, il consumatore ha diritto ad un indennizzo automatico di € 20,00 se la risposta arriva entro 80 giorni, di € 40,00 se arriva tra gli 80 e i 120 giorni, di € 60,00 dopo 120 giorni, ma ciò non riguarda la rettifica della fattura.
Inoltre, in casi del genere, si può far reclamo all’Autorità Garante per l’energia elettrica e il gas (Aeeg) che, però, può solo multare il fornitore del servizio ma non può riconoscere un risarcimento dei danni. La segnalazione all’Authority è importante perché serve a controllare eventuali servizi inadeguati e tariffe poco trasparenti. Inoltre, il consumatore che intende rivolgersi all’autorità giudiziaria per essere risarcito può servirsi della documentazione dell’Aeeg.
Se questa strada non sortisce alcun effetto, si può optare per la conciliazione. In questo caso le possibilità sono 3, da tentarle tutte. Ci si può, infatti, rivolgere ad un’associazione dei consumatori presente nel proprio territorio di residenza e, dopo essersi associati (le quote associative sono di solito accessibili), chiedere di attivare la procedura di conciliazione con l’azienda responsabile del disservizio.
La maggior parte delle associazioni dei consumatori stipulano delle convenzioni con chi vende dei servizi in caso di controversie con i consumatori. Sono previste, infatti delle commissioni formate da un rappresentante dell’associazione dei consumatori e da uno dell’azienda coinvolta che esaminano il caso e cercano di raggiungere un accordo. Se l’accordo viene raggiunto viene sottoposto al socio che può accettare o rifiutare. In quest’ultimo caso sarà redatto un verbale di mancato accordo e il socio può tentare altre strade.
L’altra possibilità è rivolgersi agli enti autorizzati alla conciliazione come le Camere di Commercio e i Co. re. com o comitati regionali per le comunicazioni presenti in ogni regione. Questi ultimi sono competenti a conoscere le controversie tra i consumatori e le compagnie telefoniche. Il modulo per l’istanza al Corecom si può scaricare dal sito dell’Agcom e inviare per fax, racc/ar o portare a mano al Corecom della Regione di appartenenza (facendo apporre in questo caso sia sulla copia che si deposita sia sulla propria il timbro del deposito). Il procedimento è gratuito e deve essere ultimato in 30 gg dalla richiesta. In udienza si può comparire personalmente o tramite avvocato. Con la compilazione di un altro modulo (GU5, da reperire sempre sul sito) si può chiedere al Dipartimento Garanzie e Contenzioso dell’Agcom di far cessare forme di abuso o di scorretto funzionamento da parte della società telefonica fino al termine della procedura di conciliazione. Se si trova l’accordo, il verbale redatto ha valore di transazione tra le parti che sono obbligate a rispettarlo, in mancanza non resta che il ricorso al giudice di pace o rimettersi all’Agcom che può definire la controversia con un atto vincolante tra le parti. In questo caso l’istanza deve essere inoltrata al Dipartimento Garanzie e Contenzioso dell’Agcom con racc/ar.
Terza e ultima possibilità è quella di rivolgersi agli organismi di conciliazione istituiti con il d. lgs n.28/2010. Quelle di cui si sta discutendo non sono materie per cui è obbligatorio il tentativo di conciliazione, ma si può ugualmente ricorrere alla conciliazione prima di andare in giudizio.
In tutti i casi, dopo aver esperito tutti i vari tentativi senza una soluzione che soddisfi, è necessario rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Maria Cipparrone.
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->http://www.studiolegalecounselingcipparrone.it/]
Iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, in particolare diritto di famiglia, del lavoro e della previdenza, diritto dei consumi, recupero crediti. Dal 1995 è Giurista d’Impresa. Dal 2006 al 2012, presso varie emittenti radiofoniche e televisive locali, ha partecipato come ospite fissa in trasmissioni di informazione giuridica. Dal 2015 si dedica alla tutela degli animali, rappresentando cittadini privati e associazioni animaliste sia in processi civili che, come parti civili, nei processi penali (Abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 29/06/1998). Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 26/10/2002.