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“Più un uomo è vivace di spirito più ha bisogno di Dio per proteggerlo dal pensare che egli sa tutto”.


 

 

 

Più un uomo è vivace di spirito
più ha bisogno di Dio
per proteggerlo dal pensare
che egli sa tutto
(George Webb, Pima)

Ogni qualvolta ci si imbatte nello studio di una nuova disciplina la prima domanda che salta in mente è come si faccia a stabilire data e luogo di
nascita della “filosofia”. Per rispondere a questa domanda sarà bene stabilire cosa si intenda, almeno genericamente, per filosofia.

Il nome filosofia deriva dal composto greco (Philo – amante; e sophia – sapienza); sul vocabolario troviamo questa definizione: Ricerca che si propone di raggiungere una visione generale e comprensiva della realtà, attraverso l’indagine delle ragioni prime d’essa, e un’interpretazione unitaria e coerente delle diverse manifestazioni del sapere; propriamente amore per la sapienza.

In generale: amore per la sapienza.

A questo punto, però, mi sembra di non aver ancora fatto moltissima strada verso la comprensione di tale termine. Cercherò, dunque, Di “interrogare” i primi filosofi, per scoprire cosa pensassero della loro “professione”.

Il termine filosofo sembra sia stato usato per la prima volta da Pitagora, il quale, secondo una leggenda affermò: “Soltanto Dio è sapiente (sophòs)
mentre l’uomo può essere solo amante della sapienza (Philò-sophos)”.
Platone, nel Fedro, ispirato dalle Muse e dalle Ninfe, manda a dire a Lisia, che solo se avrà il coraggio di difendere pubblicamente e lealmente il contenuto dei propri discorsi, in realtà fatti per carpire la fiducia di un giovane studente, potrà dirsi, appunto, se non sapiente, almeno amante della sapienza, cioè filosofo.

Ecco, dunque, che comincia a delinearsi meglio nelle nostre menti che cosa potrebbe mai significare il termine in questione. Amore per la sapienza, dove la parola amore riveste un significato non secondario rispetto alla sapienza e dove il confronto pubblico, la confutazione, e la disponibilità a mettere in discussione le proprie idee rappresentano una sorta di prova del nove del proprio essere “filosofo”.

Ma chi è filosofo? O meglio, chi può esserlo?


Nel I libro della metafisica, Aristotele, riconosce nel desiderio uno dei caratteri che accomuna tutti gli uomini e nel desiderio che spinge al sapere il segno distintivo di tutta l’umanità: “Tutti gli uomini per natura tendono al sapere”. La disponibilità a criticare e mettere in discussione il proprio modo di
pensare, sarà, come vedremo, uno dei fattori che favoriranno la nascita del modo di pensare filosofico nella Grecia del V secolo a.C.

In generale, quindi, anche per i primi autori, filosofo è colui che ha desiderio di sapere e filosofia l’amore per la sapienza. Sebbene, però, tutti gli uomini tendono al sapere, non è detto che tutti, in realtà, coltivino questa pur faticosa tendenza. Filosofo è, perciò, chi decide di seguire questo impulso, questo desiderio che pungola e sprona alla ricerca del sapere e del conoscere.


Con l’aiuto di un dizionario di filosofia, cercheremo, ora, di capire meglio come tale disciplina sia andata evolvendosi nei secoli. Platone, discepolo di Socrate, fu in un certo senso il primo che tentò di dare un ordine al suo modo di porsi dinanzi al mondo, dando origine ad un
sistema filosofico diviso in tre parti: fisica, dialettica e etica. Coronamento della sua aspirazione a ricondurre rispettivamente l’essere, il sapere e l’agire sotto principi universali, ossia le idee. Da questo momento in poi la filosofia abbraccerà tutto lo scibile umano conservando questo carattere fin quasi all’età moderna. Si dividerà, nel suo procedere nel tempo, in:

  • Logica – che indaga le norme che regolano il retto uso del pensiero;
  • Teoria della conoscenza (gnoseologia) – che considera lo spirito umano nel suo potere di conoscere;
  • Metafisica, che tende ad offrire una visione complessiva dell’universo mediante uno o più principi fondamentali;
  • Etica che vuole fissare un principio direttivo dell’azione ed ha per oggetto l’uomo in quanto essere
    operante; in estetica che studia il bello e l’arte.

In età moderna, con l’affermarsi delle scienze positivistiche, la filosofia verrà concepita come unità di tutte le scienze e in un certo qual modo, come afferma Bergson, considerata come giudice supremo di verdetti già dati dalle scienze stesse e in quanto tali “immodificabili”. Quale sia il compito della filosofia in età contemporanea, però, al di là del suo accodarsi alle tesi e alle scoperte delle scienze, potrebbe essere l’argomento di articoli successivi, magari partendo dall’analisi del pensiero di chi, per primo o forse con più voce, reclamò l’indipendenza della filosofia dalle scienze: Henry Bergson.

Ora, però, ritorniamo al tema di discussione di questo lavoro: origini e data di nascita della filosofia occidentale.

Tutti gli storici concordano nel riconoscere in Talete di Mileto, vissuto tra il 624 e il 545 A.C., il fondatore della prima scuola filosofica greca. Ma perché proprio Talete è considerato il fondatore della filosofia? Possibile che prima di lui non siano esistiti altri uomini che si siano posti delle domande sul senso dell’essere? Eppure, basterebbe osservare il livello di cultura raggiunto dai greci in quel periodo, guardare alle culture che fiorivano o erano fiorite più o
meno vicine alla Grecia, per accorgerci che non furono solo i filosofi ad essere amanti della sapienza.
Omero, nell’Iliade e nell’Odissea, ci testimonia che già in epoche antecedenti l’opera di Talete, gli uomini della Grecia avevano sviluppato un modo tutto loro di rappresentarsi e di interpretare la realtà. Anche in Esiodo, poeta di una civiltà contadina e pacifista, è presente un mondo ideale, contrapposto a quello omerico; Nella poesia lirica di Archiloco, di Pindaro, di Solone si possono ritrovare spunti, sentimenti e situazioni in grado di mostrarci come ben prima del VI A.C. esistesse in Grecia un grado di cultura molto sviluppato.

Non bisogna dimenticare, inoltre, che accanto al primo balenare della filosofia avevano operato nel mondo greco degli uomini così sapienti da essere poi passati alla storia come i sette savi, tra cui è annoverato anche il filosofo Talete. In realtà non erano sette ma insieme a Solone, Talete, Biante e Pittaco, ve ne erano altri tre che venivano variamente individuati da una lista di più pensatori Periandro, Cleobulo, Chilone, Anacardi, Acusilao Epimenide, Ferecide etc. Tutti universalmente famosi per la loro saggezza morale, prudenza politica e abilità scientifica. In ultimo non dobbiamo dimenticare l’esistenza del “sapere religioso” fondamentalmente costituito dai misteri orfici e da teogonie e cosmogonie, ossia tentativi di spiegarsi l’origine degli dei e del mondo attraverso la costruzione di miti.

Se dalla Grecia, a questo punto, proviamo a spostare il nostro sguardo su ciò che accadeva nei paesi limitrofi o pure un po’ più distanti, ci accorgeremo di quanta strada l’essere umano avesse all’epoca già compiuto sulla via della conoscenza. Forme di cultura orientale, avanzatissime come l’induismo, sono risalenti, infatti, al 1300 – 1200 a. C., cioè anteriori alla scuola di Talete di almeno sei o sette secoli; Gautame Buddha, contemporaneo a Talete, sempre in India, traendo spunto da una meditazione sul dolore, dava vita ad una delle più importanti religioni filosofiche della storia; Zarathustra operante in Persia nel VII secolo a. C. forniva nello stesso periodo una visione del mondo come un grande campo di battaglia tra un Dio del Bene, Ohrmudz, e un Dio del Male, Ahriman; così in Cina, nel VI sec. a. C. visse e operò Lao – Tze , fondatore della dottrina del Tao cui si oppose Kung fu – Tzu, Confucio.

Nel vicino Oriente l’essere umano si era già industriato per godere di una vita migliore e si era posto delle domande sul senso del suo essere, per
cui si erano già formate forme di sapere scientifico, in particolare l’astronomia tra i caldei e la matematica tra gli egizi e i babilonesi. L’esistenza di tali forme avanzate di cultura, eccoci tornati al tema in discussione, danno origine a delle controversie proprio intorno all’originalità della filosofia greca.
La risposta più interessante che ci forniscono i partigiani dell’originalità dei primi pensatori greci e quindi dell’originalità di tutta la filosofia occidentale nell’insieme del suo sviluppo, ci fornisce la risposta alla nostra prima domanda: come si fa a datare e ad indicare un luogo di nascita per la filosofia? Il fatto che non si hanno notizie di contatto tra le regioni più orientali come la Cina e l’India con la Grecia, esclude da una parte la possibilità di derivazione della filosofia occidentale dai sistemi filosofico-religiosi dei paesi orientali, dall’altra, l’originalità della filosofia greca è garantita dalle caratteristiche stesse di tale disciplina.

Cos’è, dunque, ciò che caratterizza il filosofo distinguendolo dagli altri sapienti?


Il sapere orientale è intriso di rappresentazioni fantastiche e mitiche, immerso in un’atmosfera religiosa, patrimonio di una casta sacerdotale ancorata ad una tradizione ritenuta sacra ed immodificabile, mentre per i greci, abbiamo visto, ogni uomo può filosofare e filosofare consiste nel
ricercare la verità in modo autonomo, servendosi del confronto, della ragione e della ragionevolezza come guida del proprio pensiero e del proprio agire. Il filosofo riconosce nella ragione la sua unica guida e pure quando giunge a dar conferma alle tesi della tradizione, alla religione o all’opinione corrente, lo fa solo quando queste siano confermate dal valore della forza del discorso filosofico.

L’atteggiamento del filosofo di fronte al mondo, se pur nei primi tempi intriso anch’esso di mito e di religione, tende dunque a distaccarsi dalla tradizione e dal dogma e almeno a verificarne la validità mediante un discorso; “liberi” di indagare su tutto, a differenza di altri popoli le
cui strutture gerarchiche militari inibivano il libero flusso del pensiero, i greci, e non a caso, per primi i greci delle colonie, diedero così vita a ciò che noi chiamiamo modo di pensare filosofico occidentale, in questo senso, quindi, progenitori della cultura scientifica occidentale.

“E ora posso dirvi, non c’è alcun segreto, non c’è alcun mistero, non c’è che il buon senso” (Oren Lyons, guardiano della fede del clan della tartaruga, Onondaga)

“Più cose saprete, Più fiducia avrete, E meno avrete da temere”. (Preghiera Ojibway)


In conclusione di questo lavoro, sento il bisogno di ringraziare la redazione, per avermi dato la possibilità, o meglio, lo stimolo per riflettere su qualcosa rivelatasi di grande importanza. Conscio di non aver aggiunto nulla di nuovo, anzi di aver tralasciato tante notizie, spero comunque di aver contribuito ad uno spunto di riflessione sull’argomento, nell’etere, per mezzo del vostro giornale: La Strad@.

Distinti saluti. 28 Ottobre 2007

Ivan Iuele