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Il lastrico solare, al pari delle terrazze a livello, anche se di uso esclusivo di un singolo condomino, ha la funzione prioritaria di copertura dell’intero edificio.

In ordine ai danni da infiltrazioni provenienti dal lastrico solare, si pone il problema di stabilire se la responsabilità debba ricadere sul proprietario esclusivo, sul condominio o su entrambi. Nel caso specifico in cui i fenomeni infiltrativi lamentati siano riconducibili ad un difetto di impermeabilizzazione, e, pertanto, ad un difetto delle strutture funzionali alla copertura dello stabile, la responsabilità è imputabile al condominio.

Infatti, come precisato in più occasioni dalla Corte di Cassazione, il Condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 codice civile, dei danni da esse cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché gli stessi siano imputabili a vizi edificatori dello stabile (Corte di Cassazione, sentenze n. 3672/1997, n.18194/2005, n.9084/2010).

Tuttavia, è da tenere presente che l’amministratore del condominio, tra gli altri compiti, ha quello di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio, e che tra gli atti conservativi rientra l’azione contro il costruttore diretta a rimuovere i gravi difetti di costruzione ai sensi dell’art. 1669 codice civile, in cui si ritiene compresa la difettosa impermeabilizzazione del lastrico salare o della terrazza a livello. Tale azione può essere esercitata dall’amministratore del condominio anche per i singoli appartamenti, perchè “nel caso in cui i gravi difetti riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, si verifica una causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio o i singoli condomini ad agire per il risarcimento senza che possa farsi distinzione fra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto” (Cassazione, sentenza n. 3366/1995

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