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Ma, qual è la realtà?


Riflessioni

La pubblicità televisiva propone al telespettatore alcuni modelli di comportamento. Riflessioni.

Questa è la traccia che, un docente di una scuola media superiore, ha “fornito” per un tema da svolgere al rientro delle vacanze natalizie 2010. Un attimo di stupore “avvolge” la mia sensibilità di osservatore del sociale, prima che di genitore… mi domando, infatti, se, di fronte a situazioni surreali e grottesche di giovani precari e attempati senza prospettive, una tematica fuori “contesto” sia utile per attivare riflessioni. Che poi, costituiscono il lavoro che la nostra mente produce, per delineare strategie efficaci a risolvere i problemi che si generano quando tentiamo di raggiungere un obiettivo, per appagare un bisogno.

Però… potrebbe diventare una buona occasione per discutere con mia figlia (quella grande) sull’applicazione di un vecchio articolo in cui spiegavo (riassumendo una lezione di Giovanni Russo) come si “sviluppa” un tema, risolvendo la sindrome da foglio bianco.

Se non ricordo male, la schematizzazione era, più o meno, la seguente:

    1. Per prima cosa, bisogna cercare sul dizionario della lingua italiana, il significato di tutte le parole che compongono la traccia del tema in questione : bisogna scegliere, ovviamente, fra le varie definizioni proposte dal dizionario, quella più attinente con l’argomento che si sta trattando. Contestualmente, per arricchire ciò che si scrive, di contenuti che vadano al di là dell’ovvio, è bene cercare qualche aforisma in tema, per ragionarci un po’ su e, magari, per iniziare la trattazione in maniera fuori dal comune. Se poi, quando è possibile, soprattutto nell’epoca dell’e-book, si correda il tutto con immagini e filmati, si rende il discorso più facile da comprendere.

    1. In secondo luogo, si individuano gli argomenti basilari, scomponendo il tema in tre o quattro parti (a seconda della lunghezza della traccia).

    1. Quindi, si sviluppano, singolarmente gli argomenti del tema e si concatenano fra loro. Dal momento che si utilizza il significato delle parole proposte dalla traccia, non si corre il rischio di uscire “fuori tema”.

  1. Infine, inizia la correzione, per “tempi successivi” (cioè, si legge il tema più volte e, ogni volta, con una scopo ben preciso) :

    • si osserva se i vari contenuti sono espressi armonicamente, all’interno di ogni periodo ;

    • si osserva la consecutio temporum (cioè, si controlla che tutti i verbi abbiano lo stesso “tempo”) ;

    • si osservano tutti gli “accenti” ( e congiunzione / è verbo ) ;

    • si osserva se, per quello che riguarda alcuni verbi (ad esempio, il verbo avere), si è messa la “h” davanti ;

    • si osserva tutta la punteggiatura (virgole e punti) ;

  • si valuta la corretta trascrizione di tutte le eventuali parole con le “doppie” (tt, zz, gg, ecc.) ;

PER LA TRASCRIZIONE è bene usare una grafia chiara e comprensibile ( corsivo “rotondo” o STAMPATELLO).

E, a questo punto, cara Mariarita, cerchiamo di applicare quanto esposto, per vedere, insieme, “l’effetto che fa”!

La pubblicità televisiva propone al telespettatore alcuni modelli di comportamento. Riflessioni.

“La gallina, quando ha fatto l’uovo, canta; l’anatra no. Nei negozi, però, tutti chiedono uova di gallina, ma nessuno chiede uova di anatra. Ci sarà un motivo!” (Marcello Marchesi)

La pubblicità ha radici antiche, almeno sotto forma di propaganda. Addirittura, a Pompei, fra le rovine si possono leggere ancora oggi delle scritte (sui muri delle case romane distrutte dal Vesuvio nel 79 d.C.) che invitano i passanti a votare per un certo candidato alle elezioni politiche. Ma di pubblicità vera e propria si può parlare solo dopo l’invenzione della stampa. Si ritiene che il primo annuncio pubblicitario, possa risalire al 1630, apparso su un giornale dell’epoca: si trattava di una semplice inserzione che richiamava il nome del prodotto. Il bisogno di proporre/imporre merce da comprare, si appalesa con la rivoluzione industriale (nel diciannovesimo secolo) e il conseguente aumento della produzione di merci e lo sviluppo del consumismo: da lì in avanti si è, via via, imposto il modello pubblicitario che noi conosciamo: il prodotto di una scienza che usa tecniche raffinate e si avvale dell’apporto di psicologi, artisti, disegnatori e registi famosi. È un fenomeno che coinvolge masse enormi di persone ed è un’industria che investe ingenti capitali, impiega intelligenze sopraffine e dà lavoro a milioni di persone.

Quando, la pubblicità, diventa strumento di persuasione efficace?

Al di là di quanto affermato in questo gustoso aforisma, una forte spinta propulsiva la si ottiene attraverso il gemellaggio con il pianeta televisivo che, a buon diritto, è stato definito “quinto potere”, dopo l’editoria (quarto potere) e gli altri tre che cambiano a seconda che si consultino testi di diritto (Legislativo -> parlamento, esecutivo -> governo, ministeri e pubbliche amministrazioni, giudiziario -> magistratura) o di sociologia (politico, economico e religioso).

A proposito di ciò, cosa siamo diventati?, in un certo qual modo, quello che, argutamente, Antonio Albanese mostra attraverso il suo Cetto La Qualunque.

Io sono la realtà. Voi siete la Fiction!

La forma classica di pubblicità televisiva è rappresentata dallo spot, ossia un breve filmato della durata di 30 secondi (meno frequentemente multipli o sottomultipli di questo tempo).

Altre possibili forme di pubblicità televisiva sono: l’inspot (banner che compare durante un programma), la televendita, il trailer e il videoclip (per lo più, per film e musica).

Grazie al suo essere “pensata” come modello in cui identificarsi, la pubblicità, propone e condiziona i comportamenti (cioè le azioni pensate, più o meno consapevolmente e influenzate da ciò che si apprende) del target di riferimento (dalla classica casalinga di Voghera, all’altrettanto “anonimamente famoso” Mario Rossi, per finire con gli adolescenti dell’I-Pod e dell’I-Pad). In Italia, su questo versante, tutto comincia il 3 gennaio 1957 con “Carosello” che, grazie alla partecipazione di attori importanti ci ha insegnato, tra l’altro che Calimero non fosse nero ma soltanto sporco

e che un buon amaro (di una nota marca) potesse aiutare contro il logorio della vita moderna.

Cambiano i tempi e cambiano i messaggi. Si passa dalla gomma da masticare del californiano

e dal profumo per l’uomo che non deve chiedere mai…

alle note colorate di un mondo in decadenza, privo di valori importanti ma pieno di consumatori che non possono vivere senza il “3 D”!

Come ho avuto modo di scrivere altre volte, abbiamo mai riflettuto adeguatamente alla trappola in cui siamo costretti a vivere da un sistema economico “incoerente” fin dalle fondamenta?

Attraverso tutti i canali di comunicazione di massa, mediante spot pubblicitari, veniamo indotti a comprare una infinita varietà di alimenti ipercalorici (ma a basso contenuto di nutrienti come vitamine, sali minerali, etc.) che riempiono, praticamente, tutte le ore della nostra giornata (dalle merendine mattutine, ai pranzi “che sono diventati un mito”, agli snack pomeridiani, fino a tutte le possibili combinazioni alimentari che costituiranno una “cena indimenticabile”); poi, però, sempre attraverso messaggi “mediatici”, ci convincono che l’immagine vincente nel lavoro come nella vita, sia quella consistente in un misto di muscoli e anoressia (uomini dinamici, vagamente “dopati” e donne efebiche, autentici “pali” rivestiti di morbida alcantara); a questo punto, ci vengono in soccorso le pillole cattura calorie, per poter “tranquillamente” trangugiare una Saint Honoré da 5 kg (con buona pace di dentisti e nutrizionisti); a conclusione di ciò, possiamo analizzare (sempre attraverso disinteressati “consigli per gli acquisti”) le enormi opportunità di acquistare (con comodi pagamenti rateizzabili fino al giorno del giudizio universale) intere palestre da trasportare in casa propria per effettuare comodamente tutti quegli esercizi che non faremo mai perché troppo impegnati a lavorare (e logorarci) per pagare tutte quelle comodità necessarie a migliorare la qualità della vita (quella di chi ce le vende, naturalmente!).

Si dice che la pubblicità non sia che il commercio dell’anima (Marcello Marchesi) o che, piuttosto, la si possa paragonare al rumore di un bastone in un secchio di rifiuti (George Orwell). Ma si sostiene anche che la pubblicità contenga le uniche verità affidabili di un giornale (Thomas Jefferson) facendo appello, non tanto alla ragione quanto all’emozione (Erich Fromm). Probabilmente è vero quanto ha affermato un economista e cioè che la pubblicità è l’acceleratore del meglio e del peggio senza che nulla possa arrestare la velocità presa. Ma anche Norman Douglas ha avuto da esprimersi, a tal proposito: “Si possono conoscere gli ideali di una nazione attraverso la sua pubblicità”.


A questo punto, una considerazione finale: cosa accadrà quando riusciremo a decidere liberi da condizionamenti? Beh, allora, le aziende dovranno, per forza, migliorare il prodotto!

G. M. – Medico Psicoterapeuta