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Una vita da Oscar.

Parlare del grande cinema italiano è non pensare a Dino De Laurentiis è cosa impossibile.

Ci sarebbe da chiedersi se senza la sua grande intuizione in Italia si sarebbero mai prodotti film come “La grande guerra”, “Le notti di Cabiria”, “Miseria e nobiltà”, solo per citarne alcuni.

Ci sarebbe da chiedersi se quel faro che illuminò il cinema italiano quando in tutto il mondo si proiettavano i film di Fellini, De Sica, Rossellini, Visconti, si sarebbe mai acceso.

Se nell’Italia del dopoguerra De Laurentiis non si fosse posto come forza trainante di quei grandi autori che, a dispetto delle macerie, lavorarono per una rinascita culturale, ci sarebbe da chiedersi se il nostro cinema avrebbe mai vissuto uno dei momenti più alti della sua storia : il Neorealismo.

Ed è famosa una sua dichiarazione alla stampa riguardo a quel periodo : “Il neorealismo fu inventato dai giornali. Affermarono che alcuni registi e sceneggiatori vollero inventarsi il neorealismo. Ma non è vero. L’industria italiana del cinema era così povera che non c’erano soldi per gli studios , per creare dei set, per andare dappertutto. Così si doveva girare tutto per strada.”

E’ molto giovane quando, per una trasferta di lavoro a Roma (all’epoca lavorava nel pastificio del padre) vede per strada un annuncio del Centro sperimentale di cinematografia, che cerca nuovi talenti. Non ha esitazioni, ha deciso cosa vuole fare da grande. Si trasferisce da Torre Annunziata a Roma per frequentare il Centro sperimentale di cinematografia e segue i corsi di recitazione. E così inizia la sua gavetta nel mondo del cinema, il giovane Dino fa di tutto sul set dal trovarobe alla comparsa. Ha solo 17 anni quando recita accanto a Vittorio de Sica nel film di Camillo Mastrocinque “Orologio a cucù”. Ma scopre presto che la sua vocazione di attore non era brillante e come egli stesso amava sottolineare “nel cinema, chi vuole mettersi in luce, sceglie la zona d’ombra“, così inizia la sua carriera di produttore e a soli 22 anni fonda la Real Cine e produce il suo primo film “L’amore canta” . Ma la sua “linea d’ombra” prende forma alla Lux Film dove entrò nel ’45 su raccomandazione dell’amico Mario Soldati. Ad arruolarlo fu un altro mitico produttore italiano, Riccardo Gualino, che di lui diceva “Non so se ha talento, ma di certo è un ragazzo che non si fermerà mai!”.

E non si è più fermato, 70 anni di carriera oltre 600 film prodotti. Una vita intensa la sua, che lo porta dall’ hinterland napoletano ad Hollywood, passando dal neorealismo alla commedia all’italiana alla realizzazione, in età già matura, del sogno americano di un italiano che non parlava una parola d’inglese : “Quando venni in America ero pieno di entusiasmo però mi dicevo : sarò capace di fare un film in americano?”. Poi chiamò Peter Maas chiedendogli se avesse qualche idea e l’autore rispose che stava scrivendo un nuovo romanzo dal titolo “Serpico”. Lesse solo il primo capitolo contattò l’autore e gli comunicò “compro il romanzo alla cieca”. E fu il grande film con il quale De Laurentiis inaugurò la sua avventura americana.

In Italia molte le tappe importanti che hanno segnato la carriera, ma anche la vita stessa di De Laurentiis dal film “Riso amaro” (1948) dove sul set conosce e si innamora della bellissima Silvana Mangano che sposerà poco dopo e alla quale resterà legato per trent’anni; al sodalizio con l’amico Carlo Ponti con il quale fonderà la “Ponti-De Laurentiis”. Insieme i due grandi produttori italiani finanziarono film di grande successo fino alla consacrazione definitiva con “La Strada” (1954) e “Le notti di Cabiria” (1957) di Federico Fellini, due film che vinceranno entrambi il premio Oscar per il miglior film straniero, dopo quelli vinti da Vittorio De Sica con “Sciuscià” (1947) e “Ladri di biciclette” (1949).

Ma il lavoro di De Laurentiis non si limita a produzioni esclusivamente italiane e nei nuovi teatri di posa alle porte di Roma chiamati “Dinocittà” vengono girati numerosi film con “star Hollywoodiane” da “Guerra e pace” di King Vidor (1956) alla “Bibbia” di John Houston (1966).

Così quando nel 1972 con la legge Corona di fatto vengono impedite in Italia le produzioni italo-americane De Laurentiis non ci sta’ e parte per l’America : “In Italia c’era la carta bollata e devi chiedere il permesso anche per andare al gabinetto – disse dopo il suo trasferimento negli States – in America si è liberi di fare quello che si vuole”.

Una vita da film, quella di De Laurentiis, costellata da grandi successi, ma non per questo priva di fatiche, di dolori (tra cui la perdita di un figlio a causa di un incidente) di delusioni e anche di fallimenti. Dino De Laurentiis cade e si rialza ogni volta con più forza e maggiore determinazione.

Tutte le volte che sembra sull’orlo dell’abisso viene guardato con sospetto dai suoi nuovi colleghi d’oltre oceano. E ogni volta si risolleva, è l’uomo che dà fiducia a Sidney Lumet (Serpico, 1973), lo spericolato artefice di “King Kong” (1976, Oscar per gli effetti speciali a Carlo Rambaldi), colui che ridà fiducia a Michael Cimino dopo la catastrofe dei “Cancelli del cielo” con “L’anno del dragone” e “Ore disperate”.

Nel 1986 acquista i diritti di un romanzo di Thomas Harris, “Il delitto delle terza luna” da cui nasce “Manhunter- Frammenti di un omicidio” di Michael Mann, dove, per la prima volta, compare il personaggio di Hannibal Lecter. Il film, notevole, non ottiene il successo meritato e De Laurentiis rinuncia a produrre “Il silenzio degli innocenti”. Ma la sua rivincita se la prende proprio di recente con “Hannibal” di Ridley Scott, fortemente voluto proprio dal produttore napoletano e trasformatosi rapidamente in un grande successo.

Spesso veniva etichettato come paladino di film di solo intrattenimento : “Ancora dicono che faccio film commerciali… lo stesso destino del povero Totò. E ” La strada”, poi?”.

Nel suo discorso di ringraziamento per l’Oscar del 2001 disse: “Il cinema è una droga, è una fatica. Ma è esaltante: ho fatto 600 titoli, ma a ogni nuovo progetto mi ci butto con l’entusiasmo e la curiosità del primo”.

Lo scorso anno per il novantesimo compleanno De Laurentiis è stato festeggiato sia in Italia che in America e con la sua solita ironia dichiarò: “In Italia sono il dottor De Laurentiis, in America Mister D o al massimo Dino. Come Sinatra che era Frankie e basta. Qualcosa significa, no?”.

E oggi che De Laurentiis non c’è più, il mondo del cinema piange al di qua e al di là dell’oceano la scomparsa di un produttore che ha reso grande la storia del cinema, ma piange anche la perdita di un uomo che in ogni film realizzava un suo sogno perché ” il film è il mondo dei sogni ed ogni essere umano ama sognare”.

Un uomo che, nonostante le vicissitudini, non ha mai perso la capacità di sognare e di far sognare.

“Fin da ragazzino ho preso l’abitudine di concentrarmi sui sogni. Io ho sognato sempre e i sogni nella mia vita sono stati estremamente importanti. Soprattutto quando ad un certo punto ho scoperto che i sogni si possono realizzare. Un sogno può diventare realtà se dietro c’è la volontà, la fantasia e un minimo di spirito di sacrificio per dargli concretezza.” (Dino De Laurentiis)