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Sarà, forse, meglio esserci?


 

Pensieri degli anni difficili

 

L’aria che si respira, l’importanza di amare senza condizionamenti, l’angoscia di sentirsi due, non in due, ma proprio due persone.

Che sabato strano è questo!

Rifletto.

Quando sono fuori e affronto il mondo mi rendo conto di quanto tempo passo con me stessa. Forse troppo? Una serie di domande mi assalgono. Non sarà che ho bisogno di più parole? Non sarà che ho bisogno di ascoltare ancora? E perché ci si sente infinitamente isolati anche se tutto intorno si vede tanta gente?

Tardo pomeriggio. Sono qui da stamane, o forse da sempre, in compagnia di solo me, tranne qualche chiacchiera. Sono sola, eppure non ascolto la mia voce. Non vedo il mio viso, non ho la percezione del mio corpo.

Come sono? E’ giusto velarsi per proteggersi oppure è meglio lasciarsi attraversare per quello che si è? Qual è stato il giorno più bello dell’estate? Quella sera in cui, immersa nelle pagine incantate del mio libro preferito, mi sono sciolta fra le lacrime, in un pianto di commozione.

La lettura. E’ forse l’unica cosa che distoglie il mio pensiero.

Cosa non si riesce a fare? Cosa non si riesce ad essere? Chi riesce a vivere senza accorgersi che l’aria che respira molto spesso è carica? Troppo densa da appesantire, da tirarti verso il basso quando invece sei pronto a spiccare il volo. Più spesso, penso, sia necessario volgere lo sguardo al passato, quello che ti riporta ai giochi da bambino. I lineamenti del viso si distendono, una punta di nostalgia disegna un’espressione un po’ più triste e la malinconia avvolge. Anche quando non era tutto come avresti voluto. Io l’ho visto. Sono pronta a giurarlo!

E così, mentre mi innalzo velocemente, mi ritrovo per la strada sorridendo, compiaciuta nel vedere il domani che cammina dolcemente avanzando per la mano, pieno di speranze e fiducioso. In quel momento stiamo volando, ma ognuno nel suo di modo, nell’aria a volteggiare.

Piena. Mi sento piena.

Ci si protegge socchiudendo un po’ la porta, lasciando vedere solo quello che non si sciupa. E se si provasse a dire tutto, ma proprio tutto, quello che c’è dentro e poi qualcuno ci graffiasse? Questa volta ce la faremmo? Saremmo in grado di parare un altro colpo?

Ieri sera ho incontrato il futuro in un posto qualunque, quale può essere un grande magazzino. Mi sono fermata a lungo a guardare, stranamente cercando il passato, ed ho visto tante cose. Gli occhi dentro gli occhi, la dolcezza fra la timidezza, l’aggressività incontrollata attraverso la vivacità. Ho cercato di sentirne la voce. Non ho provato dolore, ma non saprei dire come mi sono sentita.

Arrivo dopo un lungo percorso che coinvolge le attività del mio pensiero, tutte, ad una sofferta conclusione. Sento di esserci, ferma sempre lì ma non ad aspettare, a guardare lontano e a volte da lontano. Mi porto avanti con le insicurezze che mi spingono ad avanzare, tendendo spesso la mano. Ci sono e ci sarò! Avverto però intorno, anzi accanto, chi, forse impaurito dall’incontrollabile, si avvicina a volte andando e, altre, si allontana venendo a me. Un momento di grande confusione.

Ma sarà poi vero che si persegue l’amore per il solo piacere di donare?

Lo scudo protegge. Lo si porta avanti nel tentativo di nascondersi, aggredendo. C’è poi chi, intimorito da quello che potrebbe perdere, sistema tutto intorno delle spine e diventa invalicabile a lasciarsi penetrare. Allontana respingendo e, molto spesso, finisce per farsi e fare del male.

Quando il silenzio cade e diventa un macigno impossibile da spostare. Quando lo sguardo ferisce più della parola e blocca ogni tentativo di arrivare. Quando non riesco a capire perché a volte ci si incontra senza inciampare ed altre si fa di tutto per spezzare. Quando mi ritraggo, ma senza mettere le mani davanti ad impedire.

C’è chi va andando, c’è chi viene allontanandosi. Sarà forse meglio esserci?

 

Fernanda