Completato ormai da tempo il progetto di sequenziamento del genoma umano si è partiti con lo studio della comprensione dei meccanismi volti alla regolazione dell’espressione genica. Molto semplicisticamente, una volta conosciuta direttamente la sequenza dei geni diventa ora necessario studiare il sistema che ne regola la funzione.
Si parla ormai da tempo in tutti i contesti scientifici che si occupano di genetica, di epigenetica, intendendo con questa quella branca della biologia molecolare che vuole individuare, per meglio comprendere, i cambiamenti che avvengono in risposta alle interazioni gene-ambiente.
Il concetto di staticità del DNA, inteso come macromolecola finalizzata al trasferimento dell’informazione genetica, con uno schema di progettazione rigido che non prevede la possibilità di errori, decade abbastanza presto. Basti pensare alla presenza delle mutazioni, ossia quei cambiamenti che riguardano la sequenza del DNA che, se non riconosciute dai sistemi di riparazione della cellula, vengono ad essere fissate ed ereditate dalle generazioni successive. Possono rappresentare la base su cui lavora l’evoluzione, in quanto contribuiscono alla variabilità. Variabilità interindividuale rappresentata anche dalla presenza dei polimorfismi (varianti alleliche) che determinano l’unicità dell’essere vivente.
La plasticità, intesa come dinamicità della macromolecola promotrice dei processi di replicazione, trascrizione con conseguente traduzione, e delle successive modificazioni post-traduzionali che rendono funzionale il prodotto genico, incontra una sua diversa modalità di espressione attraverso l’attuarsi dei meccanismi epigenetici.
Da un punto di vista chimico, i più conosciuti meccanismi epigenetici riguardano la metilazione del DNA e la modificazione covalente degli istoni, i quali alterano fisicamente la densità della cromatina, quindi l’accessibilità ai complessi molecolari preposti all’espressione dei geni, modulando in tal modo la trascrizione potenziale di alcuni di essi.
Uno degli esempi meglio studiati di interazione ambiente → malattia ← meccanismo epigenetico è rappresentato dalla malattia di Alzheimer. Si tratta di una malattia progressiva neurodegenerativa le cui manifestazioni cliniche compaiono in tarda età. Da studi condotti sui roditori e nei primati è stato dimostrato che l’esposizione precoce a metalli, quali il piombo, potenzia l’espressione dei geni associati alla malattia, reprime l’espressione di altri e incrementa lo stress ossidativo del DNA. Il fattore ambientale, ossia l’esposizione precoce ai metalli, inibisce alcune DNA-metiltransferasi, preposte alle reazioni di metilazione, ipometilando i promotori di alcuni geni associati, incrementandone i livelli. La conseguente produzione di specie reattive all’ossigeno danneggia il DNA accelerando gli eventi neurodegenerativi. Geni modificati epigeneticamente in fasi precoci della vita potrebbero quindi essere più suscettibili allo stress ossidativo che si verifica in tarda età.
Da questo emerge che qualsiasi altra perturbazione, come deficienze nutrizionali, stress, etc, potrebbero interferire col programma epigenetico, modificando l’espressione differenziale. (N.H. Zawia et al. Free Radical Biology & Medicine. 2009, 46, 1241-1249).
Per meglio comprendere il diverso ruolo di genoma ed epigenoma e la relazione che esiste fra essi, le migliori evidenze sperimentali sono fornite dagli studi condotti sui gemelli monozigoti.
Questi rappresentano un ottimo modello sperimentale, in quanto si presentano genotipicamente identici, ma spesso il loro fenotipo mostra delle differenze. Un modo per apprezzare queste differenze è dato dalla diversa suscettibilità alle malattie, in particolare verso i disordini psichiatrici, come la schizofrenia e il disturbo bipolare.
La vera natura di questa discordanza fenotipica rimane poco conosciuta: grande rilievo viene dato al ruolo dei fattori ambientali così come anche all’esistenza di differenti profili epigenetici. A verificare ciò, in un importante lavoro (M.F. Fraga et al. PNAS, 2005, July 26, vol.102, n°30, 10604-10609) gli autori esaminano i markers epigenetici (metilazione del DNA e acetilazione degli istoni) in una grande coorte di gemelli monozigoti. I risultati mostrano che, sebbene sono epigeneticamente indistinguibili nelle fasi precoci della vita, in età avanzata compaiono differenze notevoli.
Consistenti basi epigenetiche sono anche all’origine di molti tumori. Schemi di metilazione anomali sono noti ormai da tempo nelle cellule cancerose e ciò che rende l’epigenetica particolarmente interessante, soprattutto in questo contesto, potrebbe essere la possibilità di agire farmacologicamente per correggere e ripristinare le condizioni di normalità. Infatti le mutazioni epigenetiche, al contrario delle mutazioni geniche, sono farmacologicamente reversibili e rappresentare, quindi, la via da perseguire nella ricerca di eventuali terapie adeguate.
A sottolineare la natura dinamica delle modificazioni epigenetiche, degno di nota, un lavoro recentissimo pubblicato su una rivista ad alto contenuto scientifico (Human DNA methylomes at base resolution show widespread epigenomic differences Ryan Lister et al. Nature14 October 2009), dove viene presentata la prima mappa di metilazione nel genoma di mammifero sia in cellule staminali embrionali che in fibroblasti fetali.
I risultati mostrano differenze consistenti tra i due tipi cellulari, evidenziando nelle cellule staminali embrionali schemi di metilazione esclusivi in regioni prossimali a geni coinvolti nel mantenimento del loro stato di pluripotenza. Queste evidenze sperimentali forniscono le basi su cui impostare gli studi successivi, volti ad una maggiore conoscenza di queste modificazioni epigenetiche e del loro coinvolgimento nella comparsa delle malattie e nello sviluppo.
Fernanda Annesi – Biologa CNR (2 novembre 2009)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line