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Novità tecnologiche per i più giovani, per farli cadere nella trappola del cibo spazzatura.



 

 

Il fast food (espressione inglese traducibile come “cibo veloce”) è un tipo di ristorazione di origine e di cultura anglosassone, veloce da preparare e consumare, che a partire dagli anni ’80 ha avuto una vasta diffusione a livello mondiale.

Questa cucina è costituita principalmente da hamburger, patate fritte, con l’uso massiccio di salse come maionese, ketchup, senape.

Il modello alimentare proposto dai fast food seduce particolarmente i giovanissimi, adolescenti e bambini, soprattutto per le scelte di marketing operate dagli specializzati del settore.

Spesso i fast food sono ubicati in posizione strategica per il target più giovane: vicino a scuole, nelle aree di passeggio delle città, in prossimità di cinema, nei centri commerciali.

La pubblicità, infatti, “è l’anima del commercio” e condiziona la vita dei consumatori, prediligendo i piccoli consumatori, soprattutto nel settore dei giochi, abbigliamento e cibo.

I giovanissimi sono oggetto di un marketing molto aggressivo, con il ricorso ad ogni tipo di arma e astuzia: dai personaggi dei cartoon più famosi che ammiccano dalle vetrine sapientemente allestite con colori sgargianti e sfavillanti, ai molteplici gadgets e giochini che vengono regalati con l’acquisto di particolari menù, e che spesso sono la vera motivazione per cui il ragazzino trascina i genitori nel locale. Una volta dentro, ci si rende conto di essere bombardati da immagini che ritraggono succulenti panini, affiancati da foto di adolescenti (in cui è facilissimo identificarsi) e da sagome di personaggi dei fumetti, mentre attrezzatissime sale aspettano di essere affittate per organizzare feste di compleanno.

Ciò che spinge i genitori a questa scelta è anche il fatto che i bimbi sono intrattenuti da giovani vestiti da clown o da personaggi dei cartoni che distribuiscono palloncini e gadgets vari.

In più, i costi sono contenuti e le dosi dei menù sempre maggiori.

Si tratta di un’ altra tecnica di marketing che cerca di fidelizzare il cliente dando menù sempre più abbondanti a costi contenuti. Aumentare le dosi alle multinazionali costa ben poco, in cambio si attira e si fidelizza il cliente.

In questo modo si contribuisce alla diffusione dell’obesità infantile.

L’obesità non è solo una questione estetica: un bambino obeso ha altissime probabilità di diventare un adulto obeso, con lo sviluppo di malattie cardiovascolari e di diabete. L’unica via percorribile, dunque, è una maggiore informazione e prevenzione che parte dai più piccoli.

Certo mangiare al fast food sporadicamente non rappresenta un rischio per la salute, ma è importante non farla diventare una abitudine.

Un’ alimentazione composta così come previsto dai menù dei fast food (bibita, panino farcito con carne e intriso di salse, patatine, snack iper calorici) è di regola notevolmente squilibrata, perché fornisce un elevatissimo apporto calorico, pari a quello che si dovrebbe assumere nell’intero arco della giornata (con un singolo pasto è facile incamerare 2mila calorie), dunque uno sfizio da concedersi occasionalmente e mai come fuoripasto.

In questo tipo di alimentazione la presenza di grassi è notevole (soprattutto di natura animale),oltre che di zuccheri, mentre sono insufficienti le quantità di sali minerali, amido, fibre e vitamine per l’assenza di frutta e verdure fresche.

Per non parlare della qualità che del cibo fornito a poco prezzo, considerando anche il fatto che viene cucinato in modo globale (ce lo chiediamo tutti: l’olio utilizzato per la frittura viene cambiato regolarmente?)

C’è da dire, comunque, che negli ultimi anni la politica dei fast food (che si fa sempre più raffinata) si è indirizzata verso scelte più salutari, anche per poter abbracciare un pubblico maggiore, come le donne, che sono generalmente più attente alla linea e al benessere. Molti gestori delle più grandi catene di fast food hanno introdotto nei vari menù frutta e verdura. Le bibite gassate (molto zuccherate) sono sostituite da acqua minerale e al posto delle iper caloriche patatine è possibile scegliere insalate, agli snack fatti di cereali e cioccolato si può optare per della frutta o una macedonia.


Consumers International, l’organizzazione mondiale delle associazioni di consumatori, è da sempre impegnata nella lotta contro l’obesità infantile. Una battaglia che passa anche attraverso la condanna della pubblicità alimentare aggressiva e poco trasparente.

Le associazioni di consumatori internazionali, promuovono la necessità di un Codice internazionale di autoregolazione sul marketing di alimenti e bevande destinate ai più piccoli e che si spera venga adottato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Queste alcune regole per proteggere i più giovani:

  • Gadgets, regali collezionabili con l’acquisto dei menù per bambini (una classica tecnica per fidelizzare i clienti più piccini, spinti a tornare la settimana successiva per completare la raccolta), personaggi famosi che attirano l’attenzione dei bambini, non devono essere sfruttati per pubblicizzare alimenti poco salutari.

  • Deve essere ridotta la pubblicità televisiva di cibi troppo ricchi di grassi, sale e zuccheri durante le ore di programmazione televisive pomeridiane, e anche quelle via internet (l’influenza del web è notevole sugli adolescenti, molti siti fungono da trampolino di lancio per i nuovi menù e nelle sezioni del sito ci sono giochi online che servono proprio ad attirare la clientela più giovane).
  • L’educazione alimentare andrebbe insegnata nelle scuole, promuovendo al contempo il consumo regolare di frutta e verdura.

Vietando gli spot di fast food nei programmi per bambini e ragazzi si ridurrebbe di molto il tasso di obesità nei giovanissimi.

E’ quanto sostiene uno studio condotto da ricercatori del National Bureau of Economic Research (NBER) Lo studio, che è stato pubblicato dal Journal of Law and Economics dell’Università di Chicago, ha analizzato il legame tra pubblicità dei fast food e obesità.

In Italia il problema è un po’ meno accentuato, sebbene nel corso di un’ azione di monitoraggio, sono risultati 51 passaggi in una settimana della McDonald’s sulle principali reti televisive nostrane.

In Svezia, Norvegia e Finlandia gli spot pubblicitari nei programmi per bambini sono vietati.

La pubblicità è sempre più seduttiva, ma a ben vedere il raffronto con la realtà è impietoso, e l’immagine reale dei panini acquistati è ben lontana da quella pubblicizzata sui poster e vetrine dei fast food.

L ‘ultima trovata pubblicitaria ad opera delle multinazionali dei fast food è nata in Giappone.

A Tokio si dà l’avvio ad un esperimento che di certo avrà successo e che ben presto si diffonderà a macchia d’olio anche in Europa. McDonald’s infatti, ha stretto alleanza con la Nintendo famosa multinazionale che produce videogiochi e giochi interattivi. La novità riguarda la console per videogiochi portatile “Nintendo DS” che impazza tra i ragazzi, e che permetterà ai giovani in possesso del videogioco di consultare i menù dei fast food, grazie alla connessione WI-FI, presente nei luoghi di ristorazione.

La logica del profitto non conosce la morale, prende dove può senza scrupoli e interrogativi.

La “patata bollente” passa, dunque, nelle mani dei genitori, spesso in difficoltà a causa dell’incessante pubblicità e dei messaggi che bombardano i loro figli, non solo in tv, ma anche sui giornali e per strada.

Il genitore, anche se attento e scrupoloso riguardo l’alimentazione dei suoi figli, spesso è costretto a cedere di fronte l’insistenza dei più piccoli, supportati e condizionati dagli amichetti e compagni di scuola che, o con il consenso dei genitori o senza, frequentano questi luoghi e si alimentano quasi abitualmente di questi “cibi spazzatura”.

In generale, educare i propri figli non è semplice, dovendo considerare che ai messaggi che si ricevono in famiglia si aggiungono quelli provenienti dall’esterno, dalla scuola, dai luoghi dove trascorrono il tempo libero.

Non sempre il genitore, soprattutto se è costretto a lavorare ed a trascorre molto tempo fuori di casa, può impedire al proprio figlio di fare delle esperienze, perché si porrebbe troppo in contrasto con l’esterno ed i suoi messaggi sarebbero molto distanti da quelli che riceve il bambino e/o l’adolescente stando a contatto con i suoi coetanei.

Bisogna, in questi casi, trovare una soluzione intermedia, e nell’interesse del minore, mostrarsi accomodanti (l’intransigenza non favorisce il dialogo), cercando di coinvolgerlo da protagonista, stimolandolo con domande e facendo in modo che, con il tempo, si renda conto da solo di ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, mostrandosi pazienti e comprensivi, senza dimenticare la necessità di stabilire, comunque, delle regole di comportamento.

Maria Cipparrone

(avvocato e counselor)