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Al tempo del nostro Risorgimento, l’anelito di libertà e d’indipendenza accese gli animi della gioventù borghese e colta, al punto che si coniavano frasi come: “Chi per la patria muor, vissuto è assai”; si era in un momento storico-politico particolare, pervaso dall’ideale romantico, che riscopriva la bellezza dei sentimenti, inariditi dal razionalismo. Oggi, invece, quell’atteggiamento melanconico ed idealistico ha ceduto il passo ad uno stato di bisogno economico che spinge molti giovani a vestire divise, ad imbracciare armi, con la segreta speranza di farla franca. Ancora una volta, i nostri C 130 sbarcano a Ciampino le bare di giovani nostri soldati che hanno lasciato la loro giovinezza sugli algidi deserti Afgani. C’è, d’altronde, il ricordo, recente e traumatico, di quell’undici settembre! E bisogna far fronte ad un terrorismo internazionale che trae la sua spinta da un massimalismo religioso e manicheo che contrasta con il nostro concetto di civiltà. Ma se ben riguardiamo la storia degli ultimi due secoli, ci accorgiamo che l’odierna violenza trae origini lontane; in quel colonialismo la cui matrice albionica ha tanto danneggiato quell’europeismo che, inutilmente, tentiamo di attuare. Né bisogna… PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.



…dimenticare le passate conquiste e gli sfruttamenti di territori inermi e culturalmente sottosviluppati da parte della Spagna, dell’Olanda e della Francia: ma qui interessa richiamare, a volo di rondine, il colonialismo inglese che ebbe il suo massimo fulgore nell’età vittoriana ( prima metà del 1800 ). A partire dall’India, l’impero inglese si garantì materie prime e posizioni militari strategiche, dal Canada, all’Africa, da Singapore ai massicci rocciosi del Caracorum; persino la cima più alta del mondo porta il nome di un inglese, sir George Everest, fondatore dell’ufficio trigonometrico e geodetico dell’India, che soppiantò la denominazione religiosamente venerata con la quale il paziente e forte popolo tibetano indicò il tetto del mondo: CHOMOLUNGMA, che vuol dire DEA MADRE DELLA TERRA.

Già nel lontano 1842 gli Inglesi occuparono l’Afghanistan, sostenendo, con i loro eserciti, i vari emiri che governarono sotto il protettorato inglese. Né si dimentichi che nell’autunno del 1842 gli inglesi, rovinosamente sconfitti, si vendicarono distruggendo Kabul, per poi rioccupare il territorio imponendo un protettorato che durò fino al 1919 ; ed è fin dal 1880 che gli Afghani proclamarono la ” Guerra Santa ” contro gli ” infedeli inglesi ed occidentali”.

Che dire, poi, del solco profondo di odio che le Crociate determinarono tra cristiani e musulmani ? Quando i crociati entrarono in Gerusalemme, un cronista del tempo racconta che il sangue delle vittime, da ambo le parti, arrivava alle caviglie dei belligeranti . Queste scorie di odio hanno radici millenarie che si tramandano di generazioni in generazioni. Anche questo popolo afghano, abbrutito sia da lotte intestine che contro invasori, abituati a lottare persino contro una natura ostile, è diventato il braccio armato della Jiad, talmente convinto della sacralità della propria lotta, da affrontare la morte, convinto che nel paradiso delle ” Urì ” ogni martire di Allah troverà 13 vergini a sollazzarlo per l’eternità, fra verdi e profumati giardini e ruscelli limpidi e freschi; loro, che non si lavano per mancanza d’acqua!

Il risultato finale di questo sfruttamento si chiama BIN LADEN, che pur continuando a estendere la propria ombra minacciosa su tutto il mondo, ha fatto dell’Afghanistan il teatro operativo di una guerriglia sanguinosa della quale non si intravede la fine. Ma la strategia dei talebani ha un supporto strategico e logistico nel vicino Pakistan, per cui non è possibile riportare su costoro una vittoria definitiva, dal momento che godono di un’immunità politica da parte di uno Stato sovrano.

C’è da chiedersi, allora, quali siano i supporti economici che consentono di fornire, armi, esplosivi ed uomini ai guerriglieri islamici? La risposta non è difficile: oppio, petrolio e raccolte di denaro nelle moschee. Infatti, è provato che i talebani non solo reclutano i loro kamikaze nelle scuole coraniche e nei centri islamici, ma, addirittura, pagano profumatamente i loro adepti, più di quanto Karzai offra al proprio esercito e alla polizia afghana. Ed intanto muoiono americani ed inglesi, tedeschi ed italiani, giapponesi e spagnoli. e non ci si accorge che non solo è sbagliata la strategia militare della NATO, ma che l’unica soluzione rimane, probabilmente, il ritiro totale dall’Afghanistan di tutte le forze della coalizione e, nel contempo, creare una cintura militare e politica che isoli queste zone da ogni tentativo di rifornimenti militari ed economici fino a determinare l’asfissia di ogni operatività terroristica.

Per adesso, non ci rimane che piangere questi giovani, caduti per il mondo libero, che non gridano vendetta, ma chiedono soltanto che la medesima sorte sia risparmiata ad altri loro commilitoni. Ancora una volta, San Paolo fuori le mura, accoglierà il dolore di mamme, di mogli, di figli e di genitori inconsolabili; bandiere abbrunate sventoleranno mestamente ai freddi venti autunnali, il commovente suono del ” silenzio fuori ordinanza ” non fermerà il groppo alla gola : ma sarà solo un giorno di mestizia per i più; per vedove ed orfani un’abbrunata stella ornerà i loro abiti negli anni a venire: speriamo che lo Stato non vi distenda l’oblio dell’indifferenza.!

20 settembre 2009


Giuseppe Chiaia – preside.