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Dalla tutela del diritto all’informazione pluralista alle bibite più costose ai bar ed allo stop delle clausole abusive nei contratti con i consumatori.


Intervenire tempestivamente per salvaguardare il diritto all’informazione pluralista. E’ quanto hanno chiesto le associazioni dei consumatori all’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni durante un’audizione che si e’ svolta nei giorni scorsi sull’esposto presentato contro Rti per il mancato rispetto dei limiti a tutela del pluralismo dell’informazione. La segnalazione riguarda il superamento da parte del gruppo Mediaset della soglia del 20% nel numero complessivo di programmi nazionali editi e diffusi su frequenze terrestri analogiche e digitali: secondo i calcoli dell’associazione, infatti Rti ”detiene il 29,7% del totale dei programmi televisivi, essendo titolare di almeno quattordici palinsesti tv, violando cosi’ le disposizioni di legge”.

 

Bibite, ”Al bar i prezzi raddoppiano”. Questo è uno degli ultimi allarmi delle associazioni dei consumatori che hanno monitorato il prezzo di queste bibite rilevando che al bar costano il 50% in piu’ rispetto al supermercato. Acqua, succhi di frutta e integratori: al bar il prezzo lievita.. ”Per acquistare mezzo litro d’acqua al supermercato bastano da 15 a 40 centesimi – si legge nel comunicato – al bar si arriva a 1 o 2 euro. Un succo di frutta puo’ costare da 90 centesimi a 1,40 euro al supermercato ma il prezzo sale fino a 3,40 euro se si va al bar. Per un the’ si arriva fino a 2,30 euro e per una lattina di cola fino a 1,80 euro”.

 

La Corte di giustizia delle comunita’ europee ha ribadito il principio contenuto in una direttiva europea per cui le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano i consumatori. Sempre secondo la Corte, il ruolo del giudice nazionale nell’ambito della tutela dei consumatori non si limita alla semplice facolta’ di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale. Il Giudice, infatti, ha l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione. La sentenza riguarda il caso di una cittadina ungherese citata in giudizio da una societa’ di telefonia con la quale aveva stipulato un contratto contenente delle clausole abusive. In particolare, il foro indicato nel contratto come competente a dirimere la controversia ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in merito alla propria competenza territoriale dal momento che si trovava a 250 km di distanza dal domicilio della consumatrice, peraltro invalida. La Corte ha ritenuto, quindi, ammissibili le osservazioni del Tribunale dichiarando che esso non puo’ essere lontano dal domicilio del consumatore perchè in questo caso sarebbe troppo difficoltosa per quest’ultimo la comparizione in giudizio.

 

Maria Cipparrone