Posted on

Per respirare l’odore della strada.


 

Pensieri degli anni difficili – 52

 

Non so quanti di voi che stanno lì a leggermi e che appartengono alla mia generazione hanno presente il periodo delle biciclette da cross!

Le prime, arrivate qua da noi, risalgono agli anni ’70, o almeno così ricordo. Facevano impazzire i bambini, maschietti e femminucce indistintamente. Poche se ne vedevano in giro, fortunati coloro che le possedevano. Era tutto un altro modo di andare in bicicletta, il sellino lungo e molto più comodo permetteva una posizione diversa rispetto alla tradizionale. Ti proiettavi non in avanti ma quasi adagiato sulla schiena, dominavi la strada, cambiava la visuale e soprattutto meglio potevi, grazie ad un rapido scatto di reni e ad un po’ di forza nelle braccia, ritrovarti sulla sola ruota posteriore. Allora là stava alla tua abilità, distribuire il peso, senza sapere cosa fosse il baricentro ma posizionandolo nella giusta base di appoggio e rimanere quanto più possibile in equilibrio. Se a questo aggiungevi qualche pedalata il successo era garantito. Diventavi l’eroe della piazzetta e tutti ti guardavano con rispetto e ammirazione.

Come cambiano le cose al passare degli anni!

Una volta l’equilibrio lo si trovava rapidamente anche su una sola ruota in movimento, era necessario uno schienale alto per sorreggere la schiena e tutto un gioco di braccia e di tensione nei muscoli delle gambe. Oggi la stabilità la rincorri per gran parte del tuo tempo, spesso serve una poltrona ergonomica con spalliera alta e reclinabile…, in genere è richiesto un rilassamento e non una contrazione muscolare e quasi sempre non la raggiungi mai.

Da bambini si vive in un mondo a parte, ma non per questo fuori dalla realtà. Anzi. Ricordo quelle bande di mocciosi che eravamo per le strade del quartiere, a seminar zizzanie fra di noi, ma più spesso con chi non apparteneva al gruppo. Le giornate erano infinite, altrettante le avventure e le storie da raccontare e raccontarsi, magari al più piccolo, quello che scendeva giù per le scale guardato a vista dalla madre che, con un po’ di dispiacere, gli permetteva di raggiungere i più grandi. Rappresentava il primo vero distacco.

Fra di noi esistevano i piccoli segreti, qualche bugia ben nascosta che costituivano la base per una solida alleanza, forti e uniti non per combattere, ma più spesso per raggirare il mondo degli adulti.

Quando la bicicletta da cross perdeva l’uso dei freni diventava quasi d’epoca. Acquistava un valore superiore perché non era alla portata di tutti, ossia non tutti riuscivano a manovrarla in velocità senza finire gambe per aria. La tecnica consisteva nel pigiare la punta del piede sulla ruota, chiaramente anteriore, esattamente là dove era posizionato quel cuscinetto che fungeva da freno. E non era mica facile! Perché essendo libera la ruota posteriore si correva il rischio di bloccarsi di scatto e di ritrovarsi catapultati in avanti.

Fra i miei ricordi da bambina ho in mente ben chiara una giornata vissuta nell’ansia dell’attesa per quel che ancora oggi semina il panico fra i piccoli: l’iniezione! Beh, forse anche fra gli adulti. In verità nessuno mi aveva informato di quello che mi aspettava, ma il presentimento era fondato, per cui quando mi sono ritrovata in casa un uomo mai visto e che tanto ricordava un medico, con l’ago che brillava e pronto ad infilzare, non sono riuscita a controllarmi ho aperto la porta di casa e sono volata via. Qui entra in gioco la bicicletta da cross senza freni… E si perché qualcuno ha avuto l’infelice idea di inforcarla per raggiungermi, ignaro del piccolo difetto che presentava. Impostai perciò tutto il mio piano di fuga sulla mancanza dei freni, correndo come il vento per un lungo percorso, ma bloccandomi di scatto quando la bicicletta aveva raggiunto la massima velocità. Si può ben immaginare cosa successe a colui che vi si trovava sopra….

Andare in bici è un po’ come correre. Si respira l’odore della strada, preferibilmente del verde, è un modo per purificare il corpo dalle tossine che invadono la mente, quelle che ti obbligano a proiettare il tuo sguardo in una sola direzione, facendoti perdere il gusto del paesaggio a 360°. Adoro tutto quello che si può all’aria aperta, in contatto diretto con la natura e l’ambiente. Quando posso raggiungo velocemente una piccola area a me molto cara, un puntino di un insieme di alberi fra il cemento della città dove si respira il profumo degli aghi di pino e il sottofondo dei suoni delle auto è veramente molto lontano. Il momento più bello? Alla fine, quando mi fermo col fiatone seduta su uno spalto aprendo la mente nell’anima, senza analizzare né soppesare ogni pensiero. Tutto appare così molto più semplice.

 

Fernanda