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Tutelarsi dagli errori dei medici e dalla disorganizzazione degli ospedali è possibile. Vediamo come.


L’argomento è di estrema attualità e negli ultimi mesi non si è parlato d’altro. Anche la scorsa settimana, sui giornali sono apparse le notizie, sempre più allarmanti, della presenza di batteri nelle tubature di uno dei più noti ospedali pubblici della Capitale con conseguenze gravi per la salute dei pazienti. Ma accanto ai problemi di igiene e di fatiscenza di numerose strutture, i dati inquietanti riguardano l’incidenza sempre maggiore degli incidenti nelle sale operatorie per l’incompetenza e la negligenza degli operatori, dei casi di medici arrestati per corruzione, della mancanza di forniture e idonee strumentazioni per far fronte alle emergenze. Secondo indagini statistiche, gli errori in sanità causerebbero da 14.000 a 50.000 decessi all’anno. Ogni anno in Italia vengono intentate circa 12.000 cause contro i medici e/o contro le strutture sanitarie con la richiesta di risarcimento danni. Non sempre, però, è facile stabilire se c’è stato l’errore e riuscire a provare le responsabilità. Ciò che conta, in questi casi, è la raccolta della documentazione da cui è possibile risalire al percorso che ha portato ad un determinato evento dannoso (certificati, prescrizioni, cartelle cliniche, farmaci assunti, richieste di ricovero etc..).


Uno degli aspetti più importante per prevenire è l’informazione sia da parte del paziente che dei medici e delle strutture sanitarie. Pertanto, il paziente in occasione di una visita (meglio se ci si fa accompagnare da persona di fiducia) o di un ricovero dovrà fornire tutte le informazioni sul proprio stato di salute e sui farmaci assunti. L’eventuale dimenticanza circa l’allergia provocata da un farmaco può costare molto cara.. addirittura il coma..


Dai medici, invece, bisogna pretendere, anche per iscritto, spiegazioni chiare e dettagliate sulle terapie, eventuali interventi e prescrizione di farmaci. Prima di qualsiasi decisione, si può sentire il parere di un altro specialista, questa pratica definita “second opinion”, può aiutare ad avere un quadro più completo soprattutto se il caso è complesso, ricordandosi che è possibile cambiare idea in qualsiasi momento e revocare il consenso al trattamento. Il medico, da parte sua, deve informare il paziente, preferibilmente per iscritto, ed in modo chiaro, comprensibile ed approfondito su diagnosi (con cautela e tatto), terapie, interventi ed eventuali rischi e conseguenze e, riceverne il consenso. In caso di mancata informazione o informazione parziale, il medico è responsabile se il paziente subisce un danno, anche se la sua condotta è stata corretta. Nei lavori d’equipe, l’obbligo è su tutti gli operatori in base alle loro attività. Per quando riguarda il consenso, è prassi negli ospedali far sottoscrivere un modulo, ma è bene sapere che le dichiarazioni generiche, tipo “il sottoscritto autorizza l’intervento chirurgico sollevando i medici da ogni responsabilità”, non hanno alcun valore, dato che, per legge, è necessario esprimere il consenso su ogni procedura e solo dopo aver ricevuto un’informazione completa su rischi, vantaggi, conseguenze e possibili alternative. Resta il fatto incontrovertibile che nessun modulo, sia pur sottoscritto, può eliminare la responsabilità civile e/o penale del medico e della struttura ospedaliera in caso di danno al paziente. Chi sbaglia è responsabile, sulla base dell’assunto giuridico che chi cagiona ad altri un danno ingiusto è obbligato a risarcire il danno. E’ altrettanto importante, però sapere che le prestazioni mediche sono prestazioni di “mezzi” e non “di risultati”. Ciò vuol dire che il professionista s’impegna ad utilizzare tutte le conoscenze e le abilità tecniche in suo possesso per arrivare al risultato sperato. Ci sono però delle eccezioni per esempio in campo estetico, dove il paziente che non ottiene il risultato promesso ha diritto ad essere risarcito. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione che ha previsto anche il diritto alla restituzione della parcella pagata.

Ma quando effettivamente i medici rispondono del loro operato?

I sanitari sono responsabili se, nello svolgimento della professione, si comportano con imperizia, imprudenza, negligenza, trascurando di osservare norme e regolamenti e se, a seguito di questi comportamenti causano ai loro pazienti lesioni o addirittura la morte. In questo caso, sono responsabili sia in sede civile, in quanto devono risarcire economicamente il danno, sia in sede penale perché possono essere condannati per aver commesso un reato, sia in sede deontologica perché possono essere sottoposti a sanzioni disciplinari da parte dell’Ordine dei medici.


L’imperizia si concretizza nella scarsa conoscenza di una procedura o trattamento o l’insufficiente competenza clinica.

L’imprudenza, invece, riguarda il non rispetto di un procedimento diagnostico o terapeutico o l’uso di un trattamento la cui efficacia non è documentata, al posto di uno dall’efficacia certa.

La negligenza può essere l’omissione di un intervento necessario, l’errore dovuto a scarsa attenzione, il dare spiegazioni insufficienti, la prescrizione illeggibile di una ricetta (..spesso e volentieri…). La Corte di Cassazione ha stabilito che, se in situazioni di particolare difficoltà la mancanza di conoscenze o capacità specifiche è scusabile, non è mai scusabile il comportamento negligente o imprudente.

Se invece i danni al paziente sono più legati alla struttura che al medico, secondo la giurisprudenza la responsabilità ricade sia sui responsabili amministrativi della struttura che sul medico, perché chi opera in una struttura ospedaliera ha il dovere di controllare e vigilare su eventuali carenze strutturali tecniche e scientifiche, pertanto si può agire nei confronti di entrambi o di una sola parte, sapendo che, comunque l’altra è obbligata in solido.


Prima di intentare causa a chi si ritiene responsabile, è bene, però, considerare la possibilità di chiedere il risarcimento in denaro alla compagnia di assicurazione dell’ospedale e del medico. Per fare ciò è necessario munirsi di una perizia per la valutazione del danno da farsi redigere da un medico legale. Le spese per la perizia sono inizialmente a carico di chi agisce. In questa fase, detta stragiudiziale, non è obbligatorio farsi assistere da un legale, ma farlo è meglio perché da soli non sempre è possibile tutelarsi o fare i passi giusti. Nell’ipotesi in cui non si dovesse arrivare ad una definizione della vertenza, è necessario procedere contro la struttura ospedaliera e/o il medico, non tralasciando alcuna prova a supporto delle proprie richieste.

L’onere di provare la propria estraneità al danno causato spetta al medico e/o all’ospedale. Secondo l’orientamento più recente della giurisprudenza, il paziente-consumatore che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento del danno deve solo provare l’esistenza del rapporto con il medico o con la struttura ospedaliera, l’aggravarsi della patologia o l’insorgenza di nuove, l’aver contestato al medico il mancato adempimento della prestazione. Spetterà, poi, al medico provare di aver agito correttamente.

Maria Cipparrone