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La recente modifica alle norme del codice civile sulla separazione dei coniugi introdotta con la legge n.54/2006 non consente al giudice di decidere sull’assegnazione della casa coniugale, se non ci sono figli.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6979 del 22 marzo 2007, affermando che già in base alla precedente normativa si era più volte ribadita l’interpretazione secondo cui, in materia di separazione e di divorzio, l’assegnazione della casa familiare, nonostante i riflessi economici, essendo finalizzata alla esclusiva tutela dei figli e dell’interesse di questi a rimanere nello stesso ambiente domestico, non potesse essere disposta per soddisfare le esigenze economiche del coniuge meno abbiente, e che tale orientamento è stato recepito dalla riforma legislativa del 2006.

In particolare -sottolinea la Corte- l’adozione del provvedimento di assegnazione della casa coniugale è subordinato alla presenza di figli, minorenni o maggiorenni non autosufficienti conviventi con i coniugi, ed è irrilevante il titolo che giustifica la disponibilità della casa familiare (diritto di godimento o diritto reale), spettante ad uno dei coniugi o ad entrambi. Conseguentemente, in mancanza di figli, sia che la casa familiare sia in comproprietà fra i coniugi, sia che appartenga in via esclusiva ad un solo coniuge, il giudice non potrà decidere, con la sentenza di separazione, sull’assegnazione della casa coniugale, non essendo prevista tale assegnazione in sostituzione o come componente dell’assegno di mantenimento.

Inoltre, se la casa familiare è in comproprietà, in difetto di una disciplina speciale, si applicano le norme sulla comunione, sicchè i comproprietari, ove non riescano a trovare un accordo sull’assegnazione della casa, possono chiedere giudizialmente la divisione dell’immobile e lo scioglimento della comunione.

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