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e la sua storia…quella di un’amica discreta…un po’ anziana.

E’ la radio, la compagna invisibile di tanti tragitti e di tanti momenti, protagonista inconsapevole di ore trascorse a macinare chilometri. Come dice Eugenio Finardi “non è invasiva”, quasi un mezzo residuale, ormai, rispetto alla tv e ad internet, a cui ricorrere quando si possono utilizzare solo le orecchie, perché tutti gli altri sensi sono occupati nel guidare o nel fare altre cose. Si sa, è la tv la regina dei media (da pronunciarsi come si legge, perché “media” è latino e non inglese), diva incontrastata della comunicazione, ma esiste una regina madre dell’informazione che è la radio, nata a fine ottocento, per caso ( ma non troppo) e per passione da un italiano….


Se andiamo infatti indietro nel tempo scopriamo che, nel 1874, era piena zeppa di invenzioni e scoperte, nasceva a Bologna, un tale Guglielmo Marconi, di rara intelligenza ed acume, immediatamente votato alle discipline scientifiche, in particolar modo alla fisica sperimentale ed alla fisica matematica. Dallo studio degli articoli di Heinrich Rudolph Hertz, scomparso nel 1894, in Marconi si fa strada l’idea di poter trasmettere e ricevere le onde “hertziane” a grande distanza. In questa direzione, sono i suoi esperimenti volti a creare nuovi apparecchi ed a modificare quelli esistenti. “Il mio intento, nella produzione delle oscillazioni elettriche, è quello di seguire una via opposta a quella degli scienziati che si sono sforzati di renderne il carattere il quanto possibile uguale a quello delle onde luminose…” A fine agosto del 1895, da Villa Griffone (Pontecchio Marconi), Marconi trasmette, ad una distanza di oltre 2400 metri, i segnali morse della lettera “S”…, era iniziata l’era della radio, che avrebbe rivoluzionato i rapporti sociali ed aperto la strada al futuro sistema delle comunicazioni.


 

Ma cosa è accaduto in Italia e in altri paesi dopo l’invenzione di Marconi?

Innanzitutto ci vollero ancora degli anni per mettere a punto la scoperta e per arrivare allo strumento che tutti conosciamo. Nei primi tempi della radiofonia, dati gli investimenti notevoli per realizzare una radio (rimasti tali fino ad anni fa), era possibile solo alle grandi organizzazioni, cioè agli Stati realizzarle. In America, (erano gli anni ’40), però organizzare una radio era anche alla portata di imprenditori di medie capacità finanziarie, favoriti dalla costituzione americana che garantiva una maggiore libertà di azione e dall’estensione del territorio. Da qui il proliferare di radio indipendenti dalle reti nazionali. In Europa in generale, ed in particolare in Italia le cose stavano diversamente. Da noi la radio aveva iniziato a trasmettere il 6 ottobre del 1924, ma, regolarmente, solo ai tempi del fascismo, divenendone il mezzo principale di propaganda attraverso le radiodiffusioni pubbliche nelle piazze; dopo la guerra, invece si affermò come principale strumento di intrattenimento insieme al cinema e ciò almeno fino alla definitiva diffusione della televisione negli primi anni ’60. Erano tempi, comunque, molto intensi per la comunicazione, la stessa tv, diversamente da ciò che si sa, sperimentalmente in Italia aveva iniziato ad affacciarsi sulla scena fin dai tempi del duce che – come ci narra lo scrittore Diego Verdegiglio nel suo ultimo libro dal titolo “La Tv e Mussolini” – a Villa Torlonia aveva il suo apparecchio televisivo che vedeva di sera insieme ai figli.

Era la società che cambiava ed i primi rudimentali “media” ne erano il segnale più evidente. Ciò che cambiava era il modo di stare insieme tra la gente, tra le persone della stessa famiglia, il desiderio di ampliarsi, di ampliare i rapporti, di allargarli con conoscenze nuove era prepotente…certo, passare dal rassicurante braciere della nonna che riuniva tutti la sera per raccontare, per raccontarsi, alla voce di uno sconosciuto, senza volto e, forse, senza un nome da imprimere a memoria, che usciva da uno strumento con manopole, il passo non fu né breve né semplice…ma fu!

L’appuntamento ormai era quotidiano, chi poteva perdersi insieme ai propri familiari ed amici una puntata dei vari “radiodrammi” (le telenovele della radio) o la voce scherzosa di un conduttore impegnato ad intrattenere i suoi ospiti radiofonici in qualche radioshow? Nessuno. Ormai il passo era fatto.

La radio da noi agli esordi era diffusa da un solo gestore nazionale, ovviamente la RAI, erede della vecchia EIAR dei tempi del fascismo e trasmetteva solo tre programmi nazionali, i primi due di intrattenimento generale e di informazione, il terzo dedicato alla musica classica ed a programmi culturali e di approfondimento. Si potevano, poi, ascoltare molte radio straniere e poiché le radio dell’epoca avevano una scala di sintonia dove erano indicate le località di origine delle trasmissioni, si sapeva da dove la radio trasmetteva, anche perché, come Radio Vaticana, molte delle straniere trasmettevano in italiano. Con il passare degli anni, la centralità della radio venne meno, negli anni ’60, infatti la tv si stava velocemente diffondendo ed erano diminuite le famiglie che si riunivano per ascoltarla, essa, però, rimaneva il mezzo di svago più importante, probabilmente perché, al contrario della televisione, trasmetteva nella gran parte delle 24 ore. Controllata dall’unico gestore, ogni suo contenuto, dalla musica all’informazione ed all’approfondimento, era attentamente filtrato con un atteggiamento tra il conservatore ed il moralista, tipico di quei tempi.

In Europa, la situazione era quasi la stessa, tra le tante spiccava per qualità e professionalità la famosa BBC inglese, mentre i tempi erano diversi da paese a paese per il passaggio del testimone tra la radiofonia e la televisione. A differenza degli U.S.A., in Europa per trasmettere via radio senza essere il gestore statale, bisognava violare la legge. I tempi, però, erano maturi, sotto il derma di molti paesi, tra cui l’Italia, erano nascosti i focolai della rivolta, la miccia della modernità. Erano gli anni della minigonna, dei Beatles, dei Rolling Stones e c’era tanta voglia da parte delle nuove generazioni di esplodere, di uscire dall’ipocrisia che aveva accompagnato la vita dei loro genitori, di stupire con i loro gusti così diversi, insomma c’era desiderio di novità, di un circuito diverso ed alternativo a quello degli adulti. Ed anche se, la radiotrasmissione era rigidamente controllata e le frequenze erano date in concessione, ciò non impedì nel 1964 ad alcuni imprenditori inglesi di violare l’embargo e di trasmettere con navi ancorate fuori dalle acque territoriali. Era la mitica Radio Caroline, una radio pirata che aggirava ingegnosamente la legge, come Radio Luxembourg ed altre che ben presto si aggiunsero. Il linguaggio utilizzato era l’inglese, ma era quello musicale che spopolava perché universale.

 

In Italia non era una novità ascoltare radio straniere, durante la guerra a tenere con il fiato sospeso gli italiani erano le notizie di Radio Londra sulle vicende belliche dei vari paesi, ad essa ora si aggiungeva l’ascolto delle altre. Nel frattempo da noi non c’era da stare molto allegri dal punto di vista della libertà di trasmissione, esisteva infatti una commissione d’ascolto, praticamente di censura, che stabiliva ciò che poteva essere trasmesso e ciò che non poteva esserlo, molte le canzoni censurate, da De Andrè a Domenico Modugno, con poche trasmissioni collegate all’industria discografica e soprattutto con il limite insuperabile di un solo pezzo straniero al giorno. Ma le cose erano destinate a cambiare da lì a poco anche in Italia, le nuove spinte culturali erano tali da determinare ormai trasmissioni storiche come “Bandiera Gialla” e “Per voi giovani”, uscite dalla poliedrica e geniale mente di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni, segno del profondo rinnovamento in atto.

“Per voi giovani” era una trasmissione contenitore, giusto a riprova che oggi non si è inventato nulla, in cui si parlava di musica, di viaggi, si faceva informazione e si dava la priorità a tematiche giovanili, con corsi d’inglese all’interno, e con ogni altro argomento che poteva apportare nelle menti dei giovani radioascoltatori da parte dei loro autori un frizzo di allegria misto a cultura che non poteva e non può mancare nella terra dei poeti dei santi e dei navigatori…

La trasmissione, comprensibilmente, ebbe un successo strepitoso, sia per l’arguzia e la simpatia di Renzo Arbore che per lungo tempo la condusse in proprio, sia per i conduttori che si avvicendarono al suo autore, diventati poi noti giornalisti. Buona parte della nuova musica, almeno quella scelta e considerata giusta da Arbore per i giovani, passava nella trasmissione, fu così che i ragazzi italiani cominciarono ad apprezzare ed a “crescere” con le canzoni dei più noti cantautori italiani, passati, anche se alcuni ancora viventi, alla storia della musica, come Battisti, Venditti, De Gregori, Dalla, Rino Gaetano, Guccini, oltre a De Andrè, non più censurato.

Comunque sia, bisognava aspettare ancora qualche anno perché anche in Italia esplodessero, nel senso proprio del termine, le radio libere, di tutti e per tutti…era necessario, infatti, una tecnologia alla portata di molti ed una spinta totale, completa senza remore che travolgesse i controlli e la legalità. Due cose difficili ma che si realizzarono contribuendo a cambiare il volto degli anni ’70.

Sul lato tecnico ciò fu possibile grazie alla CB o banda cittadina, ricetrasmettitori radio di bassa potenza e anche qualità, che integrarono il popolo dei radioamatori esistenti da sempre, i quali potevano trasmettere in modo privato ed erano strettamente regolamentati e censiti dalla polizia postale. In pratica il CB era vietato, ma i produttori degli apparati spingevano per la vendita anche sull’esempio degli stranieri, inoltre erano mutate le esigenze degli utenti, soprattutto di chi affrontava per lavoro lunghi viaggi e voleva compagnia al volante, insomma per tutto ciò i CB proliferarono occupando le frequenze mentre le autorità facevano finta di non sapere.

Da qui, il passo successivo fu agevole:dalla comunicazione uno a uno non fu difficile passare da uno a molti, cioè al broadcast, gli apparati restarono più o meno quelli con antenne più grandi e con investimenti un po’ superiori. Per aprire una radio libera bastavano un amplificatore, una frequenza libera, un’antenna, un mixer, un microfono, delle cuffie e tanti appassionati disposti a coprire le 24 ore o buona parte di esse, perché la radio libera rispetto a quella ufficiale doveva essere sempre disponibile a far compagnia.

Insomma, i costumi stavano cambiando considerevolmente e con una velocità inaudita, la libertà sociale e la deregulation degli anni ’70 garantivano l’assenza dei controlli che, insieme, all’entusiasmo per il nuovo mezzo di comunicazione favorirono il diffondersi a macchia d’olio delle radio libere, facilitate dalla moltitudine di coloro che senza sforzo potevano diventare giornalisti o DJ. In pochissimo tempo, tutte le frequenze disponibili erano occupate e per coprire il palinsesto delle radio rivoluzionarie, soccorreva la musica; fiorirono, quindi, le rubriche di musica classica, jazz, lirica con anche tanto rock, musica leggera e così via. Ma il successo delle RL non fu decretato solo dalla voglia di spaziare e comunicare con libertà, senza limiti di nessun genere, il segreto della sua popolarità fu dettato dalla sua sinergia con il telefono, attraverso il quale instaurare un contatto diretto e immediato con gli ascoltatori, ancora più possibile perché si realizzava a livello locale, dove le rubriche radiofoniche si basavano spesso sui dialoghi tra parenti e amici che si scambiavano i ruoli di conduttori e ascoltatori. La radio ufficiale non poteva permettersi tali cose o poteva farlo solo in parte, doveva mantenere infatti un contegno ed un ruolo diverso. A quei tempi risalgono, quindi, le famose (ed in alcuni casi attive tutt’ora) Radio Blu, Radio Città Futura (a Roma), Radio Popolare (a Milano) e Radio Alice (a Bologna). A dimostrazione della loro importanza sociale, furono molti, tra gli artisti del tempo e di ora, che intesero celebrare e sottolineare il fenomeno delle RL, basti ricordare Eugenio Finardi con la sua canzone “La radio” che la enfatizzava come strumento di informazione libera e Luciano Ligabue con il suo film “Radio Freccia”.

Con il trascorre del tempo, le RL mutarono il loro destino.

Oggi, la loro condizione non è quella del tempo in cui nacquero, non esistono quasi più quelle basate esclusivamente sul volontariato, molte di loro sono diventate imprese commerciali legati agli inserzionisti pubblicitari come le tv, ma continuano ad avere il loro fascino, a riscuotere consensi e successi, a tener compagnia a milioni di viaggiatori con la loro voglia di stupire, di incantare, di comunicare.

Nel nostro paese, la radio è il secondo mezzo di comunicazione in termini di pubblico, subito dopo la televisione, secondo i dati più recenti l’ascoltano in media, tutti i giorni, oltre 36 milioni di persone. Le emittenti attive, comprese le private, nazionali e locali e quelle libere, sono circa 1.300 ed assorbono quasi 15.000 persone.

Tante sono le RL, disseminate in tutta Italia, realtà piccole o grandi, ma tutte più o meno hanno trent’anni.. Tra le libere, ce ne sono per tutti i gusti e per tutte le latitudini, ad iniziare da quelle del Nord, Radio Popolare, una delle prime, poi Radio Nord Est, Radio Alice, grande radio di movimento, legata ad ideologie politiche nette, come anche Radio Sherwood, Radio Città Futura per il Lazio e per il centro, Radio Napoli, Radio Tele Norba e Radio Brutia per il Sud, Radio Catania per la Sicilia, Radio Cagliari per la Sardegna. Allo scenario si aggiungono quelle “comunitarie”, espressioni di associazioni di volontariato o di movimenti confessionali, come radio Maria e Radio Gap, legata al movimento no global. Queste forse tra le più conosciute ma che non esauriscono il panorama delle RL così numerose e così presenti sul territorio nazionale.

Ed è proprio quest’anno, per il Sud dell’Italia, che una in particolare ha compiuto gli anni a fine maggio, ne ha fatti 30, si chiama Radio Libera Bisignano e ha sede a Rende, in provincia di Cosenza. Essa rappresenta forse l’emblema delle RL, nate dall’entusiasmo e dalla passione di alcuni amici, in modo rudimentale, con un trasmettitore autocostruito e con tanta voglia di comunicare. La storia di Radio Libera Bisignano è una grande storia collettiva che riguarda i suoi fondatori e coloro che poi successivamente hanno creduto in questo progetto, compresi gli ascoltatori, in questo caso i calabresi. Rlb si caratterizza per la musica e l’intrattenimento coinvolgente ma anche per le numerose edizioni quotidiane del radiogiornale. Ciò che la contraddistingue ed allo stesso tempo la accomuna alle altre RL, è la passione dei suoi conduttori e del suo team al completo, tanto da farla laureare campione di ascolti, non solo negli anni passati, ma anche in quelli successivi per tutta la Calabria, come dimostrano i dati Audioradio 2006.

Ma i protagonisti della storia di Rlb, come delle storie di tutte le Radio, da quando in Italia la prima ha fatto capolino più di ottant’anni fa, sono gli ascoltatori, ormai milioni, che ogni giorno si sintonizzano sulle varie frequenze e che con il loro interesse continuano a stimolare la voglia di comunicare degli umani.

Maria Cipparrone