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Signore e signori ecco l’ennesimo scandalo che ha riportato alla ribalta della cronaca nazionale la terra calabra: ancora infiltrazioni mafiose, questa volta all’interno dell’Azienda Sanitaria di Locri, in provincia di Reggio Calabria, già tristemente famosa per fatti di questo genere e riconducibili alla stabile e ingombrante presenza della malavita organizzata; la “ndrangheta, perché sempre di questa maledetta piaga si tratta, è la maggiore responsabile della chiara agonia di una realtà che sta soffocando lentamente la classe imprenditoriale onesta che inutilmente cerca di investire sul territorio! E pensare che proprio da questo centro calabrese era partita una straordinaria iniziativa che ha visto un lodevole coinvolgimento popolare a tutti i livelli: proprio da Locri, infatti, si è tentato di gridare a voce alta e in piazza un secco “no” alla mafia e ai suoi squallidi derivati in modo tale da rompere il muro del silenzio che da queste parti, credetemi, avvolge tutto e tutti… per la prima volta nella storia di questa terra, il primo maggio scorso, in occasione della festa del lavoro, è stato organizzato un megaconcerto che avrebbe dovuto rappresentare l’inizio di una svolta verso l’affrancamento dal malaffare! Oggi, forse, abbiamo finalmente preso coscienza del fatto che la strada da percorrere è molto più ripida di quanto non si pensasse e che gli ostacoli da superare sono veramente difficili oltre che pericolosi… PER CONTINUARE LA LETTURA, CLICCARE SUL TITOLO.



…a questa presa di coscienza ha contribuito un fatto gravissimo, legato proprio allo scandalo dell’Aziensa Sanitaria locrese, ovvero il blitz effettuato dalle forze di polizia, su mandato della Procura di Reggio Calabria, nella redazione di una giovane e battagliera testata giornalistica – CALABRIA ORA – con sede a Cosenza la cui unica colpa è stata quella di essersi interessata alla vergognosa vicenda pubblicando i particolari, quelli che contano. Il blitz è sfociato nel sequestro ingiustificato di materiale inerente la relazione redatta dal prefetto Paola Basilone su cui sarebbe fondata la richiesta della stessa di scioglimento dell’Azienda Sanitaria n°9 per condizionamenti mafiosi (corredata dai nomi di professionisti, cooperative, manager, alcuni dei quali sarebbero già ex…eccetera). La procura di Reggio ha inteso, poi, iscrivere il direttore della testata cosentina sul registro degli indagati quasi come se fosse lui il delinquente di turno… riflettendo un momento sull’intera vicenda emergono dal buio due dati fondamentali: da una parte abbiamo il potere mafioso con i suoi tentacoli, dall’altra una procura che invita, si fa per dire, al silenzio con preoccupanti bavagli! Insomma, ancora una volta ci troviamo a dover fare i conti con la triste realtà di una terra che ormai terra non è più se non una semplice landa desolata e abbandonata a se stessa! Spero solo che questa grottesca situazione rimbalzi fino ai cosiddetti piani alti del potere giudiziario e che qualcosa finalmente cambi…perché così le cose proprio non vanno.