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…l’etica e la morale.


 

 

Approfondimenti e clinica – 34


L’Organizzazione Culturale Scientifica ed educativa delle Nazioni Unite (UNESCO) nello scorso ottobre 2005 ha approvato, con la sottoscrizione di 197 Stati, la “Dichiarazione Universale sulla bioetica e i diritti umani”, elaborata dal Comitato Internazionale di bioetica (CIB) con l’apporto e la condivisione di numerose realtà scientifiche e dei rappresentanti delle maggiori confessioni religiose mondiali. Il documento, composto da 28 articoli, evidenzia sostanzialmente la necessità del rispetto della dignità umana, dei diritti e delle libertà fondamentali e svolge il ruolo di guida per la formulazione di leggi che regolamentino i comportamenti affinché “gli interessi ed il benessere dell’individuo, abbiano la priorità sull’interesse esclusivo della scienza e della Società”.


Cosa possiamo intendere col termine comportamento?

Il complesso delle reazioni di un individuo, che dà luogo ad una specifica condotta di fronte a determinati impulsi endogeni (pulsioni) o esogeni (stimoli e pulstimoli)

Partendo dal concetto di inconscio collettivo, di cui si è parlato in un precedente articolo, è necessario considerare la concreta possibilità che esista il rischio dell’instaurarsi di una sorta di identificazione stabile, nei confronti di figure genealogicamente rilevanti. Come si concilia questa realtà, con la necessità di rendersi autonomi, nelle idee e nei comportamenti? 

Ognuno di noi avverte, nel proprio intimo, il bisogno di distinguersi dagli altri, per lasciare una traccia di sé. Questo accade ovunque, a cominciare dalle altre specie animali che demarcano, tra l’altro, in vari modi i confini del proprio territorio e culmina nell’essere umano, mediante la ricerca di originalità esteriori che evidenzino caratteristiche proprie a ciascuno, anche se con elementi di similitudine rispetto al gruppo di appartenenza. Il problema fondamentale nasce dal fatto che, molti, “costruiscono” se stessi utilizzando parametri di riferimento non verificati, in termini di validità oggettiva nel tempo e caratterizzati da “vuoti di conoscenze” che stanno, purtroppo, alla base della propria struttura psicologica. Si finisce col seguire i concetti forniti dalla Società senza la necessaria chiarezza. La via corretta da seguire, consiste nel riuscire ad applicare i dettami necessari ad evolvere la propria personalità, in termini di autonomia corretta e matura, secondo i dettami di quattro elementi fondamentali: l’autodisciplina (metodo e regole di insegnamento adeguati), l’autocontrollo (riscontro, verifica e utilizzo mirato delle proprie capacità), l’autocomando (affidamento a se stessi della responsabilità della propria vita) e l’autogestione (amministrazione di sé, al meglio possibile).

Qual è la differenza tra comportamento e temperamento?

Alcuni intendono identificare col termine temperamento, caratteristiche particolarmente evidenti, sul piano della caparbietà e della risolutezza. Ebbene, questo può ascriversi, più correttamente, a ciò che riguarda il comportamento. Il temperamento, infatti, evidenzia quella modalità più o meno indiretta di comunicazione, di tipo non verbale (abbigliamento, prossemica, ambiente e scelte di vita, etc.). il comportamento, invece, connota la condotta globale di un individuo (determinata dall’insieme del Carattere e del Temperamento, che agiscono più o meno in sintonia), nel bene e nel male.

Quando, un comportamento può definirsi “valido” e quando, invece, va in direzione “opposta”?

Il modo di agire di un essere umano, come abbiamo già visto, risente delle influenze ambientali che agiscono come elementi condizionanti più o meno corretti, in funzione del rispetto delle leggi di Natura e del buon senso, in accordo con l’etica (insieme di regole che ha per oggetto la determinazione dei comportamenti umani, adeguati relativamente ad un determinato contesto) e la morale (intesa come linea guida influenzata da aspetti religiosi e culturali, relativamente al tempo storico di riferimento, di pensiero e di azione, che conduce a discernere il bene dal male, in ogni circostanza). A questo proposito, vanno distinti i concetti di immoralità (comportamento contrario ai principi della morale di cui si conoscono, comunque, i dettami) e quello di amoralità (che genera comportamenti che non hanno alcun rapporto con la morale e, quindi, non sono né conformi né contrari ad essa). Ad esempio, una mantide religiosa che mangia il proprio compagno, durante l’accoppiamento, compie un gesto amorale, dettato dalla necessità di assumere proteine necessarie alla sviluppo alla maturazione della uova fecondate. Viceversa, un omicidio commesso da chi è nel pieno possesso delle proprie capacità mentali (a meno di una giustificazione riguardante la salvaguardia della propria sopravvivenza) è da considerare, in quest’epoca storica, altamente immorale.

Sulla base di questo ragionamento, esistono atteggiamenti positivi e costruttivi che si possono inquadrare nel rapporto con se stessi e con gli altri e che si riassumono nei seguenti elementi:

  • Rispetto di sé (attenzione verso la propria persona, mediante la ricerca di ciò che è utile e corretto);
  • Dignità
    (il rispetto che portiamo nei nostri confronti, per ciò che sappiamo di valere);
  • Fiducia nelle proprie capacità (autostima e autoaffermazione, su basi di realtà);
  • Adeguata capacità di riflessione (in grado di generare sicurezza interiore)
  • Gentilezza (nobiltà d’azione; deriva dal fatto che, ai tempi degli antichi romani, i “gentili” erano i nobili);
  • Garbo (aggraziata maniera, di fare e di trattare);
  • Affabilità (piacevole e cortese modo di comportarsi, nei confronti di chi si trova in condizione di inferiorità);
  • Cordialità (modo di operare con sincerità e affettività);
  • Calma (condizione che favorisce una distensione dell’animo, nel momento in cui tacciono le passioni, le inquietudini e ogni altro turbamento; pacatezza);
  • Moderazione (il sapersi mantenere entro giusti limiti, contenendo in giusta misura i moti dell’animo, anche i più nobili);
  • Riservatezza (capacità di saper essere discreto e protettivo dell’intimità propria e altrui);
  • Socievolezza (disposizione ai rapporti e alle relazioni sociali, accettate con gradimento e senza condizionamenti negativi);
  • Autorevolezza (capacità di rappresentare un valido modello di riferimento);
  • Autoconciliazione
    Autoconciliazione (capacità di pacificare eventuali conflitti interiori relativi a sensi di colpa);
  • Etc.

Fanno da contraltare, posizioni diametralmente opposte che denotano, comunque, un generale stato di insicurezza, mascherata da aggressività manifesta o repressa:

  • Timidezza
    Timidezza (sensazione di disagio e imbarazzo, che genera insicurezza, quando si è in presenza di persone di cui si teme il giudizio)
  • Suscettibilità
    (al confine con la correttezza; connota, comunque un’esagerata modalità di reazione, di fronte a sollecitazioni di vario genere);
  • Permalosità (propensione all’offesa ritenendo, a torto o a ragione, di essere sottoposti a giudizi negativi);
  • Boria (ostentazione delle proprie capacità);
  • Tracotanza (condizione di aggressività da parte di chi è convinto di essere superiore a colui che costruisce, comunque, una fonte di pericolo presunto)
  • Superbia (esagerata considerazione di sé e dei propri meriti, accompagnata da ambizione eccessiva e da scarsa stima per gli altri);
  • Orgoglio (sentimento procedente da eccessiva stima di sé e poca o nessuna degli altri;
  • Diffidenza (mancanza di fiducia sulla base di pregiudizi);
  • Vittimismo (tendenza a considerarsi vittima di eventi avversi, che rendono impossibile qualsiasi realizzazione);
  • Velleitarismo (condizione di chi giustifica fallimenti personali o mancanza di dinamismo, adducendoli a cause non dipendenti dalla propria volontà);
  • Arroganza (situazione di chi si arroga il diritto di pretendere più meriti e diritti di quanti gliene spettino);
  • Ostentazione (esibizione, non richiesta, di beni materiali);
  • Insolenza (comportamento aggressivo e maleducato, fuori misura rispetto al contesto di riferimento);
  • Saccenza (pretesa di sostenere tesi indifendibili, presumendo, in maniera errata, di esserne in grado);
  • Ironia
    Ironia (Dissimulazione più o meno derisoria del proprio pensiero con parole non corrispondenti a esso);
  • Sarcasmo (comunicazione caustica, carica di scherno amaro e pungente);
  • Autoritarismo (imposizione della propria volontà, senza spiegazioni adeguate)
  • Prepotenza (prevaricazione altrui, come atto di forza, priva di senso);
  • Presunzione
    Presunzione (pur distinguendosi in positiva e negativa, spesso porta a non considerare nella giusta misura, l’opinione degli altri);
  • Etc.

Si può manipolare il comportamento altrui?

 

Attraverso condizionamenti più o meno consapevoli, si finisce col modificare ciò che gli altri pensano, inducendoli ad agire in maniera difforme a quanto avrebbero deciso, se fossero stati in grado di valutare con maggiore “libertà di pensiero”. Esempi classici, in tal senso, sono costituiti dai messaggi relativi a pubblicità di vario genere e al modo di comportarsi delle persone “ambiziose” le quali, cercano di blandire la volontà altrui, mediante promesse difficili da mantenere (dal latino Ambire, riferito ai politici che miravano, in tal modo, a garantirsi il potere).

 

E’ possibile liberarsi degli aspetti negativi che ci provengono dall’ambiente familiare, anche quando questo è risultato molto condizionante?

La cosa è possibile, a condizione di riuscire a rendersi conto dei limiti dei messaggi dell’ambiente di riferimento, sganciarsi emotivamente da essi e valutare sistemi migliori e maggiormente produttivi in termini di maturità. Un simile processo è oggettivamente difficile (anche se non impossibile), senza prendere in considerazione l’eventualità di un valido percorso di analisi personale.

Se il comportamento è determinato dagli elaborati di pensiero, che variano, è possibile stabilire la tipologia del comportamento di un essere umano?

La risposta è affermativa, in maniera direttamente proporzionale al grado di conoscenza della mappa della sua personalità, che ci consente di ricavare il bagaglio educativo di base e tutte le sfaccettature conseguenti, in grado di stabilire il grado di stimabilità dell’individuo in questione.


“E’ questione di stima, soprattutto rispetto, te ne sei andata mentre io dormivo a letto. Quasi come una ladra, ma nemmeno un messaggio una piccola frase… che ne so… “fatti coraggio”! Sei sparita nel vento, mi hai lasciato il profumo che si è insinuato dappertutto e non lo toglie più nessuno. Qui si tratta di fede, ma una fede speciale: cosa ne è stato di un rapporto sempre vispo e mai banale? Eri tutto il mio orgoglio, mi eccitavi da matti, avrei voluto farlo sempre e non soltanto nelle notti… notti di sentimento… ti sentivi sfinita! La tua mancanza di rispetto ha rovinato la mia vita. E ripenso al passato: tu dicevi di amarmi, io ti credevo dal tuo modo di guardare e di parlare. Ed invece mentivi e trattavi il mio cuore come un giocattolo curioso che non riesce a divertire… Maledetto il tuo amore furbo, maledetti i tuoi occhi neri enormi. Eri un piccolo fiore… ti curavo con stima… te ne sei andata via piantandomi un coltello nella schiena. È rimasto il profumo e i ricordi più dolci: mentre per me saranno eterni tu li hai presi tutti a calci. E così sarò solo a pensare nel letto, a quel che facevamo insieme e alla mancanza di rispetto. Il male che mi hai fatto lo sa solo Dio, vigliacca, ipocrita ma immenso amore mio” (Questione di stima – Gianfranco Valder).

“La serenità è ascoltare tra piante e cespugli la voce del vento e sentirsi parte dell’Universo” (Anonimo).

 

G. M. – Medico Psicoterapeuta