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Stress e invecchiamento.


Neuroscienze – 7

L’invecchiamento dei tre sistemi

Nella prima parte della vita, in genere, l’essere umano rappresenta un organismo antientropico, cioè ripara molto bene l’usura e continua il suo processo di accrescimento. In seguito, cominciano a prevalere le manifestazioni entropiche di disorganizzazione… ciò che gli esperti chiamano “disconnessione” dei tre grandi sistemi (neurologico, endocrino e immunitario). Paradossalmente, una delle situazioni fisiopatologiche più evidenti, in cui è osservabile il ruolo dell’integrazione fra questi sistemi, è costituita dall’invecchiamento. Mai come in questa fase delicata dell’esistenza, caratterizzata da un quadro progressivo tendente a ridurre l’attività funzionale di vari apparati, il mantenimento di un equilibrio compensato dei tre sistemi omeostatici rappresenta la base per conservare un buono stato di salute.

“La vecchiaia è l’unico sistema che ho trovato per vivere più a lungo” (A. Einstein).

Un invecchiamento che potremmo definire fisiologico (prolungato nel tempo) sembra infatti strettamente legato al buon funzionamento del dialogo fra i tre sistemi. Essendo, però, con il passare degli anni, sempre più ridotte le capacità di adattamento di ciascuno dei tre sistemi, bastano a volte dei piccoli squilibri per innescare una rischiosa manifestazione di eventi negativi che fanno precipitare l’individuo verso un veloce invecchiamento patologico e invalidante. Ad esempio, condizioni di stress, che in un organismo giovane riescono a essere più o meno compensate, possono, in una persona anziana, diventare la causa principale di una patologia terminale. Il pensionamento, la morte di una persona cara o anche eventi molto meno gravi, possono rappresentare la classica “goccia che fa traboccare il vaso” degli equilibri realizzando, nel giro di poco tempo, una malattia grave e, a volte, mortale.

Già Galeno di Pergamo vissuto nel 129 d. C. Medico e filosofo greco, ai tempi dell’imperatore romano Marco Aurelio, cercò di avvicinare alla pratica medica un vero e proprio sistema filosofico sul concetto di salute e malattia. La base della sua visione medica consisteva nel definire la salute come un equilibrio dinamico mantenuto o ricostituito mediante un sistema integrato comprendente una buona dieta, degli accorgimenti di vita e l’usi di medicinali di estrazione naturale, il cui uso era volto a recuperare l’equilibrio perduto. Galeno, insomma, fu uno dei primi a notare e codificare in maniera scientifica, che le alterazioni dello stato psicofisico possono condizionare in maniera rilevante le risposte biologiche dell’organismo.

Life Span e psicotronica

Dal 1961, con gli esperimenti di Leonard Hayflick si sa che le cellule umane hanno una durata massima di vita programmata ed una capacità di duplicazione ben definito, definito Life Span, cui si sottraggono alcune cellule derivate da tumori (vicine, per strutturazione, alle cellule mesenchimali embrionali) che pare siano dotate di vita eterna, possedendo una capacità indefinita di duplicarsi. A livello teorico, si può trasferire questo principio a livello dell’intero organismo e correlarlo alla sua longevità.

In pratica, però, sembra che ognuno abbia un proprio destino genetico ben programmato. Perché? Su quali basi? Ma le lancette dell’orologio biologico, si possono spostare “indietro” o “avanti”, anticipando o ritardando l’invecchiamento?

Alla fine degli anni ottanta, Il professo M. R. Rose dell’Università di Irvine, in California, attraverso incroci selettivi, è riuscito ad ottenere una popolazione di drosophila malanogaster (il moscerino della frutta) in grado di vivere più del doppio rispetto al normale. Tra le particolarità rilevate nel corredo genetico di questi super moscerini, si riscontrava la presenza di un gene in grado di sintetizzare enzimi antiossidanti (in grado di contrastare i radicali liberi, i quali danneggiano le cellule) con efficacia costante nel tempo. Come già scritto in “La mente e i tumori” , un po’ di tempo prima (negli anni settanta), si scoprirono gli effetti della psicotronica (relazione fra induttori fra cui, la mente e variazione fisica indotta). Nel 1973, il cecoslovacco Pavlita, mostrò al dr. Stanley Krippner uno schema di generatore psicotronico in grado di modificare la struttura genetica a distanza e ottenere reazioni psicobiofisiche. A seguito di questi studi, il fisico sovietico Kaznakeyev, scoprì l’interazione intercellulare a distanza in un sistema formato da due culture di tessuti. Tali acquisizioni diedero il via a esperimenti militari che portarono a rendere possibile l’infezione (tramite batteri e virus) a distanza per effetto della vibrazione atomica della struttura del quarzo.

A queste condizioni, risulta considerevole l’importanza dei fattori genetici nel determinare la longevità, ma è altresì evidente la capacità di indurre trasformazioni genetiche in positivo o in negativo indotte o autoindotte. La medicina psicosomatica, si occupa, appunto di spiegare i risultati macroscopici di reazioni che iniziano a livello subatomico.

Ora, un effetto su base psicotronica potrebbe avvenire nel nostro organismo per azione fra due “sostanze”. La prima, determinata dall’area definita “memoria”, localizzata principalmente nella zona temporale del cervello in cui sono accumulati dati su patologie di vario genere (appresi mediante l’esperienza o allocati da inferenze genetiche) e la seconda, costituita dai vari organi bersaglio. Il mezzo che offre la giusta vibrazione atomica per trasferire le informazioni eziologiche e patogeniche (cause e meccanismi di azione di una patologia) a destinazione, potrebbe essere rappresentato dai vari fluidi biologici intercellulari. D’altronde, da Groddeck (fondatore dei principi della psicosomatica) in poi, si è studiato il rapporto fra la personalità e l’instaurarsi di patologie prodotte da tensioni scaricate sui cosiddetti “organi bersaglio”. Sulla scorta di quanto fin qui descritto, si può affermare che la vita di ognuno comincia all’interno del nucleo di ogni atomo, grazie alla scintilla di energia che si genera e si trasmette: ogni essere umano, quindi, vive, pensa, ama ed agisce, in funzione degli elaborati prodotti, grazie alle capacità di cui, geneticamente, è dotato ma usando come materia “prima”, le tracce mnestiche archiviate.

A livello mentale, in cosa differiscono i miliardi di esseri umani esistenti?

Semplicemente, dalle informazioni contenute all’interno della memoria e dalla modalità di elaborarle. La componente genetica assume il ruolo di contenitore dentro cui la mente (energia che genera i flussi di informazione) elabora ed archivia i dati provenienti dal mondo esterno e le idee assemblate nel mondo interno. Insomma, il DNA di ogni essere umano, costituisce una sorta di stoffa, tessuta con il telaio dei costituenti genetici genitoriali, le cui fibre tessili, nell’intreccio di trama ed ordito, seguiranno uno schema influenzato da fattori “intrinseci” ed estrinseci”. La qualità di questa stoffa, può variare a seconda delle informazioni trasmesse dai genitori e da fattori di ricombinazione che avvengono durante i processi biochimici. In pratica, la “partita” in un modo o nell’altro, è sempre “aperta”.

“Grande disconnessione” e senescenza.

Cerchiamo ora di capire cosa succede a livello del sistema nervoso (identità e vita di relazione), del sistema endocrino (metabolismo) e del sistema immunitario (difese) quando si invecchia e come il cattivo funzionamento del dialogo fra questi tre apparati (grande disconnessione) possa intervenire sulla parabola discendente della senescenza. La ricerca scientifica ha dimostrato che, fin dal primo periodo della nostra esistenza, iniziamo a perdere cellule neuronali. Tale decremento è talmente evidente da indurre alcuni neuroscienziati ad ipotizzare che tale fenomeno potesse essere correlato ai processi di apprendimento e alle continue esperienze di relazione con il mondo esterno. In pratica, secondo questa ipotesi, la morte cellulare somiglierebbe equivarrebbe all’eliminazione di materia da un blocco informe, da parte di uno scultore che modella secondo uno schema. È vero, altresì, che il numero delle cellule cerebrali è altissimo (pare oltre circa cento miliardi): a queste condizioni, anche un’ingente perdita quotidiana, distribuita in maniera diffusa nell’area cerebrale, non costituisce un grande problema. Inoltre, i neuroni sono in grado di modificare e ampliare costantemente il numero dei collegamenti tra di loro, riuscendo a compensare ampiamente la riduzione di numero. Se però, come nel caso di danno ischemico o di malattia degenerativa, la perdita di neuroni è eccessiva e concentrata in una stessa area cerebrale, le possibilità di recupero sono compromesse.

Unità neurologica morfofunzionale e invecchiamento.

Un’importante scoperta recente riguarda l’adattabilità cerebrale nell’anziano. In età avanzata, infatti, le funzioni intellettive sono, più o meno, conservate (soprattutto se ci si mantiene “attivi” mentalmente). E’ ridotta in maniera significativa, invece, la capacità di recupero funzionale in seguito a stress eccessivi. In altre parole, l’unità morfofunzionale del sistema nervoso (costituita da un neurone, una cellula di nevroglia che, a seconda della localizzazione topografica, può essere di tipo astrocitario, micorogliale, ependimale, etc. e un capillare sanguigno, intimamente connessi fra loro), perdono l’originaria “plasticità” che consente loro di supplire a quelle funzioni temporaneamente in crisi, per superlavoro o atro. Le funzioni intellettive “superiori” risultano dalla sommatoria dei segnali elaborati dalle singole subunità. Il neurone e la cellula gliale comunicano attraverso la membrana mediante un dialogo ionico-metabolico, a condizione che le pareti cellulari siano in buone condizioni. In caso di danneggiamento o di irrigidimento (per invecchiamento)risulta ridotta la capacità dei recettori di membrana di farsi raggiungere dai liganti (neurotrasmettitori, neuromodulatori e ormoni).

Neurotrasmettitori e neurodegenarzione

Un ruolo di primaria importanza nel sistema nervoso lo riveste l’acido glutammico che, oltre ad una funzione eccitatoria nei confronti del sistema nervoso, ha anche quella di favorire l’acquisizione delle informazioni mediante l’attivazione del recettore NMDA.

Infatti, in assenza di acido glutammico in quantità significativa non si aprono i canali ionici del neurone presinaptico e il neurone postsinaptico non riceve il segnale. Però in situazioni particolari (come ad esempio lo stress protratto non compensato, a seguito di un’intensa attività mentale protratta nel tempo senza momenti di pausa), l’eccesso di liberazione di questo e di altri aminoacidi eccitatori è all’origine di degenerazioni neuronali a seguito di superlavoro e produzione di radicali liberi in quantità eccessiva. In conclusione, si può affermare che gli aminoacidi eccitatori inducono la plasticità neuronale ma chiedono un prezzo salato a quest’ultimo, accelerando il suo invecchiamento. Anche il sistema immunitario e quello endocrino, invecchiano in maniera direttamente proporzionale agli stress intensi che perdurano oltre la capacità di sopportazione. Comunque, fra i principali problemi dell’invecchiamento pare proprio esservi quello della neurosenescenza cellulare localizzata. A livello del sistema nervoso si assiste, inoltre, nel corso dell’invecchiamento, a una diminuzione della funzione cellulare specifica. In effetti, con il passare degli anni, anche i neuroni che non muoiono, mostrano segni di invecchiamento, caratterizzati da un aumento della rigidità della membrana che li circonda.

Età anagrafica ed età biologica.

Con la riduzione della plasticità neuronale si arriva al deterioramento della funzione cellulare in diverse aree cerebrali. Si alterano Così ad esempio le aree deputate al controllo della memoria, del movimento, delle funzioni sensoriali e del controllo dell’attività periferica della mobilità, fino a influire sulla regolazione del sistema immunitario. Le alterazioni cellulari e organiche a cui si assiste nel corso dell’invecchiamento portano allo sbilanciamento dell’equilibrio fra i tre sistemi, con conseguente modificazione di importanti parametri biologici, in funzione non tanto di un’età anagrafica, quanto, piuttosto, biologica legata ad un complesso di fattori di tipo psicofisici.

Un buon cervello dunque viaggia in parallelo con un buon sistema immunoendocrino e viceversa. Ad esempio, la degenerazione delle cellule nervose di un’importante area cerebrale, l’ippocampo, responsabile di molte disfunzioni mnemonico – affettive della senescenza sembra essere causata principalmente da un’esposizione eccessiva agli ormoni prodotti dalla corteccia surrenalica (i glucocorticoidi, in grado di esaltare l’azione di alcuni mediatori chimici, creando un superlavoro all’intero sistema) e della prolattina (ormone prodotto dall’ipofisi). Fra le varie disfunzioni (sessuali, riproduttive, etc.) si nota anche una ricaduta negativa per ciò che riguarda la risposta immunitaria (riduzione di protezione nei confronti di agenti esterni e aumento di incidenza di patologie autoimmuni). I processi di invecchiamento neuroimmunoendocrino sono anche caratterizzati da una ridotta secrezione dell’ormone della crescita Grow Hormon (GH). Tale fenomeno acquista importanza rilevante dal momento che il GH presiede non solo all’accrescimento del corpo nei bambini, ma anche, nella vita adulta, al mantenimento di importanti funzioni correlate al metabolismo proteico. Mentre i più classici ormoni corticosurrenalici, come il cortisone, hanno effetti immunosoppressivi, di riduzione delle masse ossee e muscolari e in ultima analisi invecchianti, un altro ormone steroideo (o meglio, un precursore ormonale), il DHEA, ha attratto l’attenzione degli scienziati come potenziale “pillola della giovinezza”, insieme alla melatonina, molecola prodotta principalmente (ma non esclusivamente) dall’epifisi: sembra infatti, che abbiano un’azione di risincronizzazione dell’organismo (prevenendo manifestazioni depressive, stimolando le difese immunitarie e migliorando il comportamento sessuale.

Questi sono solo alcuni dei fenomeni biochimici organici che ci aiutano a capire come, un’alterazione della funzione del sistema endocrino, possa essere riguardare non solo i fenomeni connessi all’azione intrinseca degli ormoni, ma essere responsabile anche dei deficit del sistema nervoso e immunitario, le cui funzioni subiscono un declino man mano che si procede con l’età.

Ad esempio, l’invecchiamento del sistema immunitario nel suo complesso, è caratterizzato da un aumento di problematiche di tipo infettivo o neoplastico perché l’atrofia degli organi linfatici (timo, milza, linfonodi) che si verifica nell’età avanzata comporta, infatti, una riduzione delle difese dovuta, con ogni probabilità, a una diminuita funzione, anche senza un’effettiva perdita di cellule immunocompetenti. Il timo, infatti (che ha una funzione fondamentale nella specializzazione dei linfociti), diminuisce di peso in età avanzata e il numero di cellule progenitrici dei linfociti T subisce una significativa riduzione. Anche la produzione dei cosiddetti “ormoni timici” (sostanze regolatrici della risposta immunitaria), si riduce col passare degli anni. Paradossalmente, accanto ai fenomeni involutivi, in parallelo aumentano i fenomeni di autoaggressione immunitaria rappresentato dalla comparsa progressiva di anticorpi anticellula.

Salute malattia e psiconeuroimmunoendocrinologia

Se è vero che il mantenimento di un buono stato di salute dipende dal corretto dialogo e dal costante adattamento dei tre sistemi di cui tanto parliamo, allora possiamo affermare (ed molto più che una semplice ipotesi) che la malattia è conseguente ad un deficitario equilibrio, con insufficiente compensazione reciproca, tra essi. Partendo da questa posizione, gran parte delle patologie conosciute può essere riconsiderata anche sul piano terapeutico. Infatti per consentire la guarigione di una qualunque affezione, bisognerà intervenire non solo sul sintomo ma sull’equilibrio globale del suo organismo prestando sempre una notevole attenzione alla reciproca influenza dei tre sistemi. Per un’ampia gamma di patologie (anoressia, obesità, sindromi autoimmuni, ipertensione essenziale, cefalea idiopatica, etc.), il mondo accademico ha già unanimemente espresso un consenso verso questa interpretazione visione. Ma può, un evento psichico, scatenare una reazione a catena che conduce all’instaurarsi di patologie anche gravissime come le infezioni “severe” o lo sviluppo dei tumori? E per contro, problemi a carico del sistema immunitario, sono in grado di determinare quadri psicologici assimilabili a sindromi depressive? Il punto cruciale è sicuramente legato all’importanza e all’entità dell’influenza che il sistema neuroendocrino può esercitare su quello immunitario… e viceversa. Dal punto di vista sperimentale, vi sono numerose evidenze dell’influenza del sistema neuroendocrino sull’attività immunitaria. Per esempio, lesioni di aree cerebrali alterano specifiche funzioni immunitarie. Animali stressati, in laboratorio presentano modificazioni di parametri fondamentali della risposta immunitaria, nonché un’alterata sensibilità ai tumori. Si è da tempo dimostrato che l’attivazione del sistema immunitario è correlata con la funzionalità dei neuroni.

In un famoso esperimento, Ivan Pavlov induceva un cane ad associare l’odore della carne (che provocava nell’animale un’immediata salivazione) al suono di una campana. Dopo un numero determinato di ripetizioni, in cui venivano presentati assieme l’odore e il suono, bastava che il cane fosse stimolato esclusivamente dalla campana, per produrre un’intensa salivazione, proprio come se avesse sentito l’odore della carne.

Ad ogni modo, l’indicazione più chiara sulla possibilità di condizionare la risposta immunitaria, è stata fornita da Ader e Cohen. Questi ricercatori effettuarono un esperimento basta sulla somministrazione nel ratto di un immunosoppressore potente come la ciclofosfamide (farmaco tossico nei confronti del midollo osseo e che riduce il numero delle cellule del sistema immunitario). Contemporaneamente, gli si faceva ascoltare il suono di una campanella. lì risultato fu che, dopo aver ripetuto molte volte tale procedura, anche quando venne sospesa l’iniezione di ciclofosfamide bastava che gli animali ascoltassero il suono della campana perché si scatenasse un’inibizione della risposta immunitaria e quindi una mortalità più elevata rispetto ai gruppi di controllo non condizionati in tal modo.

Fu dimostrato, quindi, che era possibile “insegnare”, attraverso il condizionamento verso un animale superiore, l’inibizione dell’efficacia del proprio sistema immunitario, cioè ad ammalarsi. Numerosi altri studi hanno confermato questi dati. Sono state messe a punto tecniche di condizionamento che utilizzano altri tipi di stimoli condizionati (acustici, luminosi, elettrici etc.); con queste è stato possibile dimostrare che vari agenti della risposta immunitaria sono coinvolti in questo fenomeno. Ad esempio, usando uno stimolo gustativo o un odore sconosciuto, si sono potute evidenziare alterazioni soprattutto a carico dei linfociti T deputati, tra l’altro, alla distruzione delle cellule tumorali. Esistono però, casi che evidenziano un’altra realtà preoccupante: quella delle patologie autoimmuni, legate a un eccesso di attività immunitaria. Il sistema immunitario, a volte, per cause non ancora del tutto chiarite, all’improvviso comincia ad aggredire l’organismo provocando gravissimi danni. Legate a questo meccanismo sono alcune malattie del sistema nervoso quali la sclerosi multipla (in cui l’autoaggressione si realizza contro la mielina), l’artrite deformante (che colpisce prevalentemente le articolazioni), il lupus eritematoso sistemico (in cui l’azione è diretta contro il tessuto connettivo) e così via dalla psoriasi al morbo di Crohn (a carico dell’apparato digerente). Ebbene, numerosi esperimenti mostrano, nell’animale, che patologie autoimmunitarie simili a quelle dell’uomo risultano sensibili all’immunosoppressione condizionata, migliorando sensibilmente la sintomatologia.

Il discorso portato avanti finora, si collega irrimediabilmente al concetto di stress, termine con cui intendiamo tutta quella complessa serie di risposte biologiche che consegue all’intervento dì un qualsiasi fattore nocivo, al fine di adattare l’organismo e possibilmente superare la situazione difficoltosa. Lo stress, però, quando non è cronico, non solo non è necessariamente dannoso, ma anzi può rappresentare uno stimolo positivo. Quando, però, la risposta psicobiologica non è sufficiente a superare l’evento scatenante e lo stress diventa cronico, si “precipita” nella patologia e nell’invecchiamento precoce

Il perdurare di una condizione di stress finisce con l’interessare il sistema nervoso centrale; a ciò seguirà un turbamento degli equilibri ormonali e quindi della risposta immunitaria, che determinerà una riduzione delle difese contro l’aggressione di organismi patogeni interni o esterni. In altre parole la parabola vitale discendente, sarà resa più veloce, anche nel caso di una buona “impronta” genetica (familiari longevi).

“Un uomo non dovrebbe mai vergognarsi di confessare di aver sbagliato… che poi è come dire, in altre parole, che oggi è più saggio di quanto non lo fosse ieri” (Jonathan Swift).

 

Bibliografia

  • Umberto e Giovanni Scapagnini: La manutenzione della vita– Mondadori Ed.
  • Dario Schena Sterza : Fenomenologie anomale e nuova fisica – Di Renzo editore.
  • F. Bottaccioli: Psiconeuroimmunologia ; Red edizioni
  • Alan Baddeley: La memoria (come funziona e come usarla) – Ed Laterza.
  • M. F. Bear / B. W. Connors / M. A. Paradiso: Neuroscienze – Masson S.p.A.
  • L. Cattaneo: Anat. del Sist. Nervoso Centrale e Periferico dell’uomo – Monduzzi Ed.
  • G. Arcidiacono: Entropia, sintropia, informazione– Di Renzo Editore
  • J. Eccles: Evoluzione del cervello e creazione dell’Io – Armando Editore
  • Jean Charon. Ho vissuto quindici miliardi di anni – Armenia Editore
  • Jean Charon: Morte, questa è la tua disfatta – Edizioni Mediterranea
  • Marco Todeschini: Psicobiofisica – Edizioni MEB
  • Maxwell Maltz: Psicocibernetica – Edizioni Astrolabio
  • G. Marchese / L’età biologica e la buona salute / Web magazine La Strad@
  • G. Marchese / La paura di invecchiare / Web magazine La Strad@
  • G. Marchese / La logica e le quattro interazioni / Web magazine La Strad@
  • G. Marchese/ La mente e i tumori/ Web Magazine La Strad@