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La semplice bara di cipresso recante uno stemma
che trasuda umiltà e devozione ha confermato, qualora ce ne fosse stato ancora
bisogno, l’imprimatur di eccezionalità che ha contraddistinto il percorso terreno
di Papa Giovanni Paolo II “il grande”. Papa, è vero, ma soprattutto uomo con
mille pregi e, scusate la mia eventuale cecità o parzialità, senza alcun
difetto, almeno visibile; un uomo coraggioso e umile che ha saputo aprire il
cuore degli uomini a qualcosa di nuovo, qualcosa che in tanti, compreso me, non
riescono ad esprimere con le dovute parole, sebbene si sia riuscito, insieme,
ad avvertirlo ognuno nel proprio io più profondo. Oggi,
provo un’emozione incontenibile nell’affermare che gli occhi di Karol
rappresentavano la porta d’ingresso di un viaggionell’universo del bene ancora, così,
poco conosciuto a buona parte degli esseri umani; è quasi come se avesse voluto
immolarsi, tra mille sofferenze, per dimostrare che solo attraverso la
parolae, quindi, con il dialogo, con il
calore del contatto fisico, un abbraccio o una carezza, si può tentare di unire
volti, caratteri, pensieri e religioni…prova ne è l’immensa folla di credenti e
non credenti che hanno invaso, pacificamente e compostamente… PER CONTINUARE LA LETTURA, CLICCARE SUL
TITOLO.

…la città di Roma che,
per un’intera settimana, è tornata a rappresentare la “Caput mundi” di una volta, appannata, ormai, dal tempo e dalle
altalenanti vicende della storia
. Mi sono soffermato molto sui volti di quei tanti
pellegrini  che
hanno dato vita al lungo serpentone triste e silenzioso, soprattutto compostissimo,  alla mercè della calura del  giorno al pari del  freddo buio di una notte foriera di malinconia;
si, li ho osservati a lungo nella solitudine dei miei pensieri, e ho riflettuto
sulle loro parole rotte da lacrime vere e sincere, confermando che l’opera
dell’umile Karol è stata grandissima e che pur ripercorrendo in lungo e in
largo le vicende succedutesi nella storia, non si riuscirebbe a trovarne un’altra
simile. Karol, io oggi ho paura, si, non mi vergogno ad ammetterlo, perché sono
cosciente che l’argine di bontà che hai rappresentato nel
corso di questi anni, ora potrebbe cedere sotto il peso dell’imponderabilità
degli eventi. Come tu hai ripetuto con estrema umiltà, non siamo stati noi a cercarti ma lo hai fatto tu, trovandoci lungo il periglioso
cammino che ti ha condotto tra i disperati, i bisognosi, gli ultimi; hai
cercato il calore e il candore dei bimbi così come il sorriso dei giovani, quei
giovani che, piano piano, sono diventati  centinaia, poi migliaia e, in fine, milioni.
Karol ho sofferto nel vederti soffrire ma ho capito il
senso del tuo messaggio: “non abbiate
paura!”
E’ vero, è proprio la paura che ci blocca, frena le nostre capacità
e i nostri sentimenti, è proprio per questo che per tutti noi hai rappresentato
quella bussola che potrà permetterci l’orientamento nei perigliosi e vasti
oceani della vita, quelle smorfie di dolore a cui ci avevi abituati sono certo
che si sono trasformati in sorrisi, sorrisi di gioia in quella “casa del Padre”
da te più volte citata.  Una cosa è certa,
non dimenticherò facilmente le immagini della tua sofferenza, la caparbietà
delle tue azioni, il calore delle tue parole,  l’impegno profuso nel diffondere il
messaggio chiaro e forte della pace, ovunque e con chiunque. Mi unisco, allora
al coro unanime dell’universo dicendoti, semplicemente, grazie…