Posted on

Intervista a Michele
Paulicelli, uno dei più popolari e amati artisti cattolici, reduce dal successo
del nuovo musical “Madre Teresa”

San Francesco
torna in scena nei panni di…Madre Teresa

 Duemila repliche
ufficiali in vent’anni per oltre due milioni di
spettatori in Italia e all’estero
. Per non parlare degli
allestimenti amatoriali, di cui è impossibile tenere il conto
. Questi
sono stati i numeri del fenomeno “Forza Venite Gente”, uno dei musical nostrani più fortunati di sempre, non solo in ambito
cattolico. Forza Venite Gente debuttò in sordina
nell’ormai lontano 1981, per imporsi poi al grande pubblico anche grazie al
contributo di grandi personaggi, come l’attore Silvio Spaccesi
e la direzione di autori e registi come lo scomparso padre del “Bagaglino” Mario Castellacci e il
figlio Piero. Michele Paulicelli, cantautore cristiano che di Forza Venite Gente è stato ideatore, autore delle musiche e protagonista
sul palco nel ruolo di Francesco d’Assisi, ha concluso il 28 novembre al Teatro
Orione di Roma, tra gli applausi dei suoi vecchi e nuovi fans,
la tournè 2004 del musical ispirato alla vita e alle
opere della beata di Calcutta, che dall’esordio del 10 settembre 2002 al
Massenzio di Roma ha già girato tutta l’Italia dopo la consacrazione della
stagione precedente al Teatro Brancaccio diretto da Gigi Proietti, proprio in
occasione della beatificazione della Madre. In esclusiva per i lettori di… ci racconta
questa sua ultima fatica e i progetti per il futuro, lasciandosi andare anche a
qualche piccolo aneddoto. L’appuntamento è in un affollato
caffè del centro di Roma. Paulicelli arriva con
qualche minuto di ritardo a bordo della sua Fiat Cinquecento,
che già la dice lunga sulla semplicità e l’umiltà di un artista che non si è
lasciato snaturare dal successo e, anzi, cerca di vivere ogni giorno quello che
rappresenta sul palco. Accompagnato dal produttore e amico Olimpio Petrossi, si siede al tavolino e trasforma ben presto
l’intervista in una piacevole conversazione.

 Michele, il tuo ultimo musical
celebra la vita, le opere e il pensiero di Madre Teresa. Hai avuto modo di
conoscerla di persona?

<<No, purtroppo. Avrei voluto incontrarla
poco prima della sua morte, ma non fu possibile perché
quando lei venne in Italia io ero impegnato in un concerto. Però
è come se l’avessi conosciuta, attraverso i suoi scritti, la sua memoria,
attraverso quello che ci ha lasciato. L’impatto emotivo e la spiritualità che
suscita ed esprime Madre Teresa è profondamente simile a quello di San
Francesco, cui notoriamente la
Madre era devotissima, tant’è che
la canzone finale del musical è la “Preghiera
Semplice” del Poverello d’Assisi, la preferita di
Madre Teresa>>.

Abbiamo visto nel ruolo di protagonista già tre Madre Teresa: la giovanissima Giada Nobile, la meteora
Rosa Lembo, e la nuova Viviana Ullo. Tutte
bravissime. Puoi raccontarci le loro differenze? Pensi che Viviana Ullo sia la scelta definitiva o si ripeterà l’avvicendarsi di attori come fu per il ruolo di Pietro di Bernardone in Fvg?

<<Alla riapertura della prossima tournè sarà sicuramente Viviana Ullo
a vestire ancora i panni di Madre Teresa. Ogni singolo attore ha il suo
percorso e le sue esigenze, non tutti gli attori
possono sempre rimanere legati ad una compagnia. Questo è il nostro lavoro.
Devo dire che però, a differenza di quello che succede
in molte compagnie, tutti i professionisti che hanno lavorato con noi ci sono
rimasti profondamente legati, per la particolare, calorosa e profonda atmosfera
umana che hanno avuto modo di respirare. Per quanto riguarda il ruolo di Madre
Teresa, non ho puntato sulla somiglianza fisica dell’attrice o cose di questo
genere, ma sulla carica umana, sull’anima che era in grado di esprimere, e
tutte e tre sono state, ovviamente in modi diversi, all’altezza, bravissime>>.

Sono passati 24 anni da quel pellegrinaggio ad
Assisi che ti ispirò la trasposizione in musica dei
“Fioretti” di San Francesco, 23 dalla leggendaria prima di Fvg
al Teatro Unione di Viterbo, eppure sembra che il tempo non sia trascorso,
l’entusiasmo è quello degli inizi. Ci si può mantenere semplici, umili,
nonostante il successo? E per te é possibile vivere
realmente quello che rappresenti sul palco?

<<Il tempo trascorre inevitabilmente. Nella
forma nulla resta uguale, tutto si evolve. L’importante è che nell’essenza lo
spirito rimanga lo stesso. In particolar modo ciò vale per un’artista
cristiano
, che come tutti deve conquistarsi la propria cristianità
coltivandola e rinnovandola giorno per giorno. Bisogna tentare di vivere con coerenza
i propri ideali, questo è un invito che rivolgo soprattutto ai giovani>>.

Le tue canzoni hanno sempre trasmesso gioia, luce
e speranza a tante persone, soprattutto in momenti di crisi e sofferenza. I
non-credenti, i lontani, hanno giocato un ruolo importante nella genesi dei
tuoi lavori. Maria, la vicina di casa che ti incoraggiò all’inizio, Roberto Bartoletti
compagno di quest’avventura e tanta gente attirata
dai tuoi spettacoli. Chissà se qualcuno di loro grazie a Forza Venite Gente e a Madre Teresa ha incontrato Dio…

<<Non ho mai avuto l’intenzione né la
capacità di convertire nessuno. Se questo è avvenuto,
il merito è stato del messaggio di San Francesco, di Madre Teresa. I miei
spettacoli sono solo uno strumento nelle mani di Dio. Ci pensa Lui a convertire
le persone. Io mi limito ad esprimere, a testimoniare quello che sento. Certo,
qualcosa di buono in giro i miei spettacoli l’hanno combinato. Sono stati comunque uno strumento di arricchimento per tutti, credenti
e non credenti. Hanno sicuramente incuriosito,
avvicinato e anche in alcuni casi colpito i “lontani”, con cui ho gran piacere
di dialogare e hanno anche rafforzato la fede di molti “vicini”. Mi ricordo di tanti ragazzi in ricerca vocazionale, addirittura alcune
giovani suore clarisse, che mi scrissero ringraziando per l’aiuto ricavato da
Forza Venite Gente. Roberto Bartoletti continua a
professarsi ateo ma in realtà, secondo me, si è molto
addolcito riguardo alla fede rispetto a quando lo conobbi tanti anni fa, e,
recentemente, in un momento di grande dolore per la perdita della mamma, ha
dato testimonianza di una grande forza e di un grande amore che sono a tutti
gli effetti cristiani>>.

 La tua esperienza di artista
si intreccia anche con iniziative concrete sia a livello spirituale che di
impegno in favore dei più bisognosi?

<<Certo, personalmente cerco di
concretizzare in vari modi la mia fede. Però, la nostra compagnia non è simile,
ad esempio, al Gen Rosso, anche perché è composta da tanti professionisti dello spettacolo che magari
provengono da percorsi molto diversi. Come ti dicevo all’inizio, però, da noi
si respira un’aria particolare, e questi
professionisti rimangono sempre colpiti da questa forte carica umana che non è
comune nel mondo dello spettacolo. Tant’è vero che
quando c’è da fare qualche sostituzione ho la fortuna di poter sempre contare
su amici che hanno già lavorato con noi e che hanno sempre piacere di tornare
tra le nostre fila anche per una sola serata>>.

Alcune prese di posizione ecclesiali dello scorso
anno, rimaste sconosciute ai più, con il legittimo intento di restaurare la
musica sacra ed il canto liturgico, sono tornate però ad attaccare il
cosiddetto ‘rock da oratorio’. Non c’e’ il rischio di
un nuovo atteggiamento pedante e anacronistico che allontani ancora di più i
giovani dalla Chiesa colpendoli nel linguaggio che più amano e comprendono, cioè la musica?

<<Per me non è importante se in chiesa può
esserci o meno la batteria. Molto dipende dall’abilità
dei sacerdoti, dei parroci, di trovare la giusta via di mezzo, di saper mediare
ed educare l’eccezionale curiosità e vitalità dei
giovani. Inoltre, non baderei molto alle distinzioni tra i generi, alle
etichette, che servono solo per semplificare, per riconoscere meglio, ma in
realtà non hanno molto senso. La musica sacra può assumere mille forme, può esprimersi in mille modi
diversi. L’importante è il come si suona. Per me
esiste solo musica fatta bene, bella, e musica fatta
male, brutta. Musica che ha valore, che esprime un valore e
musica che non ha valore
. Questa è l’unica differenza. La musica
all’inizio era tutta sacra, perché si faceva solo in chiesa, non in altri
luoghi. La musica moderna, giovane, diventa allo stesso modo
sacra
se esprime uno spirito di sacralità.

Altrimenti c’è il rischio, terribile, di far
coincidere nell’immaginario collettivo la musica “pallosa” con il sinonimo di
sacra e tutto il resto con quello di profana>>.

Cosa significa per te narrare
la santità attraverso la musica e il teatro?

<<Cerco sempre di vedere la santità da un
punto di vista laico, “esterno”, per riuscire ad aggiungere fantasia,
spettacolarità alla storia e perché parlarne dal di
dentro può essere riduttivo. Il teatro ha bisogno di spettacolarità, di
esagerare alcuni concetti, alcuni aspetti, per farsi
capire, per raggiungere tutti. Lo spettacolo ha una funzione diversa dalla
messa>>.

C’è qualche santo nascosto nel cassetto che hai
intenzione di far rivivere sul palco nel futuro? Magari un sempreverde Sant’Agostino? 

<<Il fatto di aver realizzato delle opere
su San Francesco o su Madre Teresa non mi rende un agiografo. Non vorrei
sfruttare un filone. Cerco di realizzare ciò che
sento, ciò che mi piace, senza sentirmi legato a dei cliché.
Se poi quello che faccio esprime un valore religioso, benvenga. Se dovesse venirmi un’ispirazione in quel
senso, certo, metterei in musica anche Agostino>>.

A quando le prossime date di “Madre Teresa”?

<<Non lo so ancora, mi
auguro
al più presto>>.

Quali altri
lavori stai portando avanti? C’è qualche iniziativa in
corso?

<<Attualmente sto
promovendo “Natale in musica”, una raccolta di canzoni con protagonisti i
personaggi del presepe, che parte dal Natale di Forza Venite Gente, che è il
Natale di San Francesco. C’è una cosa che stiamo preparando, ma è prematuro
parlarne, per ora deve rimanere una sorpresa. Speriamo vada in porto>>. <<Ringrazio… non tanto perché parla delle
mie opere, anche se per me è cosa gradita, una carezza al cuore, ma perché così
contribuisce a diffondere il messaggio in cui credo, soprattutto ai giovani,
agli uomini di domani, cui auguro di vivere sempre
un’esperienza di forte impegno verso gli altri>>. Questo
il saluto con cui Michele si congeda
. C’era da dubitarne?

 

 

di Marco Cappeddu