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“La miglior salsa del mondo è la fame”. Attiviamo l’uditorio!


 

CAPITOLO IV

La miglior salsa del mondo è la fame. (Miguel de Cervantes)

Il suggerimento appena riportato, trova applicazione in molti campi, soprattutto nel settore della comunicazione umana dove, tenuto conto dei complessi sistemi che si attivano in uno scambio di informazioni, maggiore è l’interesse e la curiosità che si suscitano in chi ascolta, più alte saranno le probabilità che, in lui, rimangano tracce di quanto abbiamo proposto.

Come si è già scritto in precedenti lavori, gli scienziati del settore sono riusciti, sperimentalmente, ad osservare quello che, in una comunicazione umana, contribuisce ad incidere maggiormente. Lo studioso statunitense Albert Mehrabian, negli anni sessanta, è riuscito a determinare, all’interno di una comunicazione umana non “specifica”, una scala di valori in grado di attirare l’attenzione di uno o più ipotetici interlocutori. Partiamo dal principio che in un qualunque messaggio siano riscontrabili i seguenti parametri fondamentali:

  • il verbale – in cui si riconoscono un elemento definito “significato” (la definizione del vocabolo) ed un altro che prende il nome di “significante paraverbale” (tono, volume e ritmo della voce, che esprimono lo stato d’animo di chi parla);
  • il non verbale – in cui rientra il temperamento (gestualità, tipo di abbigliamento, etc.) e gli eventuali approcci multimediali.

Il peso di questi fattori nella ricezione del messaggio è il seguente:

    • 7% a favore del “significato verbale”
    • 38% a carico del “significante paraverbale”
    • 55% per la comunicazione “non verbale”



l’importanza della comunicazione verbale è, come si può notare, evidente e non trascurabile. Se da una parte, la nostra modalità “mediterranea” di interloquire con facilità nella gestualità rispetto agli “statici” anglosassoni, tutto ciò si traduce in un effetto boomerang, quando cerchiamo di controllarci per dissimulare uno stato di disagio.

Quindi, è importante ricordare che, prima di esporsi al pubblico, in un’occasione importante, è necessario prepararsi soprattutto dal punto di vista psicologico; questo, per non creare effetti incoerenti fra quello che si dice e come lo si dice.

Dal momento che ogni relatore vorrebbe essere “vissuto” con un alone di carisma che “incolli” l’attenzione dell’uditorio, molti esperti (anche in considerazione di quanto espresso precedentemente) pongono l’accento sulla postura da tenere. È innegabile, però, che se chi si espone al pubblico non riesce ad essere sufficientemente autorevole (preparandosi adeguatamente), rimane schiavo di un modo di essere e di comportarsi che non è il suo e sa di artificiale. Ad ogni modo, quello che si può suggerire, se proprio non si sa che pesci prendere, è un atteggiamento temperamentale che denoti il rispetto di chi si ha di fronte. Di conseguenza, tutto dovrà imperniarsi sul tipo di uditorio e della sua energia ed intrecciarsi con le proprie competenze e disponibilità ad “aprirsi” verso gli altri. È inutile tentare di interpretare soggetti artefatti: si correrebbe il rischio di un risultato patetico!

Nelle Società occidentali, è molto importante il contatto visivo con l’interlocutore. In effetti dal tipo di sguardo e di espressione mimica facciale si può guadagnare credibilità o meno. Rientrando in un tipo di comunicazione non verbale, vale quanto detto prima.

Alcuni esperti consigliano di non rivolgersi con lo sguardo verso una persona per più di quattro secondi di seguito, per non invadere fastidiosamente il suo campo di riservatezza. A volte, inoltre, è meglio guardare chi si ha di fronte, più che dritto negli occhi (qualcuno potrebbe interpretarlo come un segno di sfida), in quello spazio che sta fra i due occhi, al centro della fronte.

Per quanto concerne l’utilizzo della voce, questa dovrebbe essere utilizzata in maniera appropriata, come se fosse un valido e delicato strumento musicale, utilizzando sapientemente le diverse tonalità alte e basse e mantenendo un ritmo gradevole. Le caratteristiche della voce umana sono, sostanzialmente, quattro:

  • tono;
  • timbro;
  • tempo;
  • volume.


Il tono della voce dovrebbe essere modulato e non monotono, per evitare di annoiare gli astanti. Il timbro dovrebbe essere udibile secondo le dimensioni della sala e il contenuto del discorso, senza incoerenze o esagerazioni. Il tempo dovrebbe prevedere delle pause (per far riposare la mente di chi ascolta) senza scendere, però, al di sotto di un ritmo che, tutto sommato (tranne discorsi particolari) dovrebbe mantenersi sufficientemente vivace. Il volume deve tener conto del contenuto della relazione, della lunghezza del discorso, del grado di attenzione residuo dell’uditorio, etc. è suggeribile, comunque, variarlo in funzione di questi parametri, soprattutto perché, l’essere umano, in genere, percepisce maggiormente le differenze di stimolazioni.

Abbiamo già parlato, in precedenti lavori, di come si organizza una presentazione; in conclusione, ci permettiamo, a tal proposito, di formulare un’ultima riflessione: “Meno sappiamo e più lunghe saranno le nostre spiegazioni”. (Ezra Pound)


 


G. M. – Medico Psicoterapeuta