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In tema di televendite, la prudenza non ? mai troppa. Qualche consiglio per proteggersi da eventuali “acquisti”?


In mancanza di un testo unico in materia, tale settore risulta disciplinato dal Decreto legislativo n. 50/92, che attua la Direttiva n. 85/577/Ce in materia di contratti negoziati fuori dei locali commerciali e che si estende ai “contratti riguardanti la fornitura di beni o la prestazione di servizi, negoziati fuori dei locali commerciali sulla base di offerte effettuate al pubblico tramite il mezzo televisivo o altri mezzi audiovisivi e finalizzate a una diretta stipulazione del contratto stesso“.

Ancora, la materia è regolata dal Decreto legislativo n. 185/99, in attuazione della Direttiva 97/7/Ce relativa alla protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza, che prevede un termine di 10 giorni per esercitare il diritto di recesso, oltre a principi concernenti la restituzione o la messa a disposizione del bene ricevuto e l’obbligo di rimborso gratuito da parte del fornitore delle somme versate dal consumatore entro 30 giorni.

Anche la Riforma del commercio del 1998 (decreto legislativo 114 del 31 marzo 1998), si occupa di televendite prevedendo che la vendita per televisione debba essere comunicata al Comune nel quale l’esercente ha la residenza o la sede legale e che l’attività può iniziare dopo 30 giorni dal ricevimento di tale comunicazione.

Secondo tale normativa spetta, invece, all’emittente televisiva di accertare, prima della messa in onda, che il titolare dell’attività sia in possesso dei requisiti prescritti dal decreto per l’esercizio della vendita al dettaglio, mentre, durante la trasmissione, debbono essere indicati il nome e la denominazione o la regione sociale e la sede del venditore, il numero di iscrizione al registro delle imprese e il numero della partita Iva.

Certo per le amministrazioni non è facile vigilare sia per le difficoltà di realizzare un effettivo monitoraggio, sia perché, se è vero che il televenditore deve dare comunicazione al sindaco della televendita, egli non ha l’obbligo di specificare che cosa vende (basta indicare un generico “settore merceologico”).


Il sindaco, quindi, non ha alcun elemento per vietarla.

Inoltre, non vi è un organo che controlli che ogni televendita abbia assolto questo obbligo.

E in caso di inadempimento, nulla è previsto sulle sanzioni applicare.

Sarà per questo che i raggiri sono all’ordine del giorno. Il più comune è vendere una cosa diversa da quella mostrata in televisione, cioè una cosa di valore nettamente inferiore, specialmente quando si tratta di preziosi, abbigliamento costoso, attrezzistica, utensileria e apparecchi domestici.


Se il televenditore è serio, consegna la cosa tramite suoi rappresentanti, in modo che il consumatore possa vederla prima di pagare. In genere, però, viene spedita in contrassegno postale e l’acquirente deve prima pagare l’importo al postino e… solo dopo aprirà il pacco.


Se la cosa è diversa o di valore inferiore, come spesso capita, in base al decreto legislativo n. 185/1999 è possibile esercitare il recesso entro 10 giorni tramite raccomandata AR, per avere il rimborso, restituendo la merce.


Purtroppo, i più non lo sanno, telefonano e vengono tranquillizzati. Intanto, trascorrono i 10 giorni e si decade dal diritto di recedere.

Altra difficoltà per chi esercita il recesso consiste nel rispedire la merce al mittente: spesso si tratta di attrezzatura ingombrante che è costoso inviare per posta. Inoltre, si deve sperare di non aver danneggiato l’imballaggio originale!

Il vero nodo da sciogliere è quello di trovare il modo di corresponsabilizzare le emittenti, anche perché, a parte i veri e propri truffatori, ci sono troppi modi per aggirare la legge:

  • Nel caso in cui non si consegna la merce a domicilio, richiedendo al consumatore, che telefona per l’ordinazione, di ritirarla e pagarla presso un punto vendita, l’acquirente decade dalla facoltà di recedere;


  • Attenzione, in secondo luogo, al trucco degli oggetti “personalizzati”: il televenditore, per esempio, offre a un prezzo superscontato un anello o un bracciale d’oro con l’impegno a imprimervi le iniziali di nome e cognome dell’ordinante.


Sembra un affare, ma non lo è affatto, poiché anche in questo caso la legge esclude il diritto al ripensamento.



  • Maggiori rischi per i consumatori derivano, poi, dalle televendite aventi ad oggetto servizi di astrologia, cartomanzia, pronostici concernenti il lotto, le lotterie e simili.

Proprio per salvaguardare gli utenti in quest’ultimo settore, la Commissione per l’Assetto del Sistema Radiotelevisivo, presieduta da Adalberto Baldoni, nella seduta plenaria del 14 maggio 2002 ha approvato, all’unanimità, il Codice di autoregolamentazione per la trasmissione delle televendite riguardanti, appunto, i servizi di astrologia ed assimilabili.

La novità più rilevante contenuta nel codice è la costituzione di un Comitato di controllo, organismo paritetico formato dai rappresentanti delle aziende televisive, nazionali e locali, pubbliche e private, dai rappresentanti delle istituzioni dei consumatori e degli utenti, dai Corecom, etc.

Il comitato ha il compito di vigilare sul corretto rispetto del codice a seguito di segnalazioni da parte di cittadini, associazioni e imprese.

I consumatori possono, infatti, segnalare trasmissioni che contengono dichiarazioni o rappresentazioni che possano indurre in errore gli utenti anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni, sfruttando la superstizione, la credulità o la paura e che, comunque, creino timori o aspettative ingiustificate agli utenti.


Maria Cipparrone (avvocato)
Laura Trocino (praticante avvocato)