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“Rivolto la mia anima come fosse terra scura… cercandoti all’infinito, figlio mio!”

Mamma si, mamma no, mamma “quando”…

Non credo che esista, in assoluto, un’età “ideale” per diventare madre. La Natura, infatti, ha previsto un ventaglio di tempo molto ampio a disposizione della donna, dal menarca (mediamente, intorno ai 12 anni) fino alla “sospensione ipofisaria da età matura” delle mestruazioni (nella medicina moderna, infatti, si tende a non usare più il termine “menopausa”, dal momento che si è visto, sperimentalmente, che gli ovuli possono essere riprodotti e rilasciati nelle tube, fino ad un’età indefinibile), da utilizzare in base a realtà sociali, culturali, economiche, etc.

Da un po’ di tempo a questa parte, soprattutto nelle Società occidentali, quelle cosiddette “avanzate”, si assiste ad un decremento anagrafico che si cerca di analizzare dal punto di vista sociologico e, più individualmente, a livello psicologico.

Perché?

Mi guardo allo specchio e mi chiedo come mai, ancora, non “passeggi” due occhi, così vicini e veri, un visino dolce che ti confonde i pensieri… e perché, in quella cronologia scandita dallo scorrere della sabbia, nella clessidra della mia vita io non abbia finora avvertito, forte, il bisogno, di sentirmi utile per qualcuno che dipendesse da me, almeno all’inizio…

Già… ma io chi sono?

C’era una volta… Un re! – direte voi – No ragazzi, avete sbagliato! C’era una volta un pezzo di legno… Si un ciocco di legno tramutato, per uno scherzo del destino, in un cavallo da corsa con i circuiti neurali condizionati a spingere forte… per vincere… per non pensare… per inquadrarsi in un contesto di “nulla”, in cui tanti si affannano a consumare la cera della propria candela… atta a spegnersi senza appello…

Chissà perché Pinocchio era stato condannato a doversi conquistare la sua condizione da umano, attraverso la realizzazione di una serie di buone azioni…

 

“Ma è semplice, signorina – risponderebbe il grillo parlante – solo attraverso lo sforzo di imparare a pensare positivo, per sé e per gli altri, si rompe il guscio rendendo possibile morbidezza e conciliazione e sostituendo il carapace con una maggiore forza interiore, a partenza neurologica, tipica degli animali dal sangue caldo, dal cuore forte… e dal cervello “cablato”.


Ah… ecco!

Allora, forse, le motivazioni ricercate e addotte per ritardare, o addirittura, non includere nei propri progetti quella strada fatta di sospiri, incontri, paure e aspettative, che qualcuno chiama “maternità”, cercano di parcellizzare la verità, senza mostrare l’altra “faccia della luna”!

Quante volte,
ho guardato al cielo…
ma il mio destino è cieco… e non lo sa!
Quante volte,
avrei preso il volo…
ma le ali,
le ha bruciate già…
la mia vanità!
e la presenza di chi è andato, già…
Rubandomi, la libertà!
Il cielo!
Quanti amori
conquistano il cielo!
Perle d’oro, nell’immensità!
Qualcuna cadrà,
qualcuna invece il tempo, vincerà!
Finche avrà abbastanza stelle…
il cielo!
(Renato Zero – Il cielo – Zerofobia)

A qualcuno, forse, sfuggirà il testo di questa poesia di Renato Zero degli anni settanta… ma quante emozioni, per noi quarantenni di oggi che, sotto le stelle di allora, scrutavamo la strada per guidarci verso i traguardi che il domani ci avrebbe concesso… amori, successi… altri come noi, in cui “rivederci” e “tramandarci”

La storia siamo noi… questo prato di aghi sotto al cielo. La storia siamo noi, siamo noi questo rumore che rompe il silenzio, questo silenzio così duro da masticare. La storia entra dentro le stanze e le brucia, la storia dà torto e dà ragione. La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere, siamo noi che abbiamo tutto da vincere e tutto da perdere. Ed è per questo che la storia dà i brividi, perché nessuno la può fermare. La storia siamo noi, siamo noi padri e figli. Siamo noi, bella ciao, che partiamo. La storia non ha nascondigli, la storia non passa la mano. La storia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano. (Francesco de Gregori)

Allora, forse, quando ci diciamo che ci si può realizzare solo a compartimenti, prendiamo in giro la storia, la Natura e… noi stessi. Ma perché vogliamo credere allo stereotipo della donna in carriera, quella che “deve” inseguire il maschio per superarlo sui tornanti, dove il gioco si fa più duro… e più “sporco”?

Chissà, forse, prendendo la seconda stella a destra e andando dritto fino al mattino, riusciremo a trovare l’Isola che non c’è, dove non ci sono santi né eroi. Forse questo sembrerà strano ma, in fondo, perché dovrebbe essere solo fantasia, pensare di uscire dal gregge?

Dummi’, ‘o bello d’è figlie l’avimmo perduto!… e figlie so’ chille che se teneno mbraccia, quando so’ piccirille, ca te danno preoccupazione quanno stanno malate e nun te sanno dicere che se sènteno… che te corrono incontro cu’ è braccelle aperte, dicenno: “Papà” … Chille ca’ è vvide venì d’ ‘a scola cu’ ‘e manelle fredde e ‘o nassiIlo russo e te cercano ‘a bella cosa… (Filumena Marturano)

Ed effettivamente, caro Domenico Soriano, quanti di noi potrebbero dovere ascoltare, un giorno, lo sfogo della tua bella Filumena Marturano? Il bello dei figli noi lo abbiamo perso… il meglio del rapporto con loro si estrinseca, forse, quando li tieni in braccio, quando sono troppo piccoli per spiegarti l’origine dei loro malesseri, quando ti vengono incontro, di ritorno dalla scuola, rossi in volto e con le mani fredde, ti abbracciano, cercando il contatto caldo, con la segreta speranza di ricevere qualche regalino…

La biologia dei sentimenti, può orientare le scelte modificando quella variabile positiva che si chiama tempo. Si, perché, siccome ci sono aspetti positivi in ogni step anagrafico (dalla maggiore forza fisica, da giovani, alla maggiore disponibilità e capacità, in una fase più matura) si “può” e si “deve” imparare il “segreto della vita indefinita” che, poi, si racchiude in due paroline magiche:

autoaffermazione e autostima.

…E io ricomincio dal ciocco di legno: ricrescerò… bambina… e imparerò a volermi bene per sentire, sotto il sughero, il sangue scorrermi dentro… a plasmare “aliti” e “sentimenti” in tanti Pinocchio, amici dell’umanità!

Mariella Cipparrone & Giorgio Marchese