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Rispondiamo ad un insegnate di scuola dell’infanzia che vuole sapere come occorre comportarsi con allievi non cattolici, rispetto all’ insegnamento della religione cattolica.

“Sono un’insegnante di scuola dell’infanzia e le porgo un quesito: a scuola in questo periodo si parla del Santo Natale e poichè nella nostra sezione c’è un bambino Testimone di Geova mi chiedo come dobbiamo comportarci con lui visto che le attività didattiche sono quasi tutte riferite a questo argomento per non urtare la sensibilità dei genitori”.

La scelta di mantenere l’insegnamento della religione cattolica (IRC) nelle scuole pubbliche, che ha trovato accoglimento nell’accordo tra Stato Italiano e Chiesa del 1984, ha suscitato molte polemiche e critiche perchè uno Stato ‘laico’, come è definito il nostro dalla Carta Costituzionale, non dovrebbe privilegiare alcuna confessione religiosa.

Tuttavia, per assicurare la libertà religiosa dei singoli, l’insegnamento della religione cattolica è previsto come insegnamento facoltativo, per cui esso diventa obbligatorio solo per coloro che scelgono di avvalersene, mentre, per gli studenti che scelgono di non avvalersene, dovrebbero essere previste attività alternative, con insegnanti appositi.

Purtroppo la legge non disciplina i corsi alternativi all’insegnamento della religione cattolica, sicchè il problema della definizione delle attività alternative per i non avvalentisi è rimesso, nella pratica, agli organi scolastici.

Pertanto, nel caso specifico, l’insegnamento religioso, essendo facoltativo, dovrebbe restare fuori dalle normali attività didattiche, ed essere impartito, in apposite ore, solo agli allievi che lo hanno scelto al momento dell’iscrizione. Per gli allievi non avvalentisi dovrebbero essere previste attività alternative o, in mancanza, è la scuola a dover trovare una soluzione alle loro esigenze, che potrebbe anche essere l’allontanamento dalla scuola nelle ore di IRC.

Erminia Acri-Avvocato