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Dalla non accettazione al furto o smarrimento, dall’addebito delle spese fatte da altri agli “errori” sull?estratto conto. Altre dritte dalla nostra esperta di diritto dei consumi.



  • Con riferimento al primo quesito, può succedere che un negoziante non accetti la carta, soprattutto in periodo di saldi, quando sono più restii a pagare la commissione di circa il 3% legata al prelievo.

Innanzitutto, bisogna ricordare all’esercente che per contratto ha l’obbligo di accettare la carta. In secondo luogo, se questi insiste nel rifiuto, si può denunciare il suo comportamento all’ente emittente, che può essere una banca oppure una società, come Servizi Interbancari, che distribuisce la carta su diverse banche, per cui il negoziante rischia di perdere la convenzione.

  • In caso di furto o smarrimento, è fondamentale darne immediatamente comunicazione all’ente emittente. Quest’obbligo spetta al titolare della carta che, fino al momento della comunicazione, è responsabile di eventuali spese fatte da un terzo fino ad un massimo di 150 euro. Dopo la suddetta comunicazione, il titolare non è più responsabile. Queste regole, stabilite dalla Raccomandazione della Commissione europea del 30 luglio del 1997, valgono solo se il titolare non ha agito con colpa grave cioè quando si comunica l’evento con troppo ritardo oppure si trascrive il codice PIN in modo riconoscibile su oggetti che poi vengono smarriti o rubati insieme alla carta.

La comunicazione può essere fatta in qualsiasi modo, anche con una telefonata. Questa, tuttavia, è utile per bloccare la carta, ma non sempre è sufficiente per eliminare la responsabilità del titolare, perché vi sono degli enti emittenti che richiedono, a tal fine, una raccomandata, con allegata copia della denuncia fatta alle autorità, entro 48 ore lavorative dal blocco, a conferma.

  • Infine, in relazione al terzo quesito, se dall’estratto conto risultano addebiti di spese mai fatte oppure un duplice addebito di una stessa spesa, è possibile contestare l’estratto conto entro il termine di 60 giorni dal suo ricevimento. Se non ci si accorge degli errori in questo termine, il codice civile ( art. 1832 c.c.) riconosce al titolare un termine di 6 mesi per l’impugnazione. Il codice prevede, altresì, che l’ente emittente spedisca l’estratto conto con raccomandata e, poiché questo non avviene mai, il periodo di 6 mesi si allunga divenendo termine di prescrizione quinquennale.

Il reclamo va fatto per iscritto, secondo le modalità previste nel contratto firmato dal titolare con l’ente emittente. Comunque, si consiglia di mandare la contestazione mediante raccomandata. Una volta ottenuto il riconoscimento dell’errore, l’ente dovrà riaccreditare sul conto le somme addebitate per sbaglio e l’operazione dovrà tendere il più possibile a ripristinare la situazione precedente l’errore.

Su questo punto, si auspica, un intervento legislativo a livello europeo vista la carenza al riguardo.

Maria Cipparrone ( avvocato )

Questo articolo è stato realizzato con la collaborazione della dott.ssa Laura Trocino.