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Così come non c’è “rosa senza spine”, non c’è rapporto d’amore che non presenti risvolti dolorosi e sofferenti: come affrontarli da persona mature?



Carissimo “doc”, mi trovo in un momento particolare in cui sto valutando il fatto di interrompere il mio rapporto di coppia e, proprio per questo mi viene in mente di domandarti :

Quanto può influire la paura della solitudine sulla volontà di portare avanti, a tutti i costi, un rapporto sbagliato?

Se una persona non ha imparato a vivere correttamente la propria solitudine cioè lo star sola con se stessa, pur sentendosi parte di una collettività (le normali relazioni interpersonali), ovviamente avverte molto la paura di perdere chi ha accanto e quindi cerca di continuare un rapporto anche quando condizioni oggettive suggerirebbero di ripensarci…. Questo penso possa essere sufficiente … se hai bisogno di altri chiarimenti…

...Si…..una cosa si vede quotidianamente… soprattutto nelle coppie più anziane che, forse, se avessero vissuto il loro rapporto di coppia alcuni anni fa, magari avrebbero avuto più coraggio di separarsi e meno forza di sopportarsi (visto che oggi ci si separa molto facilmente)… Queste sono persone che, a vederle, tutto si potrebbe dire meno che stiano bene insieme ma, forse per paura della solitudine, non si sono separate ed è proprio per questo che volevo chiederti : quanto è importante un rapporto corretto e soddisfacente con se stessi (quindi con la propria identità) per riuscire a portare avanti un rapporto di coppia?


Se si impara quali sono gli obiettivi da raggiungere per dare un senso alla propria esistenza e per gratificarsi di tutto ciò che la vita ci offre, allora si sarà in grado anche di saper chiedere ad un rapporto ciò che serve per star bene in due da godersi, poi, anche da soli. E’ chiaro che se ciò non accade, si cerca, molte volte, una compagnia che serva per distrarsi, per trascorrere del tempo insieme, tempo non correttamente impiegato… perchè il fatto stesso che si cerchi di “far passare il tempo”, significa che si aspetta, in definitiva, il momento di morire! Quanta gente dichiara: “ho fatto qualcosa per ammazzare il tempo”!

Questa affermazione, decodificandola in maniera corretta, equivale a “non so cosa fare in attesa di morire”.


Conosco una persona, e tu sai di chi parlo, che non è in grado neanche di ammazzare il tempo….

…Allora la risposta è che quanto più si hanno le idee chiare su quello che serve per star bene, tanto più si è in grado di chiedere al partner qualcosa di utile per entrambi, per provare il piacere di svegliarsi ogni mattina e godere di quello che entra attraverso i cinque sensi e di ricambiare per il piacere di dare e per la riconoscenza di quello che il partner ci ha dato.

Una cosa che mi domando e di cui mi preoccupo… che riguarda l’amore e la vita di coppia, ma in questo momento non mi riferisco alla mia, ma a quella che sarà di vita di coppia futura di mia figlia…

Mi preoccupo di quello che lei vive, vede in me e dell’idea che si può fare dell’amore, delle sofferenze ad esso legato, di tutto quello che viene appresso ad un rapporto a due. Ovviamente non ti domando quanto siano importanti gli apprendimenti che lei ha vivendo con me…. so che io sarò il suo punto di riferimento… e proprio perchè sono consapevole di quanto i miei “esempi” saranno importanti, ti domando questo: E’ il caso che io cerchi di dare (con delle motivazioni) un’importanza minore al fatto che un rapporto finisce, che io possa minimizzare con frasi tipo “Non ti preoccupare! Morto un papa se ne fa un altro”? Cioè, qual è l’atteggiamento più corretto per una mamma, qual è l’apprendimento più corretto che una mamma può dare ad una figlia che assiste al suo rapporto amoroso con le crisi, con la fine, con tutto quello che ne può venire per far sì che un domani questa figlia, nel momento in cui si trovi ad interrompere un rapporto, o in un momento difficile, trovi un aiuto proprio negli apprendimenti che ha avuto per affrontare la cosa nel miglior modo possibile?

Una mamma, per dare degli apprendimenti corretti, cosa deve insegnare ai propri figli?

E’ corretto saperli educare!

In parte la risposta la trovi in ciò che ti ho detto prima… però posso aggiungere che, nell’educazione, nei confronti del figlio, c’è da mettere in evidenza che il ragazzo ha bisogno di imparare a realizzarsi attraverso le spiegazioni che un genitore può fornire in merito agli standard da raggiungere per una vita normale. Quindi è utile spiegare che, ad una certa età, per una ragazzina relazionarsi con un ragazzino è importante per una serie di fattori. Pian piano che si cresce, il rapporto di coppia diverrà via via più importante. Poi, per quello che riguarda il tuo caso, è utile spiegare a tua figlia che la tua condizione attuale di vita di coppia risente di errori del passato legati al non aver avuto l’opportunità di imparare a sviluppare correttamente la tua identità: questo ti ha portato a dare prevalenza al concetto famiglia rispetto alla realizzazione personale, in ordine di tempo. Noi sappiamo, invece, che correttamente, bisognerebbe ricercare la realizzazione personale, per poi pensare, in un futuro, a creare una coppia ed una famiglia. In tal modo tua figlia saprà come stanno le cose e non si preoccuperà più di tanto di quello che può vedere ed ascoltare attraverso te, delle tue delusioni eventuali; inoltre si renderà conto di avere alle spalle una madre come te: a queste condizioni è più “fortunata” di come sei stata tu.

Effettivamente lei, spesso, mi dice ” Io sono fortunata perchè ho una mamma bella, brava, intelligente e dolce”.

Vedi? Quando una cosa è logica ci trova tutti concordi!

Torniamo alle domande che possono riguardarmi più da vicino.

Magari , protraendo un rapporto che non funziona, si tradisce. Perchè poi, alle volte, il tradimento serve a capire e valutare di più la persona a cui si è ufficialmente legati?

Per più motivi. Innanzitutto frequentando altre persone con interessi particolari quali quello di averci un rapporto che può essere sessuale o tentare di avere un rapporto di coppia che preveda anche altri aspetti, si creano dentro di noi, dei parametri di riferimento nuovi.

Se tu hai conosciuto solo un uomo ed hai conosciuto in maniera più approfondita solo lui, e lo hai sposato, quali altri parametri hai per valutarlo? Tuo padre? Ma se tuo padre aveva delle difficoltà maggiori delle sue, probabilmente concluderai: “gli uomini sono fatti così, meno male che mi è capitato uno migliore di mio padre anche se poi non mi dà quello che mi servirebbe… ma che vuoi… con i limiti dell’essere umano maschile!”

Se invece conosci più uomini, potrai avere dei parametri differenti, con i quali concludere che questo eventuale nuovo compagno, è migliore del precedente, oppure avere la possibilità di rivalutare il partner “ufficiale” a cui si è ancora legati.

In questi casi, dal momento che l’esperienza è stata utile per riflettere meglio con se stessi, può essere presa in considerazione una bugia per difesa e per evitamento (non per inganno!) perchè non si è deliberatamente scelto di avere altri rapporti mentre si sta con una persona, ma sono state fatte delle scelte che poi ci hanno portato a capire quale fosse la soluzione più giusta.

Perchè in amore (ed anche nella vita in genere) si è creato, e questa è una cosa che ci arriva dal passato, il concetto del “maschio” con la sua prevalenza nella coppia, nella vita sulla “femmina” con la sottomissione, in alcuni casi di quest’ultima. Tutto questo da cosa nasce?

Nasce da elementi culturali del sud del mondo, di cui hanno grande responsabilità le maggiori correnti religiose (islamica, cattolica, giudaica, etc.).

Nelle zone geografiche dove non c’è questa influenza e dove il lavoro mentale prende il sopravvento su quello puramente fisico, la convinzione che l’uomo sia migliore della donna è sparita perchè alla prova dei fatti non regge. La cultura di base, infarcita da religione, ha la sua responsabilità su questo argomento, d ‘altronde, debbo dire che è stata l’evoluzione del concetto schiavismo: nel passato si aveva bisogno di manovalanza e quindi si trovava la scusa di utilizzare i popoli asserviti, sconfitti nelle guerre, per non pagare le manodopera; poi si è passato da questo concetto al valutare la donna inferiore per potere continuare ad essere serviti e riveriti anche se, come ho avuto modo di dirti più di una volta, la donna è corsa ai ripari per cui dietro una facciata ufficiale di “sottomessa”, in realtà ha spesso tessuto le fila della gestione familiare!

Purtroppo, io ritrovo questi atteggiamenti di disparità tra uomo e donna proprio nel mio ambito familiare….vedi i miei genitori!

Certo! Tuo padre non è svedese e tua madre non è finlandese!!!

...da noi… al sud… Mio padre, a tavola, dice a mia madre “prendimi questo, prendimi quello…. Ma non mi hai sentito!?”…. Sono cose che non concepisco e che non mi piacciono.


C’è da aggiungere un elemento in più. In questi casi si crea uno scambio realizzato mediante una comunicazione scorretta attraverso cui gestire il potere: tua madre gestisce un potere su tuo padre (attraverso i suoi operati quotidiani), lui l’avverte l’avverte, si infastidisce e cerca di fargliela pagare attraverso quello che hai descritto: si realizza, in tal modo un incastro nevrotico diffilmente dissolubile.

Si è sentito dire tante volte “due cuori e una capanna”, ma non è, non può essere così!

Perchè una coppia che, nella vita, non riesce a soddisfare alcuni bisogni primari (come quelli derivanti dalla mancanza di soldi e quindi dal sostentamento) spesso “scoppia”?

Per un motivo semplice. Tranne i casi in cui, per disastri ambientali o eventi bellici, una condizione economica tranquilla diventa improvvisamente disastrata, due persone che si amano, ma vivono condizioni economiche veramente disagiate, sono due irresponsabili, due illusi immaturi, per cui il rapporto non può funzionare “ab origine”!

Mi hai fatto sorridere con questa risposta…… è estremamente logica… come tutte del resto!

Grazie davvero, ci vediamo la prossima settimana.

Ciao

Con la collaborazione di Stefania Labate