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Un acuto osservatore della realtà pratica, ci propone un sistema di orientamento (testato con successo nella quotidianità professionale) da poter utilizzare per il ‘pianeta lavoro’, partendo dal concetto che le proprie risorse si gestiscono,non si sprecano.


Formazione e Lavoro – ” Proposte per un Uso Migliore delle Proprie Capacità”

di Francesco Chiaia – avvocato penalista –

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La Scelta (Prima Parte)

È passato del tempo dalla pubblicazione del primo articolo ( che potrei definire come una introduzione all’argomento V., se si è disponibili, la rubrica “Diritto Penale” del settore legale di questo Web Magazine ), ma ho avuto bisogno di riflettere sui contenuti di questa “raccolta di idee”, in veste informatica, ai fini di una migliore comunicazione.

Ed apro questo secondo articolo – che potremmo definirlo un primo capitolo, di un (forse) libro sull’argomento – con un vecchio adagio, tratto da una favola di Fedro, intitolata “la volpe e l’uva”, che recita “…nondum matura est”, ossia: quando, ad un certo punto della favola, la volpe tenta di arrivare ad un grappolo d’uva e non ci riesce, pur di non ammettere che non può arrivare alla frutta, per suoi limiti oggettivi, afferma che quest’ultima non è matura per essere colta.

In questo articolo tenterò di analizzare che cosa ha rappresentato nella mia mente il grappolo dell’uva, e la volpe che non riesce a coglierlo, nell’approccio al mondo del lavoro.

Ed infatti, l’adagio mi serve, soprattutto, per introdurre il tema di questo capitolo: vale a dire che ‘tutto dipende da noi stessi’, perché siamo noi ad operare delle scelte.

È mia intenzione provare a fornire, attraverso queste riflessioni, alcune proposte su cosa sia o cosa dovrebbe essere una scelta nell’ambito dell’attività lavorativa da intraprendere; consequenzialmente, tratterò della mia professione e, naturalmente, per come io sto verificando su me stesso.

Partiamo dagli studi universitari, per poi passare all’approccio lavorativo.

Una considerazione d’apertura: quando si intraprende una carriera di studi universitari, ci si dovrebbe chiedere qual è l’obbiettivo che si intende raggiungere secondo le proprie possibilità di quel dato momento storico.

Per quanto mi riguarda, all’epoca, il mio obbiettivo era quello di laurearmi; come se una volta laureato, avessi risolto la gran parte dei miei problemi; cosa che ho avuto modo di provare essere l’esatto contrario: invero, le domande che mi sarei dovuto porre, una volta concluse le scuole superiori, sarebbero dovute essere formulate in tali sensi: “E’ questa la disciplina nella quale intendo laurearmi?”; “Come intendo affrontare il corso di studi?”; “Che metodo di studio avrei adottato? E quale metodo di studio io conosco adeguatamente al punto da attuarlo con profitto?”; “Una volta conseguito l’agognato titolo di dottore in giurisprudenza che cosa farò?”; “Come intendo utilizzarlo?”; “Sarei diventato un professionista libero o un pubblico dipendente?”; “Che branca del diritto avrei approfondito?”; “Che tipo di praticantato ( o tirocinio che dir si voglia ) avrei inteso svolgere?”; “Presso quale tipo di studio legale professionale avrei effettuato la pratica forense?”.

A questi interrogativi – prima di intraprendere gli studi, e subito dopo essermi laureato – ho dato risposte sommarie, quando non superficiali, di certo insufficienti

D’altro canto, non potevo darmi risposte migliori, per il semplice fatto che non sapevo darmele; nessuno mi aveva insegnato a ragionare su questi dati né alla scuola media, né alla scuola media superiore (liceo classico) e nemmeno all’università. Quello che sapevo, all’epoca, era dovuto agli apprendimenti ed ai dialoghi tratti dal mio nucleo familiare, e se non hai vicino un essere umano disponibile ed autorevole, al di fuori della cerchia familiare, che sia in grado di fornirti messaggi utili in questo od in quel settore, le “cose” si complicano.

Infatti, nella maggior parte dei casi si procede per sperimentazione, vale a dire, per tentativi ed errori; mi si potrà dire che anche la scienza procede così. È vero. Ma è altrettanto vero che non sono molti gli esseri umani scienziati, ma poi, tutti hanno sviluppato e sanno usare adeguatamente la pazienza? In quanti sono disposti, per esempio, dopo il 3° “…tentativo non riuscito” a proseguire?

Il seguito alla prossima pubblicazione…a prestissimo!

francescochiaia