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Fra le opere più complete ed illuminate che trattano l’argomento in questione, è da considerare quella di un illuminato filosofo della Sorbona di Parigi: François CHATELET che, con la collaborazione di numerosi altri studiosi, ha pubblicato una “Storia delle Ideologie” a partire dall’antico Egitto e fino ai nostri giorni.

A noi interessa – in una visione temporale più ristretta – considerare l’influenza esercitata dalle ideologie sulle vicende politiche attuali e le relative conseguenze; ma, prima di procedere oltre, è opportuno definire il termine “ideologia”.

Ad una prima riflessione, la parola ci richiama alla mente un vocabolo che, apparentemente, sembra appartenere alla lingua greca classica; in effetti, (per come lo spiega acutamente il filosofo Jean-Louis Tristani) tale termine non è mai stato coniato dai pensatori greci, anche perché essi avevano già indicato con il vocabolo ” filosofia ” ogni attività speculativa del pensiero. Pur tuttavia, vale la pena analizzare la semantica della parola che si compone di due verbi greci: (che scrivo per come si leggono nella lingua madre) “EIDON” che è l’antico aoristo forte – corrispondente al nostro passato prossimo – del verbo “ORAO” e che noi traduciamo come “vedere”, e dall’infinito dell’altro verbo greco “LEGHEIN” che vale il nostro “dire”.

Dalla combinazione dei citati due verbi si ricava la seguente traduzione letterale: “il dire su ciò che si è visto”.

Ma in cosa consiste il “vedere” ? Esso è la prima forma della conoscenza, dalla quale deriva la percezione intellettuale; da ciò, quel termine greco tanto caro a Platone: l’IDEA, che costituisce il fondamento della sua filosofia.

Per Platone, quindi, le “idee” costituivano le uniche e vere realtà, incastonate in una dimensione metafisica – il mondo iperuranico – ,le cui caratteristiche di eternità, immobilità ed universalità costituivano i modelli primi , appena ravvisabili nell’imitazione imperfetta e caduca delle cose del mondo sensibile. Nasce, così, con Platone, il suo dualismo insanabile tra forma e materia, o, meglio, l’idealismo oggettivo che precede ogni realtà sensibile, ogni conoscenza esperienziale. Ma a Platone va pure riconosciuto il merito di aver conciliato l’ESSERE Eterno, Uno ed Immutabile di Parmenide con l’incessante DIVENIRE di Eraclito.

Con la filosofia idealistica tedesca del XVIII secolo, la realtà perde ogni caratteristica di oggettività, in quanto e l’ “IO” stesso che la prospetta, trasformando il concetto di IDEA da entità metafisica in entità trascendentale ( dove il termine “trascendentale” sta per “a priori”). Dall’IO creatore della realtà nasce quel dogmatismo, quell’assolutismo del pensiero che esclude ogni diversa e critica interpretazione della realtà e propugna la mistica del potere che si fonda su un’idea base dalla quale si svolge l’ideologia.

Il primo filosofo che formulò il termine “ideologia” fu il francese DESTRUTT de TRACY ( 1754-1836 ) , in una sua opera intitolata “Elementi di Ideologia”, nella quale affermava come la conoscenza si originasse dalle sensazioni e dalle idee, che, a loro volta, traevano sostegno dalle facoltà sensitive umane, memoria, volontà, giudizio che determinavano la logica e la morale.

Ma il vero significato del termine venne proposto da uno scritto di MARX ed ENGELS: ” l’ideologia tedesca “. Con tale trattato, i padri del materialismo storico negarono ogni validità al concetto di ideologia, in quanto essa inganna e travisa la realtà,la quale è, invece, determinata dallo svolgimento di eventi storico-sociali, causati dalla prevalenza capitalistica, oppressiva dei fattori economici legati alla produzione dei beni.

Nasceva, però, l’ideologia comunista, alla quale si contrappose l’ideologia nazista e fascista, figlia, anch’essa della filosofia idealistica tedesca accomunate, ambedue, dall’ideologia del “Partito Unico”; ambedue inneggianti al despota di turno ed al suo “Ipse dixit”; l’una, quella comunista, favoleggiando un’improponibile demagogia dei lavoratori; l’altra, quella nazi-fascista, ubriacando le masse con la mitica immagine del potere nibelungico, del primato della razza ( si leggano i “Discorsi alla Nazione Tedesca” di FICHTE, o le “Lezioni sulla filosofia della storia” di HEGEL ) o “dell’Impero che ritorna sui colli fatati di Roma”.

Al giorno d’oggi, sotto la spinta delle scienze sperimentali, il termine ideologia è divenuto materia di studio della Sociologia, i cui trattati analizzano tutti i fenomeni sociali, visti, sia collettivamente che singolarmente.

E così, si studiano i fenomeni comportamentali delle masse e dei singoli connotati dalle esasperazioni tecnologiche, dalle icone pubblicitarie che, con i loro messaggi subliminali, sono capaci di orientare e determinare scelte edonistiche; solo lo scienziato rimane immune da tali condizionamenti, perché il suo impegno è tutto teso alla scoperta delle leggi che regolano la natura e la realtà nella loro totalità.

Vi sono, poi, le ideologie di natura politica, basate, anch’esse, su un sistema di credenze, che svolgono la propria azione persuasiva che tenta di coinvolgere gruppi sociali sempre più vasti; e ciò, per aggiudicarsene il consenso. E’, questa, la caratteristica dei partiti politici che, negli scontri elettorali, ricercano la conquista spasmodica di un giudizio collettivo a loro favorevole, al fine di esercitare un vasto potere economico e non solo economico, che viene affidato, in definitiva, ad una èlite che amministrerà il mandato politico il cui obiettivo è quello di mantenere e rafforzare, nel tempo, la propria azione di governo.

Spesso sentiamo affermare dai più svariati mass-media la fine delle ideologie politiche, e non ci si accorge, invece, che esse si moltiplicano e proliferano per soddisfare interessi di gruppo che poco hanno a che fare con l’attuazione del bene comune.

Allorché nel 1948 l’Assemblea Costituente della nostra Repubblica riconobbe nei partiti politici uno dei pilastri della nostra democrazia, volle, altresì, sottolineare l’associazionismo libero, perché libera è la manifestazione delle idee; ed il pluralismo dei programmi politici era il sale della competizione elettorale, che, nei confronti dialettici si temperavano di comportamenti corretti, affinché l’elettore potesse esprimere il proprio voto, dopo attenta maturazione e valutazione dei vari principi programmatici esposti dai candidati.

Oggi, invece, constatiamo, con amarezza, come la lotta politica sia degenerata nell’invettiva, in argomentazioni capziose e barricadere, che annullano l’auspicio dell’antico Costituente Italiano.

Il grande statista inglese W. CHURCHILL affermava che: la democrazia non è, certamente, il miglior sistema di governo, ma , nella speranza di escogitarne uno migliore, bisognasse pur accontentarsi.

Ed infatti, da un trentennio circa, ivi comprese le ultime elezioni amministrative, i rappresentanti politici, più che svolgere un’attività propositiva e chiarificatrice dei loro intendimenti operativi, hanno dato vita ad aspri scontri personali, identificando e confondendo gli interessi collettivi con i propri; e quel che è peggio, coinvolgendo i cittadini nelle loro faide politiche, a guisa di tifosi esagitati, pronti allo scontro; ” Li cittadin de la città partita “, ammoniva Dante che aveva compreso la gravità della situazione politica della Firenze del suo tempo.

Sugli schermi televisivi in questi ultimi tempi si sono proposti, oltre ai leaders dei vari partiti, una miriade di gnomi e di coboldi che si sono lanciati in logorroici e ripetitivi proclami, spesso infarciti di sproloqui logici e grammaticali, che non hanno esitato nel sostenere corpose spese elettorali, pur di partecipare alla lotteria di un’effimera notorietà.

Eppure, basterebbe considerare la storia di quella città che fu culla della Democrazial’Atene del V secolo a. C., laddove lo Stato era gestito dalla sovranità dell’EKKLESIA- l’assemblea del popolo- costituita da tutti i cittadini, ognuno dei quali era libero di proporre un proprio testo normativo; dove ognuno aveva libertà di parola; dove le votazioni avvenivano a scrutinio segreto: dove l’organo esecutivo era affidato ad un consiglio di eletti in ragione di cinquanta per ogni tribù che costituiva il Demo di Atene, fra i quali estrarne, a sorte, un gruppo ristretto, il cui potere si svolgeva e si concludeva in una sola giornata, con una retribuzione assai modesta: tale e tanta era la paura della tirannide !

Era, questo, l’organo decisionale denominato ” BULE’ “; e tutti i “buletai” restavano in carica un solo anno; ancora, fra questi veniva scelto, anch’esso quotidianamente, il cittadino al quale affidare il sigillo della città, denominato “PRITANO EPISTATO”, la cui carica non solo durava un solo giorno, ma, addirittura, una sola volta durante tutta la sua vita.

Certamente lo sviluppo socio-politico attuale non può essere soffocato da un sistema così rigido; basterebbe, pero, una semplice integrazione costituzionale per dare credibilità al pluralismo partitico: limitare a non più di due legislature la partecipazione dei cittadini alle cariche politiche, per come già avviene per i Sindaci, evitando, nel contempo, l’indicazione dei propri successori, alla stregua degli imperatori romani.

Ma, soprattutto, si eviterebbe quel carrierismo politico che, per molti, è diventata una vera e propria attività professionale, lautamente retribuita, sontuosamente privilegiata, estremamente inoperosa.

Avrà la nostra classe politica, e specialmente i nostri deputati, la dignità democratica di autoriformarsi ?

E noi cittadini potremo immaginare un agnello che faccia salti di gioia all’approssimarsi della Pasqua ?

” Quando un popolo, sitibondo di libertà, trova per la sua sete

” coppieri malvagi, avviene allora che tutto si inebria, oltre il

giusto; supponi , allora, che chi detiene il potere non sia troppo

” remissivo e che non consenta ad elargire l’infinita libertà.

” Ecco, i governanti posti sotto accusa perché si dà loro colpa

” d’esser malvagi ed oligarchici.

” E i cittadini disciplinati sono coperti di disprezzo, mentre c’è

” gente che volontaria si fa serva; e ci sono padri che si fanno

” uguali ai figli e questi non hanno più rispetto dei genitori;

” E ci sono maestri che hanno paura degli allievi e finiscono

” per adularli; e gli alunni, invece, non tengono in nessun conto

” il maestro. I ragazzi si fanno simili agli adulti e li contrastano

” con azioni e parole. Ed i vecchi poi cedono in tutto ai giovani,

” mostrandosi arrendevoli in tutto e gentili.

” L’accumularsi di tutti questi caratteri rende suscettibile l’animo

” dei cittadini, per cui l’eccessiva libertà diviene ludibrio della

” stessa, e per uno Stato si tramuta in eccessiva servitù.

” In tanto marasma nasce e si sviluppa una mala pianta:

” la TIRANNIDE,-

Dal libro VIII della “POLITEIA” di PLATONE.-

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