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L’educazione all’amore, ai sentimenti è la cenerentola della pedagogia. Nessuno se ne cura esso cresce come può, di diritto o di traverso, a casaccio. A scuola o a casa si agisce come se non esistesse. Genitori e maestri riservano tutte le loro cure “all’intelligenza”, ma nulla fanno per l’affettività’. In genere alla domanda: che cos’è l’amore? Ognuno risponde secondo la sua personale esperienza di quel momento, per cui intorno a questo termine si è creato tutto un alone di significati che non riescono a renderlo intelligibile. ognuno dentro di sè non riesce ad avere chiarezza, pur avendo l’intuizione di che cosa si stia parlando.


Cerchiamo di analizzare, molto cautamente, questo intricato concetto dell’amore.

Etimologicamente il termine amore dal latino: AMOR+EM KAM+A dove per KA sta ad indicare: “desiderio”; e dove per A: “persona” – quindi – “desiderare la persona“.

Secondo il dizionario della lingua Italiana di Ottorino Pianigiani (F.lli Letigia Editori) Amore = Desiderio. I latini, con questa parola “Amore” intendevano significare un trasporto quasi involontario, una veemenza ed ardenza di passione quasi impensata, un sentimento più’animalesco che umano laddove per segnare la differenza tra l’amore dell’istinto e quello della ragione.

Un’altra definizione dell’amore la troviamo nel dizionario della lingua Italiana dell’UTET dove allo voce AMORE così recita: Affetto (moto dell’animo) intenso che tende al possesso del suo oggetto e all’unione con esso e spinge a preservarne l’essere e procurare il bene. Quindi, il termine indica che qualcosa nasce dentro ed agisce per acquisire quella forza interiore che si è prodotta. Un’altra definizione la troviamo nel dizionario di psicologia di Umberto Galimberti ed. UTET: AMORE indica un rapporto duale che ha, alla base, uno scambio emotivo di diversa intensità e durata, promosso dal bisogno fisiologico della soddisfazione sessuale e dal bisogno psicologico dello scambio affettivo, tema eminente di poeti e narratori. Questi autori hanno inteso interpretare l’AMORE come un sentimento di attrazione verso una persona dell’altro sesso e verso se stessi e gli altri che determina intorno ad essa una concentrazione di interessi, di pensieri, di azioni (possono prevalere ora i sensi, ora le facoltà spirituali).

L’amore nella letteratura è visto come una forza cosmica che tende a tenere uniti gli elementi dell’universo, contrapposto all’odio che tende a separarli (concezione introdotta dal filosofo e poeta greco Empedocle). Leopardi vedeva l’amore come la vita e il principio unificante della natura. Infatti, secondo una concezione -Pericle e panteisti-, l’amore era considerato come una forza vitale che governa la vita della natura.

La psicologia ha tentato di individuare, in quest’ambito, quali sono le componenti egemoni che intervengono nell’evento amoroso. La suddivisione è di C.S. Lewin. Questo ha contribuito a diffondere l’idea che ci possono essere diversi tipi d’amore. Questa divisione prevede:

a – L’Agape, che è una forma d’amore diretta verso l’altro per favorirne sopravvivenza e benessere senza attendere in cambio particolari gratificazioni (amore genitoriale);

b – L’Affetto, che ha le sue radici sul primitivo attaccamento del bambino alla madre e il cui proseguimento è la richiesta di vicinanza dell’altro e di familiarità;

c – La Phila, basata sull’aspettativa di una reale gratificazione da parte dell’altro che s’intende ricambiare.

E’ un amore che si nutre di sostegno e di attribuzioni di qualità positive dell’altro;

d – L’Eros, che ha le sue radici profonde nel desiderio sessuale che genera desiderio di possesso e di esclusività, non disgiunto dall’idealizzazione dell’amato e da una tendenza al dominio totale di lui o lei.


S. Freud considera l’amore secondo due punti di vista:

a – teoria degli istinti;

b – teoria dell’oggetto.


Nel primo caso l’amore è visto come il desiderio della soddisfazione sessuale, cioè la sua funzione è quella di fornire una soddisfazione istintuale; mentre nel secondo caso (teoria dell’oggetto) è visto come un insieme di manifestazioni del bisogno in rapporto con gli oggetti.

La distinzione tra l’amore che riconosce i bisogni e la realtà dell’altro, e quella che non li riconosce, si fa di solito contrapponendo l’amore oggettuale e l’amore infantile o amore dipendente. Le due modalità di amore, secondo Freud, non vanno separate perché, componenti narcisistiche e anaclitiche sono presenti in qualunque rapporto amoroso. Quando il soggetto raggiunge la meta sessuale (piacere), l’amore dovrebbe estinguersi; se ciò non accade è perché il soggetto, a parere di Freud -“può far assegnamento sicuro sul risorgere del bisogno è questa la prima ragione per fare un investimento duraturo sull’oggetto sessuale o per amarlo anche negli intervalli in cui il bisogno non si manifesta in maniera esplicita”. Freud continua dicendo che – ” oltre all’assegnamento sul risorgere del desiderio, l’amore trova un ulteriore sostegno nelle pulsioni sessuali inibite nella meta, su quelle non inibite, un grande vantaggio funzionale. Queste non essendo propriamente capaci di soddisfacimento completo, risultano particolarmente idonee a creare legami duraturi, laddove, di volta in volta, quelle direttamente sessuali perdono, per via del soddisfacimento, la loro energia e devono attendere di rinnovarsi mediante riaccumulazione della libido (energia) in modo che l’oggetto può essere cambiato”.

La teoria comportamentale, considera l’amore come una risposta appresa. H.L. Miller e P.S. Spiegel affermano che si tratta di una risposta ad un segnale di speranza generico, ad una diffusa e vaga aspettativa di piacere. L’oggetto d’amore, sia esso cosa o una persona, è un elemento di rinforzo generalizzato secondario e positivo. In altri termini, i comportamentisti ritengono che nell’esperienza d’amore, l’innamorato sperimenta sentimenti piacevoli e una riduzione delle ansie che lo assillano.

Il sentimento piacevole costituisce -“il rinforzo primario”, che, siccome insorge in presenza della persona amata, traduce quest’ultima in un rinforzo secondario che lascia supporre che al suo apparire emergeranno anche sentimenti piacevoli.

Secondo il mio modesto parere, la chiave di lettura del concetto di amore sta nella comprensione del processo evolutivo dello sviluppo dell’affettività. Si sa che il sentimento è l’attitudine a provare piacere o dolore oppure un misto (piacere e dolore), che accompagna l’intero processo vitale dell’essere umano. Sicché la vita non è che un tessuto di piaceri e dolori. Se dal tessuto volessimo levare tutto l’ordine costituito dei “fili piaceri” e poi tutta la trama dei “fili dolori” non resterebbe nulla. Quindi, piacere e dolore sono le due facce della stessa medaglia. Platone fa dire a Socrate, liberato dalle catene:…………………..come quale strana cosa quella che gli uomini chiamano piacere, e come mirabilmente si accorda col suo contrario, il dolore! Quando si prova l’uno, bisogna quasi sempre aspettarsi l’altro, se fossero legati e inseparabili. Se Esopo avesse posto mente a tale unione, ne avrebbe forse tratto una favola: avrebbe detto che Dio, volendo conciliare questi due nemici e non essendovi riuscito, si accontentò di avvincerli ad una medesima catena; d’allora in poi ogni volta che l’un arriva, l’altro lo segue necessariamente”.


Il piacere non è che cessazione di un dolore, quindi è un fatto negativo. Insomma il piacere non c’è, tale è l’opinione di Schopenhauer, tale quella del filosofo Gardano.: Altri filosofi, da Aristotele a Rosmini, considerano il piacere come un fatto positivo – effetto dell’attività della vita stessa -. I piaceri provengono, in ultima analisi, dall’esercizio normale della nostra attività, vale a dire proporzionale all’energia disponibile delle funzioni corporee e psicologiche. S. Freud, più di ogni altro, ha tracciato una teoria dello sviluppo affettivo dell’essere umano nel suo divenire storico. Egli considera lo sviluppo affettivo come una combinazione tra: determinate sensazioni delle serie – piacere dispiacere – e le corrispondenti innervazioni di scarica e la loro percezione. Freud ritiene che l’affetto è costituito principalmente da certe sensazioni, queste ultime, sono di natura duplice: le percezioni delle sensazioni motorie che si sono verificate; e le sensazioni dirette di piacere e dispiacere che danno all’affetto, come si dice, la nota fondamentale. Se non ci fossero i cinque sensi e il principio inconscio del piacere-dispiacere, per ogni essere umano la vita non avrebbe nessun motivo di essere vissuta nè conosciuta; per cui gli stadi di piacere e dispiacere gettano le radici per la formazione dei sentimenti di cui l’affettività è composta. Da queste considerazioni Freud arriva a formulare l’ipotesi dell’esistenza nell’essere umano di un istinto o pulsione libidica, motore dell’intera vita. Tutta la teoria di Freud è basata sull’importanza dello sviluppo della libido che avviene attraverso tre fasi: a) orale; b) anale; c) fallica. Quando questa energia libidica non è ostacolata nella sua espressione, durante tutta la fase evolutiva, si organizza e va a strutturare la personalità del soggetto e cioè: l’IO – ES – SUPER-IO. Quando, invece, questa energia è ostacolata, dall’educazione e dal mondo esterno perché frustranti, questa libido subisce una serie di vicissitudini che possono provocare quello che Freud chiama: fissazioni, che sono appunto le cause eziologiche delle nevrosi. E’ bene chiarire che cos’è per Freud la libido e come questa ci porta a scoprire il concetto di affettività. Dal libro: “Introduzione alla Psicoanalisi” alla lezione 21, pag. 372, Freud afferma che il termine indica quella forza con la quale si manifesta una certa pulsione (piacere d’organo) che chiama appunto: sessuale o piacere sessuale. Tutte le funzioni d’organo producono in sè un piacere che si configura come piacere sessuale. Infatti, il succhiare al seno materno, diventa il punto di partenza dell’intera vita sessuale; poi l’interesse passa alla zona anale e infine ai genitali. Freud chiama sessuali tutte le attività che nella prima infanzia sono volte al piacere. Se non ci fosse questo piacere, non ci sarebbe interesse del bambino ad apprendere il mondo esterno quale presupposto per rendersi autonomo e indipendente. E’ proprio il piacere che spinge il bambino a interessarsi del mondo esterno, per permettere alla sua energia di organizzarsi. Freud attribuisce all’Eros tutto ciò che appartiene all’ordine dei comportamenti vitali. A partire dal libro: “Al di là del principio del piacere”, egli utilizza la parola Eros come sinonimo di vita. La sessualità infantile è, infatti, l’unica funzione dell’organismo vivente che trascende l’individuo singolo e provvede a congiungerlo con la specie.

Una diversa visione, del concetto di amore ci è offerta dalla teoria P.E.A. (pragmatica, eclettica, analitica) del dr. Giovanni Russo, Medico psicoterapeuta. Secondo quest’autore l’amore è la forma di comunicazione più completa che l’essere umano può realizzare nel corso della sua vita nel trasmettere energia affettiva, che potenzialmente ha dentro. Quindi, l’amore diventa una necessità dell’energia affettiva umana di esprimersi, che l’essere umano deve appagare se vuole vivere in armonia con se stesso. Quindi, l’amore è l’essenza della vita; così come si cerca il cibo, aria, acqua, ecc. per il corpo; si cerca l’amore per la psiche. Immaginiamoci l’essere umano come se fosse una struttura di una casa, che per essere costruita ha avuto bisogno di mattoni, del tetto, delle finestre, delle porte, ecc.. Questa è la struttura organica della casa. Poi ci vuole il termosifone che funziona per rendere accogliente la casa. Una casa senza amore è un essere umano che ha una casa fredda.

L’amore, secondo Russo, è generato da – energia vitale umana -. Facendo l’analisi dell’amore ne vanno osservati i due aspetti fondamentali: a) il fisico; b) lo psichico. Se non esistesse la psiche – dice Russo – l’amore non lo si potrebbe nemmeno creare, oltre che esprimerlo, poiché nessuno avrebbe la facoltà: né di riceverlo; né di trasmetterlo. L’amore quindi, è un mezzo espressivo dell’energia affettiva che ognuno possiede, come nucleo potenziale di base, trasmesso geneticamente. Questa energia, così com’è, non potrebbe essere utilizzata, è necessario l’amore cinetico degli stimoli esterni per attivarlo (svilupparlo e poi utilizzarlo). Ci vuole l’amore potenziale, il cinetico – il tuo e il mio – che messi insieme danno il cinetico (il calore, il piacere, la vita). In altre parole, abbiamo bisogno dell’affettività cinetica, ovvero espressioni o modalità di espressione di energia affettiva che ci è fornita dal mondo che ci circonda (es: carezze – coccole – parole suadenti – sguardi dolci – attenzioni – rispetto – considerazione, ecc.,) perché si possa produrre quella vasta gamma di sentimenti, passioni, emozioni che sono appunto i derivati dell’affettività. Facciamo un esempio di come l’energia potenziale si trasforma in calore irradiante attraverso i sensi. Infatti, noi tutti possiamo verificare, in qualunque momento, che la carezza trasmette calore; quello che noi chiamiamo brivido di piacere che cos’è? Se non quella famosa reazione sensoriale che si determina tutte le volte che una mano calda o fredda viene a contatto con la nostra epidermide, per cui percepiamo delle sensazioni. Normalmente noi distinguiamo: sensazioni gradevoli e sensazioni sgradevoli a seconda se la carezza è fatta con una mano calda o fredda, oppure se la mano o l’oggetto che ci carezza sia di nostro gradimento oppure no. La carezza del nostro innamorato ci procura una sensazione piacevole di calore che s’irradia in tutta la struttura – corpo -; mentre la mano di una persona che non ci è gradita, per una serie di ragioni, ci procura dispiaceri o fastidi.


Ciò che non si è provato non si può trasmettere. Tutti abbiamo bisogno di usare l’affettività, di esprimerci con i sentimenti in tutte le relazioni umane; quando non lo facciamo – questa energia affettiva ci rimane bloccata dentro creandoci danni irreversibili che si manifestano sia al livello organico disturbi, che al livello psicologico disagio. Quindi è necessario scambiare affettività intesa come: – atto, sguardo, gusto, olfatto, attenzione, rispetto, donazione, rinuncia, sopportazioni, gentilezze, ecc., – che generano attivazione dentro di noi: l’energia incomincia a colorarsi in vari modi e cioè nascono: i sentimenti ,le passioni, gli odi, gli amori, le invidie, gelosie, ecc.; nascono tutte quelle manifestazioni che sono appunto i derivati dell’affettività. In conclusione l’amore è un mezzo espressivo più completo dell’energia affettiva psicofisica che si realizza mediante una relazione espressa in: parole, sguardi, baci, carezze, rispetto, educazione, odori vari, stima, accettazione dell’altro, sesso, rapporto pene vagina, empatia, ecc.. Senza questi aggettivi che ho elencato, la vita è un deserto freddo e arido. Senza espressioni di affettività l’essere umano non potrebbe sopravvivere. Se ora consideriamo i danni di una affettività non più povera, ma deviata fin dall’infanzia, per difetto di educazione, vedremo che essa è all’origine di numerose difficoltà – che, oggi più che mai, soffre una moltitudine di giovani. L’Amore deve essere visto, quindi, come scambio di energia – uno scambio è qualcosa che deve essere realizzato attraverso l’apprendimento -, di conseguenza la comunicazione è qualcosa che si apprende.

Stabilito che l’amore è comunicazione e che si sviluppa nel tempo; stabilito che correttamente è necessario che ci sia uno scambio d’amore; stabilito che questo si determina attraverso l’apprendimento e solo attraverso l’apprendimento, perché nessuno sa alla nascita che deve dare qualcosa, oltre che ricevere, ecco qui la necessità dello scambio per cui apprenderlo diventa un fatto normale: l’amore quindi, diventa uno strumento mediante il quale veicoliamo affetto – energia affettiva che produce – calore, piacere, ecc..

Ora se questo non lo si apprende correttamente, succede che l’energia affettiva di ognuno in potenza (ereditata), non si trasforma mai in amore, rimane bloccata dentro producendo tutta una serie di difficoltà o sofferenza varie, che si configurano in quelle che noi chiamiamo: carenza di comunicazione affettiva – ovvero – relazione scorretta con gli altri -.


Vediamo secondo Russo come avviene lo sviluppo dell’affettività dentro ognuno di noi. La natura umana – costituita da energia – prevede attivazioni continue: sia che giungano dal mondo esterno -da attrazioni varie – veicolate dai cinque sensi; sia che giungano dal mondo interno sotto forma di ricordi, derivanti da immagini e messaggi incamerati precedentemente. Abbiamo già visto prima che l’amore, in entrata, genera energia – calore – ricordi, sviluppando ciò che dentro abbiamo; e poi, in uscita, produce anche amore sotto forma di affettività che si manifesta: a) come richiesta; b; come donazione.

Vediamo come questo amore entra nella vita del bambino e come entra nella vita dell’adulto. I veicoli attraverso i quali i messaggi entrano nell’essere umano sono i sensi. Il primo oggetto d’amore del bambino è la madre, cioè quella persona che appaga i suoi bisogni con tenerezza. Il bambino sperimenta la gradevolezza dei suoi occhi, delle parole, delle carezze, il profumo che emana (odori), la dolcezza che esprime, la morbidezza degli oggetti che lo avvolgono (sensazioni gradevoli). Nella vita cercherà e riconoscerà quello che ha ricevuto e quindi sviluppato .Così un bambino che avrà dei messaggi sgradevoli -questi si incidono dentro- poi userà, nella relazione con gli altri, quello che ha ricevuto ottenendo delle risposte sgradevoli e cioè: rifiuto, frustrazioni, freddezza, ecc.. Se invece, ha ricevuto messaggi all’insegna dell’affettività positiva, gradevoli, teneri, userà, nella relazione con gli altri, gli stessi messaggi, ottenendo in risposta: accettazione, amore, gradevolezza, calore, ecc.. Quindi, bisogna stare attenti a come trasmettiamo i messaggi ai bambini. Ricordiamoci che le parole sono i veicoli di energia (neutrergica, aggressiva, affettiva) – positiva, negativa o mista-, perché saranno questi pulstimoli (parole) ad incidere nella mente di ogni bambino, che poi saranno le stesse , ovvero la stessa energia ad essere usata nella relazione con gli altri. Nell’adulto è ancora più importante saper usare la parola come veicolo di trasmissione di richiesta affettiva. Perché, mentre nel bambino, all’inizio, tutti sono disponibili a dargli parole dolci, carezze, baci, poi strada facendo, man mano che cresce, sembra quasi che non sia più giusto dargliele, vi subentra un sentimento di vergogna e quindi non bisogna più farlo – comunque queste parole dolci si danno sempre più di rado fino a scomparire del tutto perché sembrano delle sdolcinature. L’adulto, che non è altro che un bambino cresciuto, queste parole dolci le vorrebbe risentire e le va a cercare dovunque e dove le trova ci si affeziona immediatamente. Quello diventa il grande amore; ma in realtà la persona ci dà quello che ci serve in quel momento e quindi ci si lega ad essa. Quello che si è detto per la parola, vale anche per gli altri sensi: olfatto, gusto, tatto (baci), udito. Quando il bambino vive in un ambiente affettivo positivo, nell’adattarsi all’ambiente, gli riesce più facile interagire con gli altri, perché più disponibile a conoscere le nuove esperienze e si lascia facilmente penetrare dai messaggi, sviluppando così le sue potenzialità con una personalità armonica. Quando, invece, il bambino vive in un ambiente poco affettivo, o affettivo negativo, o aggressivo negativo, la vita gli diventa frustrante, con grosse difficoltà di adattamento. Alza delle barriere difensive allucinatorie per compensarsi – diventa un sognatore – e nello stesso tempo si chiude alle esperienze e non si lascia penetrare dai messaggi provenienti dal mondo esterno. Questa condizione produce poco sviluppo delle sue potenzialità con conseguente strutturazione di una personalità disarmonica. Russo sostiene che i bambini imparano ad amare solo se ci sono genitori che insegnano loro ad amare; viceversa essi non lo sanno fare e quindi non lo potranno mai manifestare, ovvero troveranno una serie di difficoltà nel rapporto interpersonale. Se una persona non ci ha mai fatto una carezza, noi non sappiamo cosa vuol dire fare una carezza, e siccome non lo possiamo sapere, non lo sappiamo nemmeno esprimere. Ciò che non si è provato, non lo si può trasmettere. Spesso l’essere umano usa solo aggressività (movimento) positivo o negativo in tutte le sue manifestazioni per appagare i suoi bisogni, perché è la strada più semplice ( è un tipo di energia che l’essere umano ha sviluppato più facilmente rispetto alle altre qualità energetiche: neutrergia – o energia mentale – e affettiva) e cerca poi di ottenere tutto con l’energia che più ha sviluppato. C’è tanta gente che con aggressività esprime amore, e chiede amore, chiaramente per risposta ottiene: rifiuto. Perché nessuno è disposto a dare affettività in cambio di aggressività negativa. Molte persone, nei rapporti interpersonali usano atteggiamenti freddi, duri, perché non sono capaci di manifestare affettività positiva e spesso si mascherano dietro l’etichetta di perbenismo e di superiorità, pretendendo in cambio affettività positiva e accettazione dagli altri. In verità non possono che ricevere rifiuto , freddezza. Questo vuol dire che il soggetto ha l’affettività bloccata dentro, perché ha paura di esprimerla. Nel corso della sua vita ha dovuto turlupinare un po’ di affettività per paura di essere indotto o essere ricattato a fare qualcosa che non avrebbe voluto fare in nome dell’affettività, vivendo l’affettività stessa come una condizione. Ora, se questa condizione -ricatto- non la desidera, rifiuta anche di esprimere la sua energia affettiva – bloccandola -.Spesso in alcune sub-culture, domina l’idea che manifestare affettività da parte dell’uomo (cioè esprimersi con i sentimenti) significa essere deboli, indifesi, donnicciola. Mentre manifestare durezza, rigidità, pugno di ferro, significa essere un uomo che vale, che si fa rispettare, che è virile. Queste idee sono così scorrette che portano, inesorabilmente, al blocco della caldaia – affettività – e quindi disagio nelle relazioni con gli altri e con se stessi. Vi lascio immaginare quanto sia importante avere uno sviluppo corretto di questa affettività.

Attivato il bisogno di amore, dalla pulsione interna (ricordi) o da stimolazioni esterne, se ne cerca l’appagamento. Molto spesso lo si trova in circostanze favorevoli tra gli esseri umani che ci circondano. Costoro, generalmente, si trovano in analoghe circostanze e quindi disponibili, per attrazioni varie all’appagamento del bisogno: amore. Spesso questo bisogno, specialmente nell’età adolescenziale. quando si accompagna a piaceri epidermici, è scambiato per divertimento, passatempo, al quale dar poco valore o addirittura lo si connota come travisamento o vizio. Quando non si trova la disponibilità dell’altro, all’appagamento del bisogno amore, la natura, come equilibrio compensatorio, ai tanti affanni e dispiaceri giornalieri, ci ha fornito dei cinque sensi – strumenti – che, oltre a permettere al mondo esterno di entrare dentro di noi per apprenderlo, sono usati anche come veicoli eccitatori per la mente umana per produrre piaceri compensatori. Lo dimostra l’impulso che tutti proviamo quando subìto un grande dolore o anche una frustrazione, andiamo alla ricerca di piaceri compensatori quali: affettuosità, coccole, carezze, gioco, cibo, sigarette, alcool, droghe, ecc. Se questa ricerca di piaceri compensatori diventa un’abitudine, essa può degenerare in tutte quelle affezioni che vanno sotto il nome di: bulimia, alcolismo, tabagismo, droga, ecc..

In conclusione, la qualità e la quantità di calore che sentiamo dentro, dipende da come lo abbiamo ricevuto e quindi sviluppato. L’affettività dunque è un bisogno primario psichico, senza il quale il bambino o la bambina si lascia morire, mentre l’adulto lo vive con sofferenza. Essa è un’attivatore del principio di conservazione della vita psichica senza il quale il bambino/a si lascia impigrire. E’ come se il bambino non vuole conoscere ciò che lo fa soffrire, si chiude dentro e non si lascia accadere nel suo divenire storico.. Vi lascio immaginare se il bambino sperimenta un cattivo rapporto con la figura che si prende cura di lui, ovvero colei che lo ha abbandonato. Nella vita cercherà e si comporterà con il tipo di energia che ha ricevuto e quindi sviluppato.

L’energia affettiva serve dunque, come alimento di tutta la mappa della personalità -dice Russo- e l’abbiamo tutti, e questo lo possiamo verificare perché attraverso i sensi, in entrata e in uscita, si trasforma in calore irradiante. Questa energia affettiva, dopo l’elaborazione del pensiero, in uscita, si trasforma, mediante apprendimenti, in: emozioni ( sentimenti, passioni, umori, ecc.). Quindi, l’amore non è altro che le diverse espressioni dell’energia affettiva in entrata, in elaborazione, in uscita ed è l’essenza della vita di relazione con se stessi e con gli altri. Così come si cerca il cibo – per il corpo -, si cerca l’amore per la psiche, e cioè pulstimoli che servono alla nostra energia potenziale perché diventi cinetica. Tutti sappiamo che un bacio ci infiamma, una carezza ci sconvolge. E’ possibile che una carezza fatta ad una guancia o un bacio sconvolga tutta una persona? No, perché la quantità di energia affettiva che trasmette quella mano o quel bacio, non è in proporzione tale da dover sconvolgere quella persona. In realtà succede che quell’energia innesca, in chi la riceve, una pulstimolazione che va ad attivare l’energia potenziale che ognuno ha dentro e si scatena producendo le emozioni. Noi abbiamo detto che l’energia affettiva potenziale esiste in tutti gli esseri umani, però così com’è in potenza, non scalda, non può essere utilizzata se non viene pulstimolata dall’esterno: Che vuol dire? Che fin da bambini, abbiamo bisogno dell’amore cinetico, ovvero espressioni o modalità di espressioni di energia affettiva che ci è fornita dal mondo esterno. Es. coccole, carezze, baci, abbracci, parole suadenti, gentilezze, rispetto, accettazioni, rinunce, regali, considerazioni, ecc., perché si possa produrre calore e sviluppare quella energia affettiva potenziale che abbiamo dentro per usarla in presenza di stimolazioni. L’amore in entrata moltiplica e aumenta l’energia potenziale. Quest’energia, in uscita, genera affettività sotto forma di: amore, ovvero espressioni o modalità di espressioni di energia (carezze, coccole, sguardi dolci, suoni gradevoli, ecc.). Va da sé che la qualità di queste espressioni energetiche, dipende da come le abbiamo ricevute ovvero da come ci sono state trasmesse.

Ora, se vogliamo sentire il piacere delle dinamiche energetiche affettive positive, dobbiamo prima sviluppare l’energia affettiva che abbiamo dentro e poi imparare a usarla come scambio con l’altro/a in una forma a feedback, che ne permette lo sviluppo.

 Giovanni del Mastro (sociologo psicoterapeuta – Docente SFPID)