Basterebbe poco in fondo!
Un po’ di intuizione, posare lo sguardo al posto giusto, autonomia dalle cose materiali che ci rende liberi e non schiavi della futilità e il senso di avventura. Di volere viaggiare a occhi chiusi con la mente, arrivare nei luoghi già visitati o da scoprire e costruire su una bella trama che possa tessere una parte della vita.
E così, in questo piovoso mattino di festa, con un volo rapido ma intenso, mi ritrovo su di una panchina affacciata ad un belvedere, dove lo sguardo non inciampa.
Le linee sono completamente diverse da quelle cui siamo abituati, è un paesaggio diverso, un tempo diverso ma non tanto lontano.
Mi capita da un po’: appena vado, provo immediatamente il desiderio di ritornare. Ed è così veloce che comincio a non avvertire più la voglia di andare. Come se si fosse spezzato qualcosa, non di colpo, ma sfilacciandosi poco alla volta, fino a che anche l’ultimo legame ha ceduto. La reazione immediata è un dolore acuto, penetrante, che toglie il fiato lacerando.
L’ultimo foglio. Scrivo sull’ultimo foglio bianco, vagando con la mente senza incastrarla. Mi fermo un istante abbassando lo sguardo, aspettando di sentire per potere ascoltare e provando a dare, ancora una volta, una risposta.
Perplessa. E forse anche un po’ stupita dalla trasparenza che regna nelle cose all’interno quando ci si parla con chiarezza, ci si guarda senza nascondersi. È la verità, in fondo è la verità. Non merita nessuna paura.
Parlo col linguaggio del corpo.
Con le palpebre che si abbassano sugli occhi a capire, ma, talvolta, anche a non voler vedere.
Con le mani, sempre più spesso. Quando impugnano l’arma della verità più sincera o si stringono in pugno a non voler concedere.
Con lo sguardo. Che si poggia dolcemente ad indagare e sfugge, quando si protegge a non volersi lasciare attraversare.
Non si può mai essere sicuri di avere imparato tutto! C’è sempre qualcosa da scovare, da smontare, verificare.
Un momento di confusione. A volte le cose arrivano dall’esterno in un modo distorto e non riesco proprio a capire se troppo mi fido della percezione impregnata dagli apprendimenti del mio passato, oppure se è reale questo “sentire” e va assorbito tutto, senza porre nessuna resistenza.
Già…, ma quando il desiderio di una carezza si farà vivo e tormenterà le nostre serate avvolte nella sola carta, come si farà?
Quando sbirciare sopra i tetti allungando lo sguardo nella profondità del cielo, non basterà più a rendere quel senso di pienezza che si avverte ora e dà la pace, di cosa andremo in cerca?
Quando il senso di aver perso l’orientamento sarà talmente forte che penseremo di camminare barcollando avvolti dalle vertigini più violente, e non ci renderemo conto che stiamo perdendo la sicurezza di avere una posizione nello spazio, quale sarà la mano che ci verrà tesa?
L’amor proprio, l’amore verso se stessi.
Mi stai chiedendo come mi sento?
Mi fermo ad ascoltare il battito del mio cuore quando in realtà sto anticipando un po’ d’ansia che spaventa e mi sforzo di pensare che sia solo un’accelerazione dovuta ad una bella emozione che mi preparo a vivere. Ci riesco e, così, mi rilasso.
Apro e chiudo gli occhi cercando di percepire il rumore delle mie ciglia, pregustando uno scenario che si possa allontanare dalla realtà della vita. E allora, una donna anziana e triste e povera vicino ai rifiuti in un quartiere disastrato mi appare come una fata di un regno favoloso, circondata dal cinguettio di mille piccoli uccelli.
Il tempo scandito dai segni che appaiono sul mio viso, lo avverto come una nuova giornata da vivere, che non cancella quella appena passata.
Vivere l’interezza per scoprire cosa c’è dietro l’angolo fa parte della sete di conoscenza che mi appartiene, che ritrovo scritta nel mio codice genetico e che non mi farà mai invecchiare.
L’idea di guardare l’orizzonte mi consente di allungare lo sguardo senza inciampare, che non vuol dire non cadere, ma sapersi rialzare col sorriso. Credo fermamente ci sia sempre molto altro, l’importante è non perdere il gusto, non perdere il piacere, la ricerca del piacere. E godere del momento.
La libertà di amare senza limiti? Raggiunta quella, non vorrò più niente dalla vita!
Fernanda (20 febbraio 2010)
Lucio Dalla-(Dalla, 1980) – Cara
Cosa ho davanti, non riesco più a parlare
dimmi cosa ti piace, non riesco a capire, dove vorresti andare
vuoi andare a dormire.
Quanti capelli che hai, non si riesce a contare
sposta la bottiglia e lasciami guardare
se di tanti capelli, ci si può fidare.
Conosco un posto nel mio cuore
dove tira sempre il vento
per i tuoi pochi anni e per i miei che sono cento
non c’è niente da capire, basta sedersi ed ascoltare.
Perché ho scritto una canzone per ogni pentimento
e debbo stare attento a non cadere nel vino
o finir dentro ai tuoi occhi, se mi vieni più vicino………
La notte ha il suo profumo e puoi cascarci dentro
che non ti vede nessuno
ma per uno come me, poveretto, che voleva prenderti per mano
e cascare dentro un letto…..
che pena…che nostalgia
non guardarti negli occhi e dirti un’altra bugia
Ah.. Almeno non ti avessi incontrato
io che qui sto morendo e tu che mangi il gelato.
Tu corri dietro al vento e sembri una farfalla
e con quanto sentimento ti blocchi e guardi la mia spalla
se hai paura a andar lontano, puoi volarmi nella mano
ma so già cosa pensi, tu vorresti partire
come se andare lontano fosse uguale a morire
e non c’e’ niente di strano ma non posso venire
Così come una farfalla ti sei alzata per scappare
ma ricorda che a quel muro ti avrei potuta inchiodare
se non fossi uscito fuori per provare anch’io a volare
e la notte cominciava a gelare la mia pelle
una notte madre che cercava di contare le sue stelle
io li sotto ero uno sputo e ho detto “OLE'” sono perduto.
La notte sta morendo
ed e’ cretino cercare di fermare le lacrime ridendo
ma per uno come me l’ ho già detto
che voleva prenderti per mano e volare sopra un tetto.
Lontano si ferma un treno
ma che bella mattina, il cielo e’ sereno
Buonanotte, anima mia
adesso spengo la luce e così sia
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line