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Ho spesso visto persone diventare infelici per essersi accontentate di risposte inadeguate o sbagliate ai problemi della vita; cercano la posizione, il matrimonio, la reputazione, il successo esteriore o il denaro, e rimangono infelici anche quando hanno ottenuto tutto ciò che cercavano. Persone del genere, di solito, sono confinate in un orizzonte spirituale troppo angusto: se fossero vissuti in un’epoca, in un ambiente nel quale l’uomo attraverso i miti era ancora in rapporto con il mondo ancestrale e, quindi, con la natura sperimentata realmente e non vista solo dall’esterno, avrebbero potuto evitare questo disaccordo con sé stessi. È fin troppo chiaro che se il singolo non è realmente rinnovato nello spirito neppure la società può rinnovarsi poiché essa consiste nella somma degli individui. (Carl Gustav Jung – “Ricordi, sogni, riflessioni”)

Cari Lettori, nonostante la  nostra non poca esperienza di vita e professionale che dovrebbe prepararci a realtà di ogni genere, una delle riflessioni che, maggiormente, irritano la nostra mente ogni volta che osserviamo “anomalie comportamentali” (eufemismo per significare i vari tipi di scorrettezze e le varie manifestazioni di maleducazione) riguarda la doppia bestemmia che si rivolge a quell’ipotetico Padreterno che, Tutto, avrebbe creato.

La prima, nel momento in cui ci si allontana dai dettami del più elementare rispetto del senso civico, etico e morale.

La seconda quando, addirittura, si pretende di dimostrare la piena ragione delle proprie azioni.

L’acume è la perfezione della ragione, mentre la furbizia è una specie di istinto che porta a cercare solo il proprio interesse” (Joseph Addison).

Poco tempo fa, abbiamo avuto modo di ascoltare una giovane adolescente confidarci: “Io non sopporto mio padre perchè è un bugiardo cronico pur dichiarando di essere onesto e, quando, qualche volta, riusciamo a smascherarlo in maniera inequivocabile, prima si arrabbia e ci accusa di volerlo svilire e, poi, conclude che si è trattato soltanto di uno scherzo!”.

Predicare bene e razzolare male…

Coloro che si autodefiniscono persone “a modo”, si presume che siano in grado di comprendere il concetto di onestà interiore. Il fatto è che, sempre quell’ipotetico Padreternoci ha dotato di un meccanismo di “preavvio” (che dovrebbe funzionare solo per i primi tempi) chiamato Egocentrismo narcisistico.

In pratica, una sorta di assenza morale per riuscire a chiedere anche l’impossibile, pur di restare in vita (pensiamo a quanta dedizione sia necessaria per “custodire” un bimbo. Purtroppo per tutti, però, la maturazione verso il riconoscimento del rispetto reciproco, non procede, automaticamente, percorrendo la via dell’accrescimento anagrafico.

Per migliorare, infatti, partendo da buoni “Modelli Operativi Interni” (corretto legame fra genitori e figli e adeguati sistemi educativi), sono richieste dosi quotidiane di “sane porzioni” di frustrazioni. Nei confronti delle quali, però, ognuno prende le distanze.

Con un simile, immaturo, modulo software, ciascuno resta convinto di essere nel giusto, anche di fronte a qualsiasi richiesta o azione a danno altrui.

In pratica, si finisce col restare invischiati in una sorta di magma colloidale che, orientandosi verso le gradazioni dei disturbi narcisisitici di Personalità, sfiora, come una meteora, anche gli ambiti “antisociali” colorandosi di disonestà (e relative menzogne), irresponsabilità e mancanza di rimorsi.

In ogni tempo si sono sempre fatti spazio, in ambito sociale e in particolare, in politica i furbi che parlano di sacrificarsi per il bene comune ma in realtà badano a curare il proprio “particulare”.

Dominano per un po’ la scena finché la loro stessa inefficienza, prima o dopo, li porta, in vario modo, a dover abbandonare il potere.

Oggi chi arriva a comandare usa le tecniche in vigore in questo tempo. Un uso abile e furbo assai dei media per far breccia nel popolo sovrano, che è frastornato e imbambolato da decenni di tv edonistica e spesso banale.

Nei momenti di crisi particolarmente acuti il cittadino avverte un malessere fisico, culturale e sociale che non sa come curare.

Volendoci rifare al passato remoto,  “disturbiamo” la Bibbia e riportiamo quanto scrive il Profeta Michea : “I capi governano solo in vista dei regali, i sacerdoti insegnano solo per lucro, i profeti emettono oracoli solo per denaro”. Una società in cui si crea un vero e proprio stravolgimento dei valori.

Come commento a questa degenerazione, che spesso ci vede conniventi, il Profeta Isaia scriveva “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene, che scambiano la tenebra per luce e la luce per tenebra, che mutano l’amaro in dolce e il dolce in amaro”.

In una Società capitalistica come la nostra, dei cosiddetti “vuoti a perdere mentali” è apprezzata in sommo grado la sarcastica affermazione ottocentesca del poeta Vincenzo Padula: “chi non ha, non è!”

Oggi i profeti sono per lo più quegli intellettuali (volendoli così definire, per comodità) inseriti nel libro paga dei vari potentati, avendo il compito di presentare e pubblicizzare ogni cosa nel modo che, ai rispettivi datori di lavoro, più aggrada.

Il politico furbo elabora un suo percorso e poi con abilità ci convince che è il nostro percorso da fare per raggiungere il bene, la sicurezza, addirittura la felicità.

Per fare ciò è costretto a disseminare il terreno di bugie che, all’inizio, per la tradizionale credulità dei più, vengono prese per oro colato.

Un famoso psicologo statunitense, il contemporaneo Howard Gardner sostiene che ci deve essere un equilibrio tra l’impegno, l’etica e l’eccellenza per poter diventare grandi professionisti.

Non si raggiunge l’eccellenza se non si pensa di superare la soddisfazione del proprio ego, delle proprie ambizioni e della propria avarizia. E, soprattutto, se non ci si impegna in obbiettivi che vanno oltre le proprie necessità, che guardano alle esigenze di tutti. Questo esige etica perché, senza principi etici, si può diventare ricchi o tecnicamente preparati, ma non eccellenti.”.

La correttezza prevede, o meglio, dovrebbe prevedere, situazioni di reciproco scambio (termine molto inflazionato, ed utilizzato quasi sempre, e a torto, in un’accezione negativa) attraverso le quali, questa, deve, necessariamente, estrinsecarsi nella sua migliore espressione.

Purtroppo, sono veramente rari i casi in cui, nei rapporti intersoggettivi, tale criterio viene proposto nella sua nobiltà di concetto. Ormai, troppo spesso nel teatro della nostra vita, assistiamo alla rappresentazione folcloristica della realtà dei furbacchioni. Pare, addirittura, che, il regista di questo “spettacolo”, abbia grosse difficoltà ad arginare il flusso di attori e comparse che, quotidianamente si offrono volontari per salire sul palcoscenico, al fine di poter recitare qualsiasi parte.

E senza bisogno di copione alcuno!

L’italiano ha un tale culto per la furbizia che arriva persino all’ammirazione di chi se ne serve a suo danno” (Giuseppe Prezzolini)

Ritornando all’argomento principe di questo editoriale, possiamo scrivere, attenendoci alla realtà che ci circonda, che la correttezza non è, di certo una delle cose più conosciute di questo mondo, o per meglio dire, è molto conosciuta e, per questo, molto evitata. Per comodità!

Infatti, a conferma di quanto proposto, vi invitiamo ad osservare e ad ascoltare un furbetto, uno di quelli che, ogni tanto, viene smascherato da programmi televisivi come “Le Iene”! Dinieghi, giustificazioni, teorie fantasiose fino a giungere, finanche, alla creazione di versioni spazio – temporali assurde, calate in contesti eterei che, per taluni aspetti, portano a sconfinare in disturbi borderline (o peggio).

Purtroppo di frustrazioni, nell’arco di una sola giornata, ne dobbiamo subire tante, ed ecco uno dei motivi dei molti gesti inconsulti che apprendiamo dalle fonti d’informazione; gesti, nella maggior parte dei casi, frutto di esasperazione.

Ma c’è di più.

Infatti, con considerevole frequenza, assistiamo al coniugio di comportamenti spregevoli e mancata riconoscenza: un binomio che costituisce uno dei momenti più bui della vita di un essere umano.

A conferma di ciò, e cioè, della pregnanza dell’argomento, riportiamo un’antica massima sempre più attuale: “Non fare del bene se non sei preparato a ricevere il male”.

Ma come ci si può difendere da tutto ciò?

Cari Lettori, in questo Universo, poche sono le cose certe. Ad esempio, gli scienziati convinti che tutto si basasse su poche particelle elementari, sono franati di fronte alla presenza di energia e materia oscura che scombina la possibilità di prevedere reazioni future.

Eppure, nonostante questa evidenza, ci possiamo difendere dai colpi dei “parassiti”, di certo, non isolandoci, visto che l’essere umano ha bisogno di relazionarsi con la realtà che lo circonda.

Molto più adeguato il coltivare l’immenso campo della propria personalità ed ottenere, come conseguenza logica, la propria evoluzione maturativa o, come dicono alcuni autori anglosassoni, una adeguata “Mentalizzazione”.

Attenzione, però, senza un impegno severo e continuativo, si potrà puntare, al massimo, a scimmiottare personaggi di collodiana memoria, antesignani della diversa abilità.

E, rifacendoci alla particolare immagine di copertina, proviamo ad analizzare il messaggio che Carlo Lorenzini (alias Collodi) ha tentato di inviare all’Umanità attraverso il suo Pinocchio. Il nome, Pinocchio appunto, deriva dalla composizione delle parole “pino” e “occhio”. Il pino è l’albero i cui frutti, i pinoli, hanno la stessa forma della ghiandola pineale, che nella tradizione esoterica rappresenta appunto il “terzo occhio”.

E chi non ricorda il gatto e la volpe che, con i loro raggiri, cercano di distrarre il burattino dal suo percorso di trasformazione in essere umano attraverso un meccanismo di “scavo” e “consapevolizzazione” interiore, provando a diventare i suoi falsi amici fuorvianti, carichi di menzogne e false promesse?

E il processo che vede condannato Pinocchio pur essendo parte lesa (in quanto derubato dai due lestofanti summenzionati)?  

Se ad una prima osservazione la conclusione potrebbe sembrare paradossale, approfondendoci nelle riflessioni, si evidenzia l’allusione al fatto che siamo noi, i soli e unici responsabili di quanto ci accade.
Questa bella storia rappresenta, quindi, il percorso verso il risveglio dell’essere, attraverso il bisogno di essere “individuati” da un simbolico Padre che, attraverso il suo simbolico “riconoscimento” ci dimostra il suo Amore.

“Non è tanto quello che facciamo, ma quanto amore mettiamo nel farlo. Non è tanto quello che diamo, ma quando amore mettiamo nel dare” (Madre Teresa di Calcutta)

Cari Lettori, come di consueto vorremmo accomiatarci lasciando che le nostre e le vostre emozioni vengano colorate da opportuni spunti giunti attraverso musica e parole. Questa settimana abbiamo scelto un testo di Antonello Venditti che, alla stregua dei principi espressi attraverso i passi biblici prima riportati e il nesso morale della storia di Pinocchio, esprime (attraverso la simbologia del rapporto di coppia) il bisogno di perdonarsi dei “tradimenti” che operiamo verso noi stessi, passando dalla perdizione dell’effimero alla riconquista dell’Amore.

E’ sempre il più furbo che, alla fine, pagherà per tutti, invecchiando sotto il pezzo di carcere che lo ha sepolto (Vincenzo Andraous)

Dalla Pelle al Cuore

Il sesso fa partire
l’amore fa tornar da te
e dalla pelle al cuore
che adesso sto davanti a te
So che mi perdonerai
mi devi perdonare
so che tu ce la farai

e dalla pelle al cuore
che devo ritornare
senza più parole
senza farti male

e dalla pelle al cuore
e tu lo capirai
solo da uno sguardo
tu lo scoprirai
Non cerco comprensione
e lacrime che tu non hai
è stata un’emozione
che mi ha rubato l’anima
Dolcissimo mio amore
e non mi ha fatto vivere
si apre il tuo portone
e adesso sei davanti a me

e dalla pelle al cuore
che devo ritornare
senza più parole
senza farti male
e dalla pelle al cuore
e tu lo capirai
solo da uno sguardo
tu lo scoprirai
mi perdonerai

Vorrei che tutti gli esseri umani camminando, potessero guardare in basso per aiutare chi è caduto e, sempre e comunque, in alto verso il cielo, per capire fin dove si può arrivare, insieme. (Cit)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per aver suggerito molti degli aforismi presenti 

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