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…a questa luna tranquilla, che si siede dolcemente in mezzo al mare c’è qualche nuvola ma non fa niente perché lontano passa una nave, tutte le luci sono accese benvenuto figlio di nessuno, benvenuto in questo paese.

(Raggio di sole, Francesco de Gregori)

 Scivolano, in un frammento legato ad un istante, quando per un attimo il mondo intorno si ferma e rimani ad ascoltare. Le sentiamo nella stessa aria che respiriamo, le accogliamo senza provare a fermare il calore che le accompagna, le viviamo e le condividiamo.

Gli occhi si addolciscono e brillano di luce, niente può spegnere ed impedire il fluire di questa sensazione. Il brivido questa volta non serve ad attirare, è una reazione che esplode dentro i cunicoli dell’anima, passando per il cuore e strisciando nei pensieri.

Nascono nei momenti meno pensati, riempiono di gioia. Il viso si distende e nulla più riesce ad incupirlo. Il profumo che le accompagna è di primavera in festa, quello degli alberi spogli dell’inverno già passato ma ricurvi di germogli dai toni rosa delicati. O può essere di sapore di mare, di schizzi d’acqua pieni di allegria, di sabbia fine e bianca che ti accoglie, quando arriva il momento del tramonto e prepari le tue emozioni alla vista dei colori più intensi. Ma non voglio dimenticare il giallo acceso scricchiolante dell’autunno, preludio all’inverno col suo candido tepore, dei momenti in cui ci si stringe nelle mani per provare insieme, ancora di più, ancora una volta.

Le sento fra le mura che recingono il mio amore senza legarlo. Libertà nell’espressione dei sentimenti, vitalità nelle stanze dell’ascolto, in ogni angolo dove indisturbato vive qualsiasi istante di energia.

Senza accorgermene intorno a me si formano nuvole di confusione alimentate inconsapevolmente dalle debolezze della mia vita. Non riesco in nessun modo a…, non trovo la giusta parola, non vorrei parlare di dominare, affrontare, ignorare. Ho lo spiacevole presentimento che qualsiasi modalità sia sbagliata, ripenso all’equilibrio, quello di qualche autunno fa quando ci si preparava al viaggio, senza avere la benché minima idea di dove andare. Mi riguardo fra le dita e sento la tenerezza. Anche se il mio viso quest’oggi è povero e non ha nessuna voglia di incontrare gli sguardi di coloro che troppo lontani si posizionano, forse solo perché sei tu che vuoi così.

Ancora una volta mi ritrovo a guardare dall’esterno e provo un senso di nostalgia se penso che l’inverno è ormai alle spalle e le giornate si preparano allo splendore dei toni ricchi di sole e dei momenti da sentire fra la gente. Poco è il tempo per se stessi, troppe le ore da vivere, nel silenzio delle proprie solitudini.

Vengo catapultata, senza avere il tempo di assimilare, in una realtà che poco mi appartiene, provo a confrontarmi e a discutere a voce alta con me stessa. Urlo ma non mi sento, non mi concedo alcuna possibilità, resto rigida e impietrita di fronte alle innaturalità della vita. E frammisto al dolore del momento si fa strada una nota di tenerezza. Debole come il suono che si percepisce in lontananza, quando tendi l’orecchio all’ascolto e perdendosi fra le grida sopraggiunge lo sfinimento.

Mi sorprendo. Non riesco ad inserirmi col pensiero, ma è chiaro ciò che sento. Non sempre è così facile svolgere la mano e chiamare. Non so perché, ma scatta un qualcosa che lascia poca disponibilità verso di sé. Da soli, si vuole camminare senza aiuto, molto spesso è una incapacità, non credo legata al desiderio di non lasciarsi intravedere come si è, vulnerabili e impauriti. Non ho ancora trovato una risposta alla domanda. È una debolezza.

Fra i tumulti della vita, nella pioggia che battendo incessantemente chiude un ciclo ma apre un varco, con un po’ di delusione per essersi scontrati con la freddezza che segue lo spegnersi di una stagione che prepotentemente ha messo il punto, mi distendo nello sguardo allungando le mie dita sulle mani.

Sorrido impregnata di dolcezza, mi intenerisco guardando indietro, si è vissuto un altro po’, non come un traguardo da raggiungere, semmai un momento, da vivere, intensamente.

Fernanda (14 marzo 2008)