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“Lo spettacolo indecente che molti di voi stanno dando, non è più tollerabile da gran parte degli italiani e questo riguarda la buona parte degli appartenenti a tutti gli schieramenti politici. Anche una parte del mondo economico, ha le sue gravi responsabilità”. 

Cari Lettori, correva l’anno 2011 (ma è come se fosse oggi) e questo è il succo della condanna espressa (a pagamento) dall’imprenditore e finanziere Diego della Valle, sulle pagine dei maggiori quotidiani nazionali dell’epoca.

Ci colpì molto, simbolicamente, l’eco dell’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “È un momento in cui si impreca molto contro la Politica ma, attenzione, la Politica siamo tutti noi. È Politica costruire qualcosa di fondamentale dal punto di vista sociale come ciascuno, nel proprio piccolo, cerca di fare; come fa la Chiesa, come fanno i Presidenti che guidano le fondazioni capaci di rendere possibile ciò che altrimenti non lo sarebbe”. 

Cari Lettori, potremmo aggiungere che, purtroppo, è politica (con la “p” minuscola) anche quella che porta ad esibire le sue gesta nefande da Nord, a Sud (da Lampedusa a Milano, passando per Napoli e saltando da Parma a Siena per atterrare in Sicilia dopo aver sorvolato l’umiliata Calabria).

A questo punto, siamo rimasti sintonizzati sull’anno del Signore “duemilaundici” e abbiamo trattenuto a stento il sarcasmo nel ricordare l’affermazione del Ministro che rappresentava la Scuola e la Ricerca (Maria Stella Gelmini), dell’impegno per la costruzione di un tunnel fra il Cern di Ginevra e il centro ricerche del Gran Sasso, per consentire il passaggio dei neutrini…

Peccato che questi ultimi, siano in grado di attraversare la materia a velocità (pare) superiori a quelle dei fotoni della luce!

Tutto ciò (e molto altro ancora) contribuisce ad alimentare il senso di appartenenza a quella classe di sbandati che costituiscono il precariato sociale. Cosa rispondere alle legittime richieste di chi aspetta di poter mostrare quello di cui è capace mentre affonda nelle sabbie mobili create dalle alluvioni dei disastri politici?

L’Italia da distruggere. La meglio Gioventù

“Lei avrebbe meritato un 28 o un 29. Le ho messo 30 perché ho applicato quello che chiamo coefficiente di simpatia. Poca cosa ma quanto basta per farla arrivare al 30. Qualcuno trova da eccepire su questo mio quoziente di simpatia ma io credo che, la simpatia, nel senso greco del termine, individua il condividere la sofferenza altrui e trovo che sia molto importante per un medico. Ad altri, invece, applico il quoziente di antipatia. Cioè, tolgo due, anche tre punti. ‘antipatia è la cosa peggiore per un Medico. Lei è meritevole, comunque. Complimenti.. ma non si monti la testa: ha ancora due esami da fare con me e sono sempre pronto a farla a pezzi.

Lei ha una qualche ambizione?

Mah, Non…

E Allora vada via… Se ne vada dall’Italia. Lasci l’Italia finché è in tempo. Cosa vuole fare, il chirurgo?

Non lo so, non ho ancora deciso…

Qualsiasi cosa decida, vada a studiare a Londra, a Parigi… Vada in America, se ha le possibilità, ma lasci questo Paese. L’Italia è un Paese da distruggere: un posto bello e inutile, destinato a morire.

Cioè, secondo lei tra poco ci sarà un’apocalisse?

E magari ci fosse, almeno saremmo tutti costretti a ricostruire… Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri. Dia retta, vada via…

E lei, allora, professore, perché rimane?

Come perché?!? Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere!

La meglio gioventù è un film del 2003, diretto da Marco Tullio Giordana, che racconta ben trentasette anni di storia italiana attraverso le vicende di una famiglia della piccola borghesia romana. Il titolo della pellicola è ispirato all’omonima raccolta di poesie pubblicata, nel 1954, da Pier Paolo Pasolini che allude direttamente ad una non meglio precisata età della vita ed è tratto da un canto degli alpini che recita: “La megio zoventù la va soto tera”. 

Cari Lettori, se volgiamo lo sguardo 11 anni avanti e ci riportiamo nel nostro martoriato 2022, possiamo renderci conto del fatto che  l’attuale condizione giovanile si presenta (come, d’altronde, osserva Umberto Galimberti) come una condizione caratterizzata da un futuro imprevedibile che non retroagisce come motivazione, come invece accadeva alle generazioni di un passato remoto, quando il futuro sembrava essere lì ad attendere i “viaggiatori” e, guardarlo, motivava immediatamente l’impegno e la voglia di viverlo.

Oggi, per riprendere un pensiero di Nietzsche, “manca lo scopo, manca la risposta al perché “. Il futuro si presenta, purtroppo, non come una promessa ma come una minaccia.

Per questo, l’età più viva e creativa della vita, la giovinezza, è depauperata da un futuro visto nella dimensione più angosciosa. Vi sono state in passato, è vero, generazioni contrappuntate dalla angoscia, dalla nausea, dal male di vivere.

Questo “male”, però, era occasione di analisi profonde per cui alla pars destruens seguiva sempre una pars construens che individuava un percorso di vita alimentato da valori fecondi e di grande responsabilità umana e sociale.

Ma il tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni di vetro e sabbia? Chi mi riprende la rabbia e il gesto, donne e canzoni, gli amici persi, i libri mangiati,  la gioia piana degli appetiti, l’arsura sana degli assetati, la fede cieca in poveri miti? (Francesco Guccini, Lettera)

Sarà così aanche per la vita precaria sociale e mentale di oggi?

Dobbiamo partire, a prescindere da tutto, da un dato che tutti conosciamo ma che spesso abbiamo interesse a “rimuovere” da ogni nostro agire.

Questo dato è che l’essere umano di ogni generazione è un precario, nel labirinto della vita.

Questo essere così fragile che basta un nonnulla per mandare in frantumi (Seneca docet) è in grado di sviluppare acuminati pensieri, “osando” misurare il mondo secondo il proprio modo di vedere.

Tale orgoglio mal riposto, ci porta a perdere di vista la misura e ad organizzare la nostra esistenza secondo i canoni di quella “dismisura”, che è peculiarità nefasta del nostro tempo.

Dimenticando i valori di fratellanza e socialità, gli individui che hanno responsabilità politiche a vario livello lavorano più per favorire una Società chiusa che una Società aperta e inclusiva.

Con questo modo di fare, vengono in particolar modo sacrificate le giovani generazioni che, nelle mutazioni sconvolgenti del nostro tempo, sono invece quelle più attrezzate mentalmente per dare contributi di operatività alle incertezze dell’oggi.

Chi detiene il Potere, qualunque esso sia, ha paura di “aprire” e cerca di congelare la società anche a costo di mandarla gambe all’aria.

Siamo purtroppo a questo: la nostra Società non solo non aiuta a sviluppare le risorse ma addirittura le mortifica, tentando così di “uccidere” creatività di pensiero ed entusiasmo di azione.

Un suggerimento. Fermo restando che, precari, lo si può essere a qualsiasi età (e lo si può diventare partendo da qualsiasi condizione), attenzione a non perdersi dietro al mito del posto fisso e dello stipendio garantito che, come possibilità assoluta, non esiste più per nessuno. È necessario acquisire la mentalità basata sul concetto di flessibilità che porta a rendersi conto di ciò che serve, quando serve e come proporlo, senza dar fastidio agli altri. Innovare e applicare (in ciò che la gente è disponibile ad accettare, ovviamente). E poi lasciare il campo ad altri. E continuare ad innovare spremendosi le meningi. Perché questa, è legge di Natura! Anche in mezzo a chi prova a farti lo sgambetto. Sopravvive e non si estingue chi si adatta meglio. Senza vittimismi. Anche quando sono giustificati e si chiamano “recriminazioni”.

E a chi propone di metterci più impegno, con maggiore intelligenza, io rispondo che la volontà è solo un acceleratore di reazioni che vanno programmate e determinate, con motivazione e perizia. E l’intelligenza?

Questo è un altro problema!

Sembra paradossale ma la funzione intellettiva (che comprende l’attenzione, la capacità di capire e di usare l’immaginazione nel cercare dati mnemonici) serve a rendersi conto della realtà (con tutti i suoi risvolti) senza, però, riuscire ad affrontarla nella maniera più opportuna e adeguata.

Per andare “oltre”, bisogna affidarsi alla capacità di riflettere, che nasce dall’allenamento nel dialogo con se stessi, più che dalla corsa alle risposte “lampo” che, in quanto tali, non ti danno il tempo, appunto di riflettere.

La nostra Scuola, così come il mondo del lavoro e della formazione professionale (per ciò che sono diventati) ci spingono a partecipare alle competizioni didattiche e metodologico – operative, in cui vince chi risponde prima. 

Sviluppando e applicando l’intelligenza, appunto.

Potremmo concludere che, l’intelligenza ci rende “svegli” facendoci capire, velocemente, i problemi. La riflessione, prende il suo tempo (senza fretta) ci consente di cercare soluzioni.

Come si “coltiva” la riflessione?

Partendo dall’assunto che, con tale termine si identifica il lavoro del cervello (a livello, prevalentemente di corteccia cerebrale), che porta a valutare (dissezionandoli) idee e concetti per individuare soluzioni ai problemi che nascono quando si cerca di appagare un bisogno, tutto ciò che ci motiva a raccogliere informazioni, valutare il rapporto fra costo e beneficio comparandolo con quello che (ragionevolmente) siamo disposti a fare per risolvere una determinata situazione, va bene allo scopo.

La persona con un Presente precario che viene da un Passato non sufficientemente autorevole e propone un Futuro alquanto incerto, non ha la possibilità di “scrivere” una sua Storia né tanto meno di abbozzarne qualche positivo elemento.

Si lascia vivere come un naufrago su un pezzo di legno senza aver avuto l’opportunità e la possibilità di tentare la traversata.

Senti, ma lo sai che conservo ancora una cartolina che mi hai spedito da Capo Nord nel ’66 in norvegese? E sotto la traduzione diceva : tutto quello che esiste è bello” con tre punti esclamativi, Ma tu ,ci credi ancora?”
“Ai punti esclamativi? No, non ci credo più! ” (La meglio gioventù)

Eppure…

Il 12 giugno 2005, a Stanford (una delle più famose università al mondo con sede nel cuore della Silicony Valley), è stato invitato Steve Jobs, per il discorso augurale ai neo-laureati. Un momento di crescita emotiva e propositiva.

Proviamo ad analizzare, sintetizzandole, le parti salienti del discorso_

“Io non mi sono mai laureato. Anzi, per dire la verità, questa è la cosa più vicina a una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre momenti importanti, che hanno segnato la mia vita.

Il primo riguarda il rapporto con lo studio. Ho lasciato il Reed College dopo il primo semestre, ma poi ho continuato a frequentare in maniera ufficiosa per altri 18 mesi circa prima di chiudere definitivamente. I miei genitori adottivi (perché mia madre biologica, una ragazza madre, ritenne di non poter prendersi cura di me) fecero enormi sacrifici per spedirmi in luogo altrettanto prestigioso di Stanford. Io, però non riuscivo a capire cosa avrei fatto, da grande e, di conseguenza mi sembrava inutile frequentare (ad alto costo) un mluogo non in grado di chiarirmi le idee. Decisi, quindi, di ritirarmi e di continuare a seguire solo le lezioni più interessanti, dormendo sul pavimento delle stanze in cui mi ospitavano e sfamandomi col ricavato della vendita delle bottigliette vuote, della Coca Cola. Una vita di stenti, insomma… ma tutto quel che ho trovato, seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, in seguito. Vi faccio subito un esempio. Ho seguito dei corsi per imparare a conoscere i caratteri serif e san serif, la differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. Tutto ciò, andava al di là delle competenze di ingegneria informatica, perché apparteneva al mondo dell’arte della scrittura! Dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac, che è stato il primo computer dotato di una meravigliosa capacità tipografica”.

In pratica ha creato un indirizzo di studio non convenzionale ma creativo e coinvolgentenon poteva non condurlo al successo.

Infatti, non importa (in senso assoluto) cosa studi ma, semmai, come ti coinvolge e ti motiva, quello in cui ti applichi.

La mente umana, supportata da un cervello, a quel punto, molto allenato, sarà in grado di valutare opportunità di sviluppo anche dove, apparentemente, c’è solo il deserto.

La nostra Società, infatti, risulta costituita da un insieme di persone, ciascuna delle quali porta con sé, un bagaglio di esigenze da appagare.

In pratica, ci sarà sempre una “domanda” (anche se apparentemente inespressa o inconsapevole): bisogna essere in grado di rispondere con un’offerta adeguata, che non svilisca la propria dignità ma che, al tempo stesso, tenga conto della necessità di sapersi adattare.

Quale che sia il lavoro che vogliamo intraprendere, infatti, non possiamo dimenticare che andrà proposto ai gusti e alle esigenze di chi (in un modo o nell’altro) sarà il nostro interlocutore, interessato a “comprare”.

“Il secondo momento importante, riguarda il rapporto col lavoro e con l’amore. Sono stato fortunato: ho trovato molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Woz e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in 10 anni, Apple, è arrivata a valere più di due miliardi di dollari. A 30 anni, però, per divergenze strategiche, venni messo in minoranza, nel Consiglio di Amministrazione e fui estromesso dall’azienda che avevo creato! Mi sentii devastato interiormente. Ma, nonostante tutto, qualcosa lentamente ricominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non avevano cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo. Nel tempo, mi accorsi che quell’evento fu, per me, una fortuna. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creativi della mia vita. Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra azienda, chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più di successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono ritornato in Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. E Laurene e io abbiamo una meravigliosa famiglia”.

Amare ciò che si fa, per sentire di dare un senso al proprio andare esistenziale.

È questo il segreto che impedisce la depressione e ci fa continuare a procedere nonostante gli ostacoli.

La parte nobile del cervello, infatti, serve a risolvere i problemi (senza i quali si atrofizzerebbe) e a godere dei risultati (indispensabile per evitare la demotivazione).

“Il terzo aspetto importante, riguarda il mio rapporto con la morte. Da quando avevo 17 anni quando, al mattino mi guardo allo specchio mi domando se quanto sto per fare mi soddisferebbe in pieno, nel caso in cui, quello, fosse il mio ultimo giorno di vita. Ricordarmi che potrei morire in qualsiasi momento, è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose (tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire) semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa di avere qualcosa da perdere. Siamo già nudi. Non c’è ragione per non seguire il nostro cuore. Più o meno un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto la scansione alle sette e mezzo del mattino e questa ha mostrato chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi sicuramente di tipo incurabile e che sarebbe stato meglio se avessi messo ordine nei miei affari (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa prepararsi a dire ai tuoi figli in pochissimo tempo tutto quello che pensavi di poter diluire in almeno dieci anni. Questo significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Questo significa prepararsi a dire ai tuoi cari: Addio! Sono ancora qui a parlarvi… e vi dico che sono giunto a questa conclusione: nessuno vuole morire; anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per arrivarci. E anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la Morte è, con tutta probabilità, la più grande invenzione della Vita. È l’agente di cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano, diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così crudo ma è la pura verità. Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e il vostro cervello. In qualche modo, loro, sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.

Non ha colonne d’Ercole, il Pensiero. È la tua inconscia, diabolica pigrizia a crearle. Né Ulisse né Colombi si aspettavano le mille e mille isole in attesa. Ti aspettano interi continenti che dormono dentro il tuo cervello. Osa! Il mondo è tutto da creare (Maria Luisa Spaziani)

Cari Lettori, nel corso della giornata capita di pensare, sia pur velocemente, alla nostra vita. Non facciamo che resti un ricordo di vacuità o di “educato” egoismo ma tentiamo di farlo diventare la percezione che abbiamo, per quanto nelle nostre possibilità, cercato di fare qualcosa, guardando le persone negli occhi, nell’ottica nobile della compassione.

Portare su di sé un po’ del fardello dell’altro è l’unico modo per vivere con decoro questo involontario soggiorno sulla terra, mentre la natura, del tutto indifferente alle vicende umane, assiste al succedersi delle generazioni.

Notte prima degli esami

Io mi ricordo quattro ragazzi con la chitarra
E un pianoforte sulla spalla
Come i pini di Roma la vita non li spezza
Questa notte è ancora nostra

Ma come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati?
Le bombe delle sei non fanno male
È solo il giorno che muore
È solo il giorno che muore

Gli esami sono vicini e tu sei troppo lontana dalla mia stanza
Tuo padre sembra Dante e tuo fratello Ariosto
Stasera al solito posto, la luna sembra strana
Sarà che non ti vedo
Da una settimana

Maturità, t’avessi preso prima, le mie mani sul tuo seno
È fitto il tuo mistero
E il tuo peccato è originale come i tuoi calzoni americani
Non fermare, prego, le mie mani
Sulle tue cosce tese, chiuse come le chiese
Quando ti vuoi confessare

Notte prima degli esami, notte di polizia
Certo qualcuno te lo sei portato via
Notte di mamme e di papà col biberon in mano
Notte di nonne alla finestra, ma questa notte è ancora nostra

Notte di giovani attori, di pizze fredde e di calzoni
Notte di sogni, di coppe e di campioni
Notte di lacrime e preghiere
La matematica non sarà mai il mio mestiere

E gli aerei volano alto tra New York e Mosca
Ma questa notte è ancora nostra
Claudia, non tremare, non ti posso far male
Se l’amore è amore

Si accendono le luci qui sul palco
Ma quanti amici ho intorno che viene voglia di cantare
Forse cambiati, certo un po’ diversi
Ma con la voglia ancora di cambiare…

Cari Lettori, grazie per averci accompagnato in questa non facile passeggiata che offre panorami più o meno rassicuranti in base al modo (e allo stato d’animo) con cui li osserviamo. Ed è per questo che vorremmo salutarvi con il seguente pensiero di Goethe: “Natura! In essa è eterna vita. Il suo spettacolo è sempre nuovo perché essa crea sempre nuovi spettatori… La vita è la sua invenzione più bella e la morte è il suo artificio per avere molta vita. Non conosce né passato né futuro. Il presente è la sua eternità”.

E allora, non rimane che renderci degni del ricordo che lasceremo in chi potrà contare sul nostro esempio, per trovare la forza di continuare. Grazie, a tutti quelli che ci proveranno.

“Sto qui a guardare il sole di mezzanotte che scende fino all’orizzonte, ma poi si ferma e non entra nel mare. Penso a mio padre, penso alla mamma, e penso a te che mi hai sempre detto che tutto è bello: mi sa che avevi ragione, tutto è veramente bello!” (La meglio gioventù)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per aver suggerito molti degli aforismi presenti