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Uno scambio di sguardi ed un’intesa di complicità. E poi la voglia di divertirsi, il gusto nella buona compagnia.

L’ansia che accompagna l’attesa.

A volte è snervante, non riesci a pensare ad altro, quasi ti paralizza e impedisce qualsiasi azione tu voglia fare.

Se ci penso bene per ogni cosa che faccio c’è un momento di attesa immediatamente prima, e se lo proietto e lo diluisco un po’ ne viene fuori un istante di vita che toglie un po’ di tempo. È la solita fretta di non perdere niente. Mantengo il corpo a riposo e cerco di usare la mente, ma solo per le cose belle. O almeno ci provo.

Bastano solo pochi minuti per recuperare. La solita tazza calda, chiudo gli occhi anche solo per un po’ e sono pronta ed energica più che mai. Mi preparo in compagnia di una piacevole chiacchiera che, avverto e sento in me, non voglio finisca mai.

Il piacere che si prova nel cuore della notte al volante della macchina, la musica riempie il vuoto che c’è intorno ed invita ad usare la voce. Le luci della città soffuse e nebulizzate dalla pioggia, in pochi minuti riesci a fare il giro completo, senza interferenze né rumori spiacevoli.

Rapidamente raggiungo il solito posteggio stranamente desolato e mi incammino verso l’alto, la parte più antica della città. La pietra bianca dei piccoli edifici assume un colore di fiaba illuminato dalla luce debole dei lampioni e dell’inverno. Potrei camminare ore ed ore senza fermarmi, guardandomi intorno e fantasticando sulle cose più belle che appartengono alla mia vita. Sugli ultimi istanti appena trascorsi.

Sono quasi tutti dentro, una grande tavolata allegra e densa di parole, col boccale sempre pieno ed in aria, a brindare ad ogni scusa, ad ogni rima. Il gruppo è folto ed eterogeneo. Mi piace mettere insieme gente diversa fra loro, come età, interessi, formazione. Mi soffermo ad osservare il momento in cui si stabiliscono i contatti, si cerca l’argomento, si suscita l’interesse per aprire la strada e comunicare.

Improvvisamente dalla parte più nascosta della sala, che ricorda un’accogliente tavernetta, prendono il volo le note coinvolgenti di una musica fatta di suoni un po’ antichi, un’armonia leggera e nello stesso tempo ritmata. Penso che in questo posto sta bene, si infiltra fra le mura grezze e ti senti come se fossi proiettato in un’altra fase della vita, un’altra epoca.

I pensieri che affollano la mia testa, ancora non so bene se piacevoli o da dimenticare, improvvisamente mi lasciano e lì sopraggiunge la voglia di ballare, di trascinare le folle che timidamente ascoltano e cercano un appiglio per cominciare.

La musica entra prepotentemente dentro di noi. Ci lasciamo andare, prima in pochi i più coraggiosi, i meno timidi, poi tutti insieme per mano a formare un girotondo, fra le risa e le improvvisate. Qualcuno troppo preso e sorpreso si ferma a scattare l’istante per poterlo raccontare.

La sala è ormai piena, un giro dopo l’altro senza mai fermarsi, tutti in piedi in allegria…Già, in allegria!

È veramente troppo tardi, la band annuncia l’ultimo pezzo da vivere insieme, ma ancor prima presenta gli orchestrali e la voce. Solo allora mi accorgo che non c’è il sax. Che peccato è uno dei suoni che preferisco… Ero così presa che non ci ho fatto caso. A volte le cose non sembrano così come sono nella realtà, può capitare di voler vedere e sentire solo quello che ci piace. Beh, ogni tanto si può fare, ci si può concedere questa possibilità.

Adesso le strade sono ancora più deserte, non riusciamo a separarci, tutti stretti in una macchina. E già si pensa alla prossima settimana, cosa faremo e dove andremo.

Mi ritrovo nuovamente con me stessa, è l’ora del giro nella notte più profonda, dove si fanno i conti coi propri pensieri, quando si respira nella libertà il gusto della vita. Quando ci si ferma davanti ad un semaforo verde senza nessuna voglia di voler attraversare, quando il percorso è ad una sola corsia e il senso è obbligato. E dentro, freme solo la voglia di non voler scendere.

 Fernanda (13 febbraio 2007)