Mi tiro su dopo una notte di caldo intenso. Agitazione, violenti capogiri, Paura. Una segue l’altra.
Profonda e struggente. La rileggo e cerco di proiettarmi nel passato recente. Un giugno di altalene emotive. Dalla gioia al dolore,dal dolore alla gioia.
Ma veramente siamo nati per vivere in nostra compagnia e unirsi solo nel momento più probabile?
La ricerca dell’altro.
Una rincorsa al sentimento oppure nella casualità degli incontri.
Mi sorprende la velocità delle elaborazioni delle situazioni più complicate. Non ho sbagliato allora, ho lavorato bene e sulla giusta strada, quella della consapevolezza e lealtà, verso se stessi. Alla fine premia.
Alla fine …
“Che cos’è l’amor.
Chiedilo al vento
Che sferza il suo lamento sulla ghiaia
Del viale del tramonto
È un sasso nella scarpa
È il rito di ogni sera”
(V. Capossela)
La primula. Il nuovo inizio, un grande augurio da chi mi vuole bene da sempre. Già, da sempre, la persona che conosco da più tempo. Vero, gli affetti familiari una delle cose più importanti della vita.
Fortunate, siamo state fortunate.
Le cose della vita non scorrono come le irrequiete acque di un ruscello freddo. A volte è necessario definire gli argini e i confini ed aiutare il disegno del corso. Esattamente come avviene nella vita.
Il bambino che si è stati.
Mi fermo a pensare, indietro nel tempo. Un sorriso malinconico, una viva curiosità per l’ambiente, la natura, l’ascolto al silenzio.
La prima vera serata dell’estate. E, quasi con preavviso, una sorpresa avanti a me. Osservo attentamente, inizialmente in forte tensione, poi piano piano con naturalezza senza soffermarmi troppo sulla casualità dell’evento. E provo a ricordare. Mi sforzo di cercare un segno, un odore, un movimento da riconoscere come familiare. Ma nemmeno gli occhi questa volta. Che peccato.
E le emozioni che fine avranno fatto?
Mi perdo nelle chiacchiere e non mi accorgo più. Del passato. Il passato. E’ passato.
Troppi i limiti e i confini. Lo steccato intorno impedisce di guardare oltre e mi ritrovo imprigionata senza possibilità di andare avanti.
Con lucida consapevolezza soppeso ogni cosa ho donato. Tornerà indietro? La vita restituirà al momento giusto il dato? E i fogli della mia esistenza, come potranno risistemarsi?
Il prezzo da pagare, anzi, il prezzo già pagato è veramente molto alto.
Provo a concretizzare un pensiero usando il meccanismo della trasformazione.
Cosa è che mi riesce meglio, dove l’espressione dell’emozione trova pace?
Finito il tempo della frescura della sabbia fra le mani, del piacere del tramonto popolato dai gabbiani.
Una illusione. Già, solo una illusione.
Torna a me il piacere del sostegno delle storie raccontate. Entro talmente tanto nelle trame che ne sento le voci, gli odori, ne vedo i movimenti. Ascolto con le parole dell’anima i sentimenti, provo emozioni, mi commuovo rallegrandomi. E viaggio.
Ogni fase della vita il suo desiderio da realizzare. Questo è il momento del conflitto: difficile chiudere le spalle al passato, impossibile però portarlo con se cercandone la vitalità.
Una costante, in me come sempre una costante: l’imprevedibilità. La possibilità di scendere senza dover scegliere a priori. Al momento.
È così che sono fatta. Innaturale sarebbe voler cambiare.
Quale è la verità?
Provo a riempire ogni buco e subito dopo ne avverto il vuoto intorno.
Ricomincia il giro. Il tempo è passato, ci diamo una mano l’un l’altra, ma sempre la sensazione di aver poco parlato, come se la porta socchiusa avesse lasciato intravedere tutta la luce che c’è dentro, ma impedito che l’aria entrasse a rinfrescare, sollevare.
Vorrei ora trovarmi all’ombra dell’ulivo sulla costa dei ricordi, quando da lontano echeggiava il rumore delle onde e, anche se la vita già aveva mostrato i suoi artigli, si godeva del piacere dell’affetto. Quello vero e sicuro.
Le ultime righe non rappresentano mai la fine di una storia. Solo ora me ne accorgo.
Fernanda 15 luglio 2017
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line