Cos’è quello strano malessere che ci prende quando finito un bel periodo si ritorna alla normalità, alla quotidianità delle giornate che, spesso, con monotonia si ripetono?
Una serata magica, anche se di tristezza. Vedo in tutta la sua nudità le difficoltà dell’uomo, la sua incapacità di amare, nascosto dietro le paure, dalle quali difficilmente si distacca. Perché? Quanto forte è quel filo che lo lega, trattenendolo agli scogli delle proprie debolezze? Non vuole andare oltre, ma nemmeno pensa di provarci!
Perché mi si scatena una rabbia irrefrenabile di fronte l’incapacità di volersi migliorare senza quindi godere quello che di bello c’è…
Quello che di bello c’è in una chiarissima notte di luna a metà, sospesa nel cuore dell’inverno, a cavallo fra due giornate che segnano l’una l’inizio di una cosa, l’altra la fine di quello che c’è stato per un periodo breve e che ha vissuto alimentandosi.
E vago, guidando sulle strade della tarda ora, anche se popolate dagli ultimi spari schioppettanti, illuminati ormai per un momento.
Anche solo per un momento.
Riprendo in mano la penna dei pensieri, stabilisco il collegamento e la lascio fare, tirando fuori tutto quello che blocca il mio respiro, dando vita alle ansie del quotidiano.
Quello di cui abbiamo bisogno.
Cosa ho imparato in tutti questi anni?
Guardo in basso e mi pervade un brivido: vedo i segni di me stessa, frammenti di anima, pensieri e corpo messi tutti lì a caso, insieme danno la risposta alle mille domande che sfrecciano nella mente ansiose di avere le parole.
Alla fine.
Cosa mi è sfuggito che non sono riuscita a catturare? Il tempo, come sempre.
Difficile, questa serata in cui cerco di trattenerlo e mi scappa dalle dita. Provo a guardare bene intorno a cercare qualcosa che possa rimanere, lasciare traccia a permettere il ricordo.
Ricomincio sognando di tornare. Ci metto un po’ ad accorgermi di quello che ha vissuto nella mente preparandomi ad un nuovo arco. Trattenuta, ancorata al più bel passato, quello che ha formato il mio sapere e da cui, con molta difficoltà, riesco a separarmi.
Avverrà mai? Sarò pronta?
Domande su domande, alla fine del cerchio e all’inizio di uno nuovo. Immagino domani, quello subito immediato e non riesco a prevedere. Paura, tante le paure, ma non possono e non devono impedire.
Una nuova dimensione alla fine di questa giornata illuminata dal sole, se pur fredda.
Guardo negli occhi provati dalla stanchezza dei pensieri e mi intenerisco. Provo a tendere la mano, senza arrampicarmi, solo a cercare un po’ di calore, come quello che ci ha accompagnato fino a poco tempo fa.
Mille i dubbi e le domande. Cosa sostiene le nostre sicurezze? Quanto pronti siamo a metterle a nudo sul trampolino delle discussioni? E, alla fine, cosa ne varrà fuori?
Comunque sia.
Inesorabile ed indifferente passa, senza alcun rispetto per i pensieri, i desideri, i bisogni.
Un salto. Faccio un salto per cercare di vedere più dall’alto. Forse da lassù tutto sarà meno complicato di quello che da qui appare. Escludo il contorno e proietto lo sguardo; dipingo, usando i colori più tenui, l’aria si alleggerisce alimentando le speranze.
Fernanda (9 gennaio 2013)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line