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Sentinellaquanto resta della notte?”. …

“Viene il mattino e, poi, anche la notte, se volete domandare, domandate” (Isaia 21, 11-14)

Cari Lettori, ricordo di aver iniziato le riflessioni di questo editoriale all’indomani della consapevolizzazione che, fra l’ideale e la realtà, c’è la stessa distanza che intercorre fra il coltivare l’idea di poter possedere la casa in cui sei cresciuto e la scoperta del fatto che lo Stato e la Banca che ha erogato il mutuo per l’acquisto, si sono rosicchiati una buona fetta del “sogno”…

Sono cresciuto convinto che, ogni bel gioco, dura poco.

Giusto per fare un esempio, nella mia infanzia, terminavamo le vacanze estive passando dalla spensieratezza della sabbia e dei tuffi in mare alla cupezza settembrina dell’alta collina.

E, non di rado, mi trovavo a domandarmi quanto fossero tristi le rose bianche, del giardino, a rabbrividire nel vento…

Eppure, anche se “è stato subito domani” e tutto è passato molto in fretta, ricordo che ogni ora aveva un profumo o un suono: la terra bagnata dalla pioggia, la legna bruciata, il mosto, le caldarroste, i rintocchi delle campane,

Mi addormentavo con la musica di una fontanella e con il cuore riscaldato dalle “Ave o Maria” e dall’atto di Dolore.

Fra i tanti obiettivi mancati, annovero il non essere riuscito a diventare come i gigli dei campi (che non si affaticano e non filano ma si “adornano” come nemmeno Salomone in tutta la sua gloria) e gli uccelli del cielo (che non seminano né mietono, eppure il Padre celeste li nutre).

Forse perché ho avuto esempi di operose formichine…

La parola non è qualcosa di casuale ma rappresenta la Storia, l’intelligenza che plasma i suoni e li riscalda con le emozioni degli accenti e dei ritmi. Come un seme, libera le infinite potenzialità allungandosi verso la “luce” e adattandosi a ciò che trova.

Ma, soprattutto, la parola, con la sua etimologia, ci ricorda come eravamo e quello che siamo, sopravvivendo a ciò che diventeremo.

“Perché, se le cose le ha create Dio, le parole sono le cose ricreate dagli uomini: è quel nome, la Vita” (Roberto Vecchioni)

E allora, per tornare ai miei ricordi d’infanzia, rifletto sul fatto che, la Rosa (soprattutto quella bianca) ha il significato di “purezza”, “rinascita” e “cambiamento” e aggancio questa immagine, alla voce del mio professore di Latino e Greco: “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (“La rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi”).

Quindi, sta a noi far scaturire i contenuti e il valore di ogni parola, attraverso un agire guidato dai principi di quell’Inconscio (collettivo) che è il risultato di milioni di anni di evoluzione e che ha il “lievito” capace di accelerare la manifestazione di eventi futuri previsti ma, non da noi, conosciuti.

E, infatti, il significato del brano del Profeta Isaia riportato nella Bibbia (“Sentinella, quanto resta della notte?”) è un invito a riempire quel tempo d’attesa vincendo l’inerzia e la pigra beatitudine intrauterina: quasi che quell’interrogarsi incessante, possa “spingere” a capire che l’obiettivo è il “cammino”.

“Sono da secoli o da un momento fermo in un vuoto in cui tutto tace, non so più dire da quanto sento angoscia o pace… fuori dal mondo sto ad aspettare che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare… e sento d’ essere l’infinita eco di Dio: Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell” (Francesco Guccini)

Ho capito attraverso i miei studi ma, soprattutto, osservando gli sguardi tristi di chi ho incontrato passeggiando sui viali della vita che, se cresci senza una mamma capace di donarti un pizzico di sano “narcisismo”, senza una parola di conforto capace di indicarti il tuo legittimo “posto al sole”, nel mondo, niente sarà̀ mai abbastanza. Perché, nel tuo animo, resterai “quel” bambino affamato d’amore, convinto della propria incapacità e dimentico di essere, potenzialmente, la più bella delle creature.”

Proprio oggi, un amico mi esternava il proprio disappunto nel dovere accettare l’idea che, nella Società odierna, i nuovi modelli da seguire siano, ormai influencer (anche adolescenti)…

Ho avuto modo di esprimermi in merito, precisando la mia posizione che si basa sulla convinzione che, questo fenomeno che può lasciare perplessi e ingenerare più di una preoccupazione, evidenzia il bisogno di identificarsi (e mi riferisco ai Followers) vivendo “per conto terzi” ma, anche, la speranza di inseguire il sogno di continuare ad essere importanti così come lo si era per i propri genitori, da bambini (e mi riferisco ai vari Tiktoker di turno) che diventerà, prima o poi, un incubo: lo scoglio dell’angoscia esistenziale su cui si infrangeranno le speranze.

Ogni volta che vedo la decadenza di un vecchio penso ai sogni di sua madre: cosa farà da grande? (Enzo Biagi)

Ho letto, su un libro di saggistica, della (probabilmente inconscia) “genialità proiettiva” di Christian Hans Andersen: il brutto anatroccolo è lui e il superbo cigno nero è il suo modello ideale. È lui, anche, la Sirenetta, questa creatura strana che emerge dalle profondità e il mondo nuovo che conquista, non l’accetta mai veramente

Qualcuno ha scritto che Inseguire i sogni è rischioso…  forse perché possiamo scoprire di non essere stati all’altezza delle nostre aspettative o, forse (che, a volte è peggio) che la vita che ci sta intorno non è stata all’altezza delle nostre potenzialità. Forse, allora, i sogni non si avverano. Forse, allora, semplicemente (e faticosamente) si costruiscono, e col tempo ci si accorge che non erano affatto sogni, ma visioni potenziali di progetti concreti.

Dicono che il cuore non invecchi ma, forse, non è vero: incontrando le rughe, spesso non si ha più la forza per amare (e per scaldarsi) e si resta così, delusi, freddi.

Si dovrebbe seguire la raccomandazione di Ernest Hemingway, nel mantenere il cuore da bambino.  Perché, ognuno dovrebbe impegnarsi, con convinzione, senza preoccuparsi dell’esito, seguendo le  Leggi e accettando le conseguenze. “Ma non gli si deve dire come un rimprovero che ha conservato un cuore da bambino, un’onestà da bambino, una freschezza e una nobiltà da bambino”.

Quando è scomparso?

Il Dolore? Mai. Si è solo nascosto dietro ad altre cose (Cit.)

La felicità è poter dire la verità senza far piangere nessuno. Una vita, senza ricordi, non esiste.  Su questo, ho imparato a fondare le mie radici.

E, questo, è il mio problema…

Avere paura di non riuscire a correggere (dopo averli consapevolizzati) tutti gli errori e i limiti di “progettazione” della mia personalità, la cui energia strutturale dovrò restituire nel momento in cui chiuderò gli occhi su questa forma di vita “terrena”…

Ma non è, propriamente, bontà… è, piuttosto una saggia manifestazione di egoismo.

Si, perchè, resto sempre convinto del fatto che, se voglio scoprire e capire come tirar fuori il meglio da me (come prototipo di essere umano), devo evitare di contaminarmi con i veleni di cui io stesso sono composto e che rivedo, sovente, nei comportamenti di chi si crede “Padrone del Mondo”

“Le persone più felici non sono necessariamente quelli che hanno il meglio di tutto ma, coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!” (Kahlil Gibran)

Il valore…L’unica unità di misura che crea ricchezza partendo dalle materie prime: gli esseri umani. Ecco, il mio obiettivo è quello di diventare una persona sempre più seria, per provare a meritarmi le opportunità offertemi da Madre Natura.

Come ho già scritto, a ben riflettere, riusciamo a renderci conto del fatto che, in fondo, i cosiddetti furbi sono degli sventurati privi del coraggio necessario ad affrontare gli ostacoli rimboccandosi le maniche e senza sgambetti perchè, come sostiene Vincenzo Andraous, “Alla fine della corsa, è sempre il più furbo che pagherà per tutti invecchiando, dentro, come il pezzo di Carcere che lo ha sepolto.”

L’esperienza ci insegna che possiamo essere in testa o restare indietro nell’agone esistenziale. Ma, questa corsa, ci si augura sia lunga e, alla fine, è solo con noi stessi.

Capirlo, crea momenti “che non sottraggono mai tempo, rimanendo un passo avanti, per tutta la vita.” (Vincenzo Andraous)

“Buon giorno” – disse il piccolo principe. “Buon giorno” – disse il mercante. Era un mercante di pillole perfezionate che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. “Perché vendi questa roba?” – chiese il piccolo principe. “È una grossa economia di tempo”- rispose il mercante – “gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatré minuti alla settimana”. “E che cosa se ne fa di questi cinquantatré minuti?” “Se ne fa quel che si vuole…” “Io” – disse il piccolo principe – “se avessi cinquantatré minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana…” (Antoine de Saint-Exupéry)

Cari Lettori, mi chiedo cosa mi abbia spinto, in questa ultima domenica di agosto, a realizzare l’editoriale della settimana. Forse la consapevolizzazione di una estate terminata anche se, per me, mai iniziata. O, forse, la sublimazione di quella frenesia emotiva che nasce dal non sapere canalizzare le idee su qualche obiettivo nitido. Spero di aver contribuito, in un modo o nell’altro, a lasciare spunti da cui partire. Perchè, uno come me è, in fondo, in ognuno di noi.

“Sentinella, quanto resta della notte?”. …

“Viene il mattino e, poi, anche la notte. Se volete domandare, domandate”.

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad  Amedeo Occhiuto, per l’ottimo spunto di riflessione

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