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È noto che la prevalenza della malattia di Alzheimer e delle demenze in generale è in costante incremento  e una delle cause è da ricercare nel progressivo invecchiamento della popolazione. I trattamenti farmacologici a disposizione hanno efficacia limitata e mostrano considerevoli effetti collaterali. I trattamenti non farmacologici includono un ampio range di approcci e tecniche che possono contribuire al miglioramento della qualità di vita del paziente e di chi si prende cura di lui.

Interessante una review (Chiara Zucchella, Elena Sinforiani, Stefano Tamburin, Angela Federico, Elisa Mantovani, Sara Bernini, Roberto Casale and Michelangelo Bartolo. The Multidisciplinary Approach to Alzheimer’s Disease and Dementia. A Narrative Review of Non-Pharmacological Treatment. Front. Neurol., 13 December 2018) che raccoglie e sintetizza una serie di articoli rilevanti pubblicati fra il 2000 e il 2018, appunto sull’importanza di tali trattamenti, che rappresenta uno strumento utile per i clinici come stato dell’arte sulla demenza.

I trattamenti non farmacologici non influenzano il meccanismo pato-fisiologico che sta alla base della malattia, ma possono migliorare le funzioni, l’indipendenza e la qualità della vita dei pazienti in accordo con l’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute). Ovviamente quanto più precoce è la fase della demenza tanto più sono efficaci. D’altro canto, non da trascurare, il miglioramento dei sintomi dei pazienti, riduce lo stress dei caregivers.

La letteratura scientifica considerata nella review si riferisce a questi principali trattamenti non farmacologici:

  • Esercizio e riabilitazione motoria
  • Interventi cognitivi
  • Gestione non farmacologica dei sintomi comportamentali e psicologici della demenza
  • Terapia occupazionale
  • Terapia psicologica
  • Strategie multicomponenti e multidimensionali
  • Medicina complementare e alternativa
  • Aromaterapia
  • Musicoterapia
  • Arteterapia
  • Massaggi

Cui si aggiungono le nuove tecnologie:

  • Tecnologie di informazione e comunicazione, dispositivi di assistenza e domotica
  • Realtà virtuale e giochi
  • Telemedicina

Esercizio e riabilitazione motoria

Una quantità crescente di prove suggerisce che uno stile di vita sano può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, osteoporosi, diabete e depressione. Un certo numero di studi evidenzia che un’attività fisica regolare può migliorare la funzione cognitiva e ridurre il rischio di Alzheimer e altre demenze e ritardarne l’insorgenza o la progressione. Un recente documento derivato dallo studio sull’invecchiamento condotto dalla Mayo Clinic su 280 pazienti con leggero deficit cognitivo, ha mostrato che l’attività fisica su soggetti di mezza età di intensità moderata era significativamente associata a un ridotto rischio di insorgenza della demenza. L’esercizio fisico regolare è consigliato a tutti gli anziani, soprattutto quelli a maggior rischio di Alzheimer, poiché può migliorare la salute fisica, ridurre la fragilità e il rischio di depressione, migliorare la funzione cognitiva a breve e lungo termine.

Studi sui modelli animali, suggeriscono che una serie di meccanismi possono mediare gli effetti dell’esercizio sul cervello e sulla cognizione: l’esercizio fisico può migliorare la salute vascolare riducendo la pressione sanguigna, la rigidità arteriosa, lo stress ossidativo, l’infiammazione sistemica e migliorare la disfunzione endoteliale, tutti fattori che sono associato a una migliore perfusione cerebrale. L’esercizio fisico può anche preservare i neuroni e promuovere la neurogenesi, la sinaptogenesi e la plasticità neuronale.

Studi di imaging su persone che invecchiano hanno confermato l’associazione positiva tra attività fisica e volume di materia grigia. Sia l’attività aerobica che gli esercizi coordinativi erano associati a una ridotta atrofia cerebrale nelle regioni frontale e temporale e nell’ippocampo, tutte aree critiche per le funzioni cognitive superiori. Le neurotrofine potrebbero mediare le risposte cerebrali guidate dall’esercizio e la plasticità neuronale, quindi migliorare la cognizione e proteggere i neuroni dagli insulti.

Studi futuri volti a identificare fattori legati allo stile di vita, comportamentali e / o biologici che possono aumentare la probabilità di un buon invecchiamento cerebrale aiuterebbero a implementare un intervento preventivo per ridurre l’atrofia cerebrale legata all’età e di conseguenza il rischio di declino cognitivo.

continua…

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