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Con questo lavoro mi propongo di trasmettere un messaggio forte e chiaro: prima di trarre conclusioni, anche quelle che sembrano scontate, è bene analizzare i fatti e gli eventi al riparo dal pregiudizio, inteso quale variabile dannosa per i nostri pensieri: elimina, infatti, in un sol colpo, la percezione della realtà, intesa quest’ultima quale elemento necessario ad ogni corretto processo decisionale umano. Come esempio ne ho scelto uno abbastanza ostico, vista la presentazione…

Tribunale di Fiabilandia revisione del processo a carico del sig. Lupo della favola di Cappuccetto Rosso per i reati di circonvenzione di incapace, tentato omicidio in danno di Cappuccetto Rosso e della di lei Nonna – sventato per cause indipendenti dalla sua volontà: ossia l’arrivo del guardiacaccia che ha sottratto alla digestione le due persone offese – violazione di domicilio e sostituzione di persona.

Conclusioni del Pubblico Ministero “Che al Lupo venga riconosciuta la pena dell’appellativo di cattivo per tutte le fiabe del mondo, da ora e per sempre, come da pena definitiva già irrogata”.

La parola alla difesa.

Signor Presidente, Signori Giudici a latere,

il figlio del Sig. Lupo mi ha chiesto di difendere la memoria del padre, perché a parer suo, ingiustamente è stata infangata. Da qui l’istanza di revisione avanzata da questa difesa ed accolta da codesto Collegio Giudicante, dopo i necessari passaggi procedimentali.

Dopo tutto l’iter processuale sin qui svolto, sentite le testimonianze di Cappuccetto Rosso, della nonna e della madre di Cappuccetto Rosso, oltre che del guardiacaccia che ha ucciso il Sig. Lupo, riscontrate le circostanze di luogo e di tempo dei supposti commessi reati da parte dell’imputato – ricordiamo il sopralluogo effettuato da codesto Tribunale nella foresta e sul sentiero che da casa di cappuccetto rosso conduce sino alla abitazione della nonna – sono emerse circostanze tali da giustificare l’approdo ad una revisione della sentenza di condanna nei sensi di un provvedimento assolutorio perché ciò che il lupo ha posto in essere fa parte della normale attività di sopravvivenza della specie di appartenenza.

Iniziamo dai fatti e dalle circostanze a questi collegate. Enumerandoli.

  1. la nonna di cappuccetto rosso sta male, ella vive al di là del bosco rispetto all’abitazione di cappuccetto;
  2. la madre di cappuccetto rosso deve accudire la mamma malata – la nonna di cappuccetto –
  3. la madre di cappuccetto rosso decide di mandare cappuccetto dalla nonna, per portarle il cibo di sostentamento;
  4. la madre di cappuccetto rosso sa che attraversare il bosco è pericoloso e raccomanda a cappuccetto di non attardarsi nello stesso bosco;
  5. cappuccetto è una bambina vivace e, come tale, non ubbidisce sempre alla madre;
  6. la madre lo sa, e, nonostante ciò, la manda lo stesso dalla nonna, consapevole che ciò significasse attraversare il bosco pericoloso;
  7. puntualmente cappuccetto disubbidisce alla madre, e si attarda nel bosco prima di andare dalla nonna;
  8. qui incontra il Lupo che – si sa – è un carnivoro, e che non è mai uscito dal bosco, perché nel bosco sa di poter sopravvivere, e richiesta dove andasse cappuccetto risponde: “dalla mia nonnina”, e non riconosce il lupo come tale;
  9. il lupo giunge a casa della nonna, prima di cappuccetto, e trova la porta aperta: “…come sempre”, ci dirà la madre di cappuccetto rosso nella sua testimonianza;
  10. il lupo entra, per fame mangia la nonna, ed aspettando cappuccetto rosso si traveste da nonna, e si infila nel letto;
  11. cappuccetto non riconosce il lupo, travestito da nonna, pur essendo sua nipote e crede che sia la nonna stessa;
  12. incuriosita da alcuni particolari: gli occhi smisurati per un essere umano, così come le orecchie e la bocca, ella resta insistendo su questi particolari, chiedendo il perché di quelle inconsuete misure;
  13. cappuccetto non accenna a fuggire per la stranezza che avverte e va a fondo;
  14. Il lupo si smaschera e mangia, sempre affamato, anche cappuccetto;
  15. Egli non fugge dopo il “pranzo”, no, si stende sul letto e si addormenta addirittura russando a tal punto da richiamare l’attenzione del guardacaccia;
  16. Questi entra e, sparandogli, estrae dalla pancia dell’animale cappuccetto rosso e la nonna.

Questi, i fatti.

Sostiamo ed analizziamo gli eventi e le condotte.

  • Come mai la madre manda cappuccetto e non va lei stessa, al limite, dalla propria madre ponendo a repentaglio la vita di cappuccetto, che in genere è bambina vivace poco incline ad ubbidire alle raccomandazioni genitoriali? :”non attardarti nel bosco!”, le aveva raccomandato;
  • Passi per il disubbidire alla madre ma, addirittura, fermarsi a parlare con un lupo, fornendogli dati poi…
  • Perché la nonna, persona anziana e malata, vive da sola, nel bosco e con la porta aperta? È atteggiamento, o no, poco saggio per una persona di età avanzata, che meglio avrebbe fatto, specie nelle sue condizioni, a recarsi presso l’abitazione della figlia per essere correttamente assistita;
  • È possibile, poi, che cappuccetto non riconosca un lupo travestito da nonna? Ed anzi, resta lì a domandare, anzicchè porre in atto l’unico atteggiamento consono: la fuga, ma lei no, ne vuole sapere di più, e senza mettere in discussione, neppure per un attimo!, che non si tratti della nonna, le chiede il perché avesse quel tipo di inusuali caratteristiche fisiche: verrebbe, o no, da chiedersi se ci è o ci fa?
  • Il lupo ha fame, un bisogno necessario ed indispensabile da soddisfare, peraltro secondo natura, ed è un carnivoro, ma non va fuori dal bosco, resta nel suo territorio, non sconfina, per mangiare;
  • Egli soddisfa un bisogno attraverso un’offerta, è il caso di dirlo, un invito a porte aperte!
  • E soddisfa quel bisogno anche perchè quelle prede non fuggono!

La prova logica, il riscontro della mancanza dell’elemento soggettivo del reato, di tutti i reati contestati, in capo al lupo, è sotto gli occhi di tutti noi, basta osservare la condotta tenuta, dopo i fatti, dall’imputato: chi sa di aver commesso un atto illecito, di più, un reato! Non resta sul luogo del delitto, no; ed, infatti, il povero Lupo ritiene al punto tale di non aver commesso nessun atto illecito, che si addormenta profondamente, russando beatamente. Questo può qualificarsi un atteggiamento tipico di chi sa di essere colpevole? Chi commette un reato non si addormenta subito dopo! Per prima cosa fugge al riparo! Sarebbero questi gli elementi di fatto, le circostanze di tempo e di luogo che possono militare per la prova dell’esistenza di quel dolo necessario che qualifica i reati in contestazione, così come addebitati all’estinto sig. Lupo? Evidentemente no!

Mi avvio alla conclusione. Per tutto quanto sinora espresso vi chiedo di fare giustizia, e di mandare assolto il Lupo, che da tanto – troppo – tempo ha subito, ingiustamente, il marchio della cattiveria, ridandogli quella dignità che, almeno nel ricordo, possa essere apprezzata come tale. Ho finito, ma, prima di congedarmi, voglio riportarvi ciò che, a ragione, il figlio del sig. Lupo, rammaricato, mi ha ripetuto più volte, quando ci siamo incontrati nel mio studio, la prima volta, in occasione dell’incarico che voleva affidarmi: “Avvocato, noi lupi siamo cattivi solo nelle favole…”

Francesco Chiaia (11 settembre 2003)