Se, per una strana distorsione fra spazio e tempo poteste parlare “in diretta” con Socrate, cosa gli chiedereste, e quali sarebbero le sue risposte? Un fantastico e avvincente viaggio da compiere tutto d’un fiato.
Deserto dell’Arizona.
Una sterminata ed arida pianura si estende per centinaia di miglia; è uno specchio infuocato le cui sabbie silicee riflettono il calore solare, producendo temperature altissime.
Un vecchio aeroporto militare della USAF – le cui strutture, sbriciolate dal tempo e dal sole, rappresentano l’unico segno legato alla seconda guerra mondiale – sopravvive, con le sue piste, appena visibili; ora, il tutto, è regno di serpi e scorpioni.
Al rombo dei bombardieri B 19, si è sostituito l’indistinto sibilo delle sabbie nelle quali i “CHAPARRAL”, spinosi e rotondi, corrono al minimo soffio di vento.
La vecchia torre di controllo si erge, però, ancora integra e dalle oscurate vetrate che la sovrastano, RADAR, abilmente mimetizzati, scrutano quell’immensa distesa, oltre l’ultimo orizzonte, pronti a captare la presenza di persone o mezzi o di qualsiasi cosa che si muova e che, per disavventura, venisse a trovarsi nel loro raggio d’azione.
Il vecchio aeroporto è stato trasformato in una munitissima base operativa ove si svolgono misteriose ricerche scientifico-militari.
Tutto l’impianto si sviluppa sotto la superficie del deserto e penetra nelle viscere della terra per una profondità di oltre trecento metri e per un perimetro di due miglia quadrate.
E’ una complessa città sotterranea, suddivisa in 25 livelli, ognuno intersecato da possenti gallerie di cemento, completamente autosufficiente, ove lavorano tecnici e scienziati, tutelati e sorvegliati da un corpo speciale di militari, oltre che da sensori, telecamere, porte blindate, raggi infrarossi i cui terminali registrano persino l’incauto ragno che trama la sua tela su una ruvida parete.
Da quando è iniziata la corsa alla conquista dello spazio, il Pentagono ha dato inizio ad un progetto fantascientifico, dal nome convenzionale di ” CRONOS”, col quale si cerca di risolvere l’insormontabile problema dei viaggi interplanetari, la cui durata esige tempi di gran lunga superiori alla durata media della vita umana.-
In breve, si tratta di mettere a punto una macchina capace di molecolarizzare il corpo di un astronauta, per poi ricomporlo e farlo rivivere all’interno dell’astronave stessa, quando questa avrà compiuto un viaggio astrale di milioni di chilometri, la cui durata, rapportata al tempo terrestre, supererebbe i cento anni.
Da ciò, l’esigenza di disporre di un equipaggio la cui scomposizione molecolare corrisponda al momento in cui si inizia una missione stellare, per poi disporne la ricomposizione, secondo le necessità temporali e spaziali del viaggio interplanetario.
E’ da oltre trent’anni che si progetta, si studia, si prova ogni ipotesi scientifica del caso, e tutto il lavoro viene catalogato, e registrato nei dati di molteplici computers.
Nella sala del 20° livello, vasta quanto un campo di calcio, si alternano squadre di tecnici e scienziati, severamente protetti da speciali tute, diversamente colorate, a seconda delle funzioni e delle mansioni che essi esercitano. Al centro dell’immensa sala si stagliano due enormi cilindri di cristallo blindato, collegati a cavi e condutture che vanno a confluire ed immergersi in un grande pannello di controllo, di fronte al quale ogni operatore è adibito a manovrare pulsanti, leve, giroscopi, computers , la cui funzionalità è garantita da una miriade di spie luminose.
Il 5 dicembre del 1998, alle ore 15, una forte scossa tellurica del 5° grado della scala Richter scosse violentemente uomini ed impianti di quello straordinario complesso; per fortuna, la durata del sisma fu di circa 4 secondi, ma tanto bastò perché tutte le luci dell’immenso pannello cominciarono ad impazzire in un frenetico caleidoscopio di colori; a ciò si aggiunse l’urlo, ritmicamente lacerante, delle sirene d’allarme. Passato l’attimo di comprensibile panico, il primo controllo venne effettuato alla centrale atomica , situata in una caverna separata dal resto della struttura, ed allogata a circa 50 metri di profondità; era, questa, il cuore di tutta la base, ed un suo cattivo funzionamento avrebbe compromessa tutta la missione; ma l’immenso sarcofago di piombo e di cemento aveva ben sopportato il tremendo urto; e ciò, fu un primo risultato confortante.
Mentre tecnici e scienziati si accingevano a controllare la funzionalità di tutte le apparecchiature, all’interno del primo cilindro cominciò a verificarsi uno strano fenomeno: una serie di guizzi luminescenti ,azzurrognoli, rosati, violacei, a volte ondulati in serie, altri, a spirali, altri ancora, a sinusoidi cominciarono a danzare come in una tempesta elettro magnetica, mentre, un denso vapore bianco riempiva il volume del grande cristallo; nessuno era preparato a quell’evento e, purtuttavia, un misto di curiosità e timore si era impadronito di tutto il personale.
Poi, man mano, quella ridda di lampi diminuì gradatamente, mentre anche il vapore diradava lasciando apparire una figura confusa; sembrava una persona che si appalesò essere, alla fine, un uomo.
Era un vecchio, con una folta barba bianca, quasi calvo, piccolo di statura, tozzo nel corpo, con occhi cisposi, naso a ciliegia , avvolto in un logoro pallio, si sarebbe detto che una volta doveva essere un telo di bianco lino, e sembrava riemergere dagli abissi del tempo; ai piedi, due pelli caprine terminavano, con stringhe di cuoio, attorno ai polpacci, nudi e rinsecchiti.Tutti guardavano quella figura con un’emozione tale, da essere manifesta per le loro bocche aperte e dagli occhi sgranati;
solo il rumore delle ventole dei computers rompeva quel silenzio irreale.
L’unico segno di attività era dato dal lento movimento degli occhi del vegliardo che si posavano su cose e persone, ma non tradivano timore alcuno; poi, le sue labbra cominciarono ad articolare suoni ed i monitors gracchiarono con voce metallica questi suoni, indirizzati allo scienziato più vicino alla capsula: “OSTIS EI? FASI’ ! EGO’ EIMI’ SOCRATES” (“Chi sei? Parla ! Io sono Socrate”).
La straordinarietà dell’evento e l’incomprensibilità di quel linguaggio aumentò, ancor di più, la tensione che pervadeva tutti i presenti.
Il primo a riaversi fu il dott. Marco GUALDI, giovane scienziato italiano, già ricercatore presso il M.I.T. , ed esperto in bio-ingegneria; quelle poche parole richiamarono alla sua mente gli studi classici liceali e, rivolgendosi agli astanti, esclamò: “Ma questo è linguaggio greco antico ! E chi lo pronuncia sembra essere il grande filosofo Socrate !”
Un’occasione così unica ed irripetibile non potevano lasciarsela sfuggire; e così incominciò un dialogo affascinante tra il grande filosofo e gli astanti; ognuno formulava domande sul periodo storico del V° secolo avanti Cristo alle quali Socrate rispondeva con pacatezza, mentre, egli stesso era interessantissimo della realtà del 20° secolo: anzi, per meglio esplicitare le risposte, alcuni tecnici disposero una serie di video intorno alla capsula, sui cui schermi apparivano paesaggi, megalopoli, navi ed aerei, automobili ed elicotteri, usi, costumi, ed abitudini delle più moderne popolazioni.
Il vegliardo osservava attentamente ogni immagine, né proferiva domande né, tantomeno, giudizi. Era chiaro che stesse valutando l’eccezionalità di quei momenti e la sua presenza in una realtà così avulsa dalla sua antica Atene. Il dott. Gualdi comprese l’enorme importanza di quanto stava avvenendo e dispose che tutte le telecamere in funzione venissero puntate su quel cilindro che, per un evento scientificamente inspiegabile, aveva annullato lo spazio e il tempo.
L’uomo tecnologico del 20° secolo si stava confrontando con l’antica saggezza: “Maestro, – proseguì il dott. Gualdi – 25 secoli ci distanziano, ma, come puoi constatare, la storia dell’uomo, iniziatasi dall’oscurità della caverna, ci ha resi signori incontrastati del tempo e dello spazio; ma la nostra ansia di conoscenza ci spinge verso l’infinità dei cieli, forse, per cercarvi la certezza della nostra origine”
Socrate, allora, con lentezza ieratica, fissò intensamente il giovane scienziato e, con un sorriso dolce dei suoi occhi, mormorò con voce lenta e suadente, nell’elegante dialetto del greco attico, queste parole che un computer, operando da traduttore simultaneo, così espose: “Ho ascoltato, con molto piacere, il tuo pensiero e, pertanto, grande gioia hai procurato al mio animo, perché tutto quello che ho visto, udito ed ammirato è di conforto a quella che fu la mia missione di pedagogo; quando l’oracolo di Delfo mi indicò come il più sapiente fra gli uomini del mio tempo, compresi che ogni forma di conoscenza inizia in noi stessi; solo così potremo parteciparla nel tempo e nello spazio, perchè diventi eredità alle future generazioni. Allorchè la nostra ragione perviene a conoscenze certe, non per questo dobbiamo insuperbire, perché avremo conquistato solo una infinitesimale sfaccettatura della verità; essa verità è uno degli scalini di una scala infinita che ci è dato ascendere, pur consapevoli che non conquisteremo mai il più alto. Il mio diletto discepolo Platone lo intuì come l’IDEA SOMMA ed il suo successore, ARISTOTELE DAL MULTIFORME INGEGNO, lo individuò come Primo motore immobile: Comunque voi Lo chiamate, esso resta l’anelito insoddisfatto di tutta l’umanità, dacchè Priorem non habet et secundum non vidit (che tradotto suona pressappoco così: nessuno è stato prima di lui e non ci sarà nessuno dopo, in una parola è eterno). Comunque posso vantarmi di essere, oggi, ospite dei miei pronipoti!”
Lentamente, l’immagine di Socrate cominciò a vibrare, a scomporsi ed alla fine l’ologramma del Grande Ateniese ritornò nella serenità dell’Eliseo.
Questo fu il sogno del dott. Gualdi, allorchè venne svegliato di soprassalto da una forte scossa sismica.
Giuseppe Chiaia – 16 novembre 2003
(I personaggi e la storia sono di pura fantasia, ogni riferimento a persone od avvenimenti realmente accaduti è puramente casuale)
Fine Letterato, Docente e Dirigente scolastico, ha incantato generazioni di discenti col suo vasto Sapere. Ci ha lasciato (solo fisicamente) il 25 settembre 2019 all’età di 86 anni. Resta, nella mente di chi lo ha conosciuto e di chi lo “leggerà”, il sapore della Cultura come via maestra nei marosi della Vita