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Quanto riportato di seguito, è stato estrapolato da un colloquio di analisi personale (e reso divulgativo), pubblicato il 16 novembre 2008, con il consenso della persona coinvolta, nel pieno rispetto della tutela della privacy. A distanza di quasi 10 anni, le mie risposte sarebbero rimaste le stesse? Qualche aggiustamento (forse grazie all’esperienza personale) sarebbe stato necessario. E così ho fatto.

BUONA LETTURA

Caro Dottore, oggi, dopo una giornata trascorsa in tribunale per seguire diverse cause ed a dover sostituire alcuni miei colleghi in udienza, mi sento stanca ed in infastidita. Stanca per via dell’impegno profuso, infastidita perché, sotto sotto, nutro un rifiuto verso il mio lavoro perché sono sempre più convinta che sia inutile e porti ad una grande perdita di tempo…

In una Società più evoluta, probabilmente la figura dell’avvocato (così come quella dello psicoterapeuta) dovrebbe essere meno utilizzata e al tempo stesso, riconsiderata: la gente, infatti, dovrebbe essere meno “rissosa”. Nella nostra epoca, però, senza l’avvocato, una persona di fronte ad un fastidio ricevuto, sarebbe tentata dal reagire con “giustizia sommaria”. Anche se, coi tempi biblici che ci ritroviamo, ottenere “veramente” giustizia, dobbiamo ammetterlo, è veramente arduo!

Vivere ed operare nell’ambiente del tribunale mi dà fastidio, forse anche perché, mi sono resa conto del fatto che, se si vuol restare in un “ambito di Legalità” difficilmente, si otterranno le giuste soddisfazioni, sia professionali che, più strettamente, economiche.

Effettivamente, a certe condizioni il Tribunale (sia in ambito “Civile” che “Penale”) è abbastanza simile ad un mercato e sono sempre meno i professionisti in grado di spiccare fra tante mezze controfigure… Però, riflettendo, attualmente questo è l’unico lavoro che, lei, è in grado di fare, per il quale ha investito anni di studio. Per tranquillizzarsi, comunque, può pensare di mettersi in condizione di attuare un’evoluzione. Una volta, le avrei suggerito di circondarsi di collaboratori cui affidare gli incarichi meno gratificanti, ora mi permetto di invitarla a riflettere su quali ambiti è diventata brava (e lo è), in maniera da controbilanciare i fastidi della mediocrità altrui e darsi il giusto tempo, per puntare anche ad altro. Con le sue capacità, potrebbe essere in grado di curare relazioni ed interessi legali di manager di successo. Bisogna, ovviamente, cercare il modo, di farsi notare nei giusti ambiti.

Vorrei riferirle qualcosa che mi è accaduto ieri. Studiando, su un suo articolo specifico, il meccanismo mentale che porta alla formazione delle idee, ho provato molto piacere nel capire questi meccanismi importanti ed un po’ ostici. Dopo un paio d’ore, il mio umore è mutato verso il negativo. Come mai? Non avevo fatto una scoperta negativa… anzi!

Sono tentato dal risponderle, se la sua suscettibilità non mi “aggredisce”, che in lei, per abitudine, anche un evento positivo determina l’attivazione di contraltari negativi, giusto per portare equilibrio… D’altronde non dimentichiamo che è cresciuta con la convinzione che la vita sia rappresentata solo da una lunga serie di circostanze frustranti. In sostanza, non è preparata a godere di ciò che la vita le offre (a sperlo osservare, ovviamente)!

Io mi rendo conto che, in generale, ho delle reazioni esagerate anche di fronte ad eventi di poco conto. Perché? Forse perché sono spesso già carica e, quindi, poi voglio un pretesto per scaricarmi?

In passato mancava, in lei, l’elemento di assorbimento delle frustrazioni. Attualmente, è stata in grado di costruire un elastico ammortizzatore, capace di attuare uno smorzamento della frustrazione. Purtroppo, però, per raggiungere i risultati cui è arrivata, si carica, quotidianamente dei “disturbi” (comportamentali, di educazione, di disequilibrio mentale, etc.) dei suoi clienti. E, a quel punto, per quanto migliore di prima… il troppo è troppo!

Diviene necessario, quindi, per quanto strano possa sembrarle dal momento che il suo tempo libero si è notevolmente ridotto, riuscire a portare il suo “sguardo” su obiettivi a medio termine (più gratificanti) e godere di ciò che, comunque, già dispone. Mi permetto di ricordarle il concetto di utilità e valutazione costo-beneficio. Se le può essere utile, le espongo i miei sistemi di valutazione. Ho molti progetti da realizzare: tutto quello che mi arreca disturbo lo allontano perché, altrimenti, si allungano i tempi di realizzazione dei miei obiettivi. Posso arrivare al punto tale da non voler dialogare con gente che mi porta problematiche “sterili”.

A me manca la conoscenza dei criteri, in base ai quali scegliere?

Se non ha progetti per il medio – lungo periodo, è chiaro che il quotidiano le dà fastidio. Ogni essere umano deve avere progetti a breve, a medio e a lungo termine: a breve, sarebbe utile imparare ad apprezzare tutto quello di cui si può disporre; a medio, si può imparare a migliorare il concetto di autostima, autoaffermazione, etc.; per il lungo termine, può domandarsi cosa farà “da grande”(quale che sia la sua età anagrafica). Se non ha un progetto a lungo o a medio termine, la sua vita si determina, in tutto, momento per momento; qualunque scorrettezza che capita nel quotidiano, a quel punto, per lei diventa un grosso problema. Pianifichi un po’ più in là di quanto non riesce a fare oggi e il quotidiano perderà di valore negativo e le riserverà il piacere del Just and time.

Come faccio, al momento, a trovare un accordo per entrare in Tribunale, visto che per cambiare apprendimenti ci vuole del tempo ed io ho l’esigenza di fare attività in quell’ambiente?

La prego, mi dica perché ha questo rifiuto!

Ho un rifiuto verso l’ambiente e verso le pratiche, forse perché a queste sono legate molte frustrazioni patite.

Ecco, appunto, patite, non da patire! E questo, non perchè le cose siano migliorate “fuori da lei” (anzi, in questo ambito, sono addirittura peggiorate) quanto, piuttosto per quello di cui le detto prima.

Ma io ho avuto molte frustrazioni per le condizioni in cui ho lavorato e mi si attivano molti ricordi, specie di fastidi subiti e repressi.

Va bene, ma quando ciò accade è bene ricordare che, lei, si trova lì per una funzione specifica, cioè portare a termine un compito finito il quale, se ne torna nel suo studio, a pensare al bello di cui è capace. Il contesto è già cambiato! Se ne vada nel suo studio a pensare cosa farà da grande e come realizzarlo. Quindi, si concentri su questo: sta sbrigando solo delle formalità, poi se ne esce…. e chiude la luce! Effettivamente ha delle incombenze che vanno viste come elementi che servono per tenerla allenata ad assorbire frustrazioni. Nella vita, infatti, non esiste un impegno, per quanto gratificante che, a certe condizioni, non dia frustrazione. Anche stando qui ad ascoltarmi, lei avrà un qualche genere di fastidi perché, se riflette, in fondo in fondo, si accorgerà, ad esempio, che (siccome è passato un bel po’ di tempo da quando abbiamo iniziato a parlare) dovrà andare in bagno… Allora, cosa sceglie? Pare che abbia deciso di continuare ad ascoltarmi ma, comunque, un po’ (quanto meno) a disagio. Come vede, anche in frangenti utili si impatta con delle frustrazioni. Allora, se dovesse seguire la decisione di rifiuto che mette in atto nei confronti del Tribunale, qua non dovrebbe venire più, per non “subire”!

No, qui è diverso perché la frustrazione è enormemente compensata dagli aspetti gratificanti, che io, nel caso del Tribunale, non vedo!

L’aspetto gratificante va visto nella misura in cui riesce, rispetto a prima, a relazionarsi in modo diverso all’evento. Questo servirà, poi, ad avere a che fare, in maniera diversa, con persone difficili, in un contesto lavorativo diverso. Ad esempio, nel caso di una fila in cancelleria, invece di arrabbiarsi ed andarsene, può dire a se stesa: “Va bene, perchè devo andarmene? Mi serve portare pazienza, sbrigare la pratica ed andarmene, perché in questo modo io dimostro di avere elasticità. Un domani, di fronte ad una persona che prima mi faceva perdere le staffe io non reagirò più in maniera negativa”.

Ieri, io ho avvertito forti fastidi dopo essere entrata nell’ufficio della cancelleria del giudice di pace, mentre ero in fila e non sono riuscita a trovare un accordo per restare. Me ne sono andata visto che il mio malessere aumentava.

Ma perché?

Mah, io faccio valutazioni tutte sbagliate!

Cerchiamo di evitare queste valutazioni così estreme! Il suo problema è frutto di vecchie abitudini. Prima agiva su criteri di tipo austro – ungarico, imponendosi un comando e portandolo avanti a testa bassa. Oggi ha iniziato a pensare che è un essere umano e non un soldato che si immola per la gloria dell’Imperatore. Questa nuova condizione la porta, di fatto, a ribellarsi “sic et simpliciter” per ogni cosa che si sente in dovere di fare. Vediamo di metterci d’accordo sull’operare a certe condizioni e fino ad un certo punto, anche perché così impara a dialogare meglio con se stessa.

Sì, ma questo mi richiederà del tempo, io ho l’esigenza di sbloccarmi subito rispetto al rifiuto di entrare in tribunale!

Bene, domani mattina deve andare in tribunale: all’ingresso si accorge che non è disponibile a varcare la soglia. Si domandi il perché. Non le piace quell’ambiente? Ma non ci si deve mica sposare…con quell’ambiente! Vada a sbrigare le sue pratiche sapendo che, molto probabilmente, ci sarà qualcuno che vorrà fare il furbo e le passerà davanti… non è che per questo, lei lascia il paradiso terrestre per andare in una valle di lacrime!

Quindi, la rigidità è qualcosa che si allenta….

A mano a mano che diminuisce la paura, perchè la rigidità dipende dalla paura di mettersi in discussione e di verificare che i propri apprendimenti sono da modificare. La persona flessibile non ha tanta paura di doversi modificare perché si è già messa in discussione ed ha stabilito: ” ho un sacco di limiti, pian piano li risolvo”. La persona rigida ha difficoltà ad accettare l’idea di mettersi in discussione, perché mette in gioco la credibilità di se stesso. E quello che ha imparato a fare anche lei.

E se continuo ad avvertire fastidi?

Perché dovrebbe avvertire questi fastidi? Lei va, sapendo che c’è da fare una fila, che può trovare un collega scorretto che passa avanti, un giudice irritato… ma lo sa! E’ il suo lavoro! Perché si deve infastidire? Non lo fa per hobby! Non sta facendo un piacere a qualcuno!

Ma perché da qualche mese manifesto questi fastidi, questa insofferenza verso il mio lavoro, mentre prima, pur seguendo un percorso di psicoterapia, non succedeva?

È un meccanismo che le ho accennato prima. In pratica, il suo “Mondo Logico – ipotalamico” si ribella; nel passato, con il suo modo di subire, soffocava quel sistema. Debbo avvertirla, però, che i pareri della logica, non sono vincolanti! La Logica costituisce un parametro che orienta verso le Leggi di Natura, in maniera inflessibile! Non tiene conto dei se e dei ma, non si adatta alle situazioni contingenti. Di fronte a situazioni lavorative difficili, per logica lei dovrebbe rinunciare a tutto e condurre una vita ridotta all’essenziale, dal punto di vista dei costi. Ma, obiettivamente, nel XXI° secolo, che vita sarebbe? Si tratterebbe di emulare Diogene, che aveva eletto come proprio domicilio, una botte! È la “Struttura Pensiero”, che ha il compito di farci sopravvivere (e bene) nella Jungla di tutti i giorni.

I criteri su cui si basa il pensiero sono: utile/non utile, gradevole/non gradevole, logico/non logico, se non sbaglio…

Soprattutto: utile/non utile. Quante volte abbiamo parlato della differenza tra elaborato utile ed elaborato logico? Le porto un esempio: come consulente Tecnico, mi tocca attendere anche una mezza giornata per essere ascoltato dal Giudice di pertinenza; ebbene, non di rado, per motivi tecnici, la mia “discussione” viene rinviata. In base ad un elaborato di pensiero logico, mi dovrei ribellare al giudice; seguendo, invece, un elaborato di pensiero utile, rinuncio perchè ciò, non sarebbe compreso da chi è abituato a questo sistema assurdo e non concepisce altro. Finirei per essere considerato irrispettoso e nevrastenico. Converrebbe?

No!

Bene, vedo che comincia a capire come funziona. Non può usare solo la logica, perché, altrimenti, non le resta nessuno intorno! Alla logica non interessa se stai facendo un lavoro che ti porta da mangiare, se c’è puzza ti dice di andare via.

Ma io, infatti, ho delle reazioni immediate, in casi simili!

E, invece, bisogna opporsi alla logica e dire: “Cara mia, benché tu abbia ragione a guidarmi come una bussola, in questo periodo della mia vita, non posso escludermi completamente da un contesto marcio. Se io vado a dormire sotto i ponti, a te non interessa, a me sì!”

Ma perché io non penso in questo modo?

Perché lei non ha pensato mai a se stessa! Ora ha preso confidenza con la logica, la quale si sta “vendicando”, dopo oltre 30 anni. Però con la vendetta, poi finite in un ospizio! La logica è rigida. Per la logica è così e basta. C’è quando la si può seguire e quando no. Certo, se vicino a lei c’è un collega che ha aperto una bombola di gas è chiaro che si devi spostare!

Ma, così facendo, non si provocano sofferenze a se stessi?

Se si riferisce al Tribunale, la risposta è affermativa, ma altresì, sa che durerà solo un certo periodo di tempo e poi se ne va: non ci staziona un’intera giornata! Anche per ciò che riguarda me, vale un simile discorso. Le “attese” di cui ho parlato, mi servono a studiare il comportamento di chi ho intorno. Il giorno in cui non troverò interesse in simile pratica, mi troverò indisponibile anche nei confronti di quel tipo di attività che mi porta a frequentare simili contesti

E così si sopporta senza subire?

In questo modo avrà fatto un calcolo con se stessa, nel senso che dovrà sopportare 1 ora, 2 ore, 3 ore, forse 4, ma poi, nel pomeriggio farà una vita più normale.

Ma, allora, perché sento di avere poca energia?

Lei produce conflitti perché, logicamente, si rifiuta di entrare in Tribunale; poi si condanna per questa decisione e quindi, da questo scontro, o diventa un’omicida o implode l’energia. Siccome non si trova nessuno sotto mano da ammazzare, “soffoca” la ribellinone e si sente sfinita.

Mi devo allenare ad usare il pensiero!

Ma moltissimo. Non è che alla logica lei dice “basta, non esisti più”; si rivolgerà, semmai, in questi termini: “Tu esisti, ma ti devi dare una calmata; mi dai il tempo di uscire da questo sistema di sabbie mobili in cui mi trovo? In fondo, è interesse anche mio, uscire da questo sistema”.

E non succede niente di pericoloso? Non mi crea delle reazioni?

No, la logica non ha questo potere. Il potere glielo dà lei, nel momento in cui le pone la massima considerazione. Anche stare qua, in questo studio, chiusi da un’ora, non è logico!

Quindi posso fare cose illogiche senza temere disturbi?

Certo, lei sai che sta facendo una cosa illogica, ma sa anche “perchè” lo sta facendo. La differenza tra lei ed uno scriteriato, è che lei sa “cosa” sta facendo e “perché” lo sta facendo.

Ed a questo punto, logica o meno, sento il bisogno di fermarmi perché sono proprio stanco!

Peccato, stavo godendo l’uso di un elaborato utile e logico, al tempo stesso!

Un ultimo spunto di riflessione, prima di salutarci: “L’arciere assomiglia al saggio perchè, quando la sua freccia non raggiunge il centro del bersaglio, è in se stesso che ne cerca la causa”. Arrivederci…

G. M. – Medico Psicoterapeuta