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l’atmosfera che si respira, la complicità che si crea…


 

Pensieri degli anni difficili


“Ecco, stasera mi piace così, con queste stelle appiccicate al cielo, la lama del coltello nascosta nello stivale e il tuo sorriso, 32 perle. Così disse il ragazzo, nella mia vita…” Due zingari. Una vecchia canzone di De Gregori. Cantata un’infinità di volte quando si passavano i pomeriggi in auto, una vecchissima Fiat 127. Bianca e alimentata a GPL. Senza autoradio. È per questo che cantavamo noi. Anzi cantavo quasi sempre solo io. Sceglievamo un cantautore italiano, e poi si partiva con tutto il repertorio musicale.

Quando si andava in vacanza c’era un rituale da seguire che durava almeno tre giorni prima della partenza. Prima cosa da fare la tenda canadese. In realtà molto grande. Andava aperta e ripulita dalla polvere raccolta durante tutto l’anno. Quindi si procedeva con la conta dei picchetti. Ne mancava sempre qualcuno, perso l’anno prima. Prepariamo le brandine per la notte, arieggiamo i sacchi a pelo. Io ho sempre il migliore, quello da montagna, sono più freddolosa. Anche se andiamo a morire di caldo in qualche spiaggia assolata. È importante la sicurezza di averlo. Il fornellino a gas i primi anni, una cucina favolosa un po’ più in là. Quando le finanze, pur sempre misere, ci permettevano questa spesa folle. E la lampada a gas per le serate sotto le stelle e fuori dalla tenda.

Chi non ha provato questo tipo di libertà non può capire. L’atmosfera che si respira, la complicità che si crea, la totale assenza di regole. Le luci della notte, il rumore delle onde del mare, il silenzio che scende quando ormai si è troppo vicini all’alba.

Come sempre dopo un viaggio breve ma estenuante, partiti sempre troppo tardi nonostante i buoni propositi della sera precedente, si arriva a destinazione. E anche lì la fila per entrare, la scelta del posto dove piazzare la nostra casa itinerante, il più lontano possibile dalle altre, per avere tutta l’intimità che desideriamo. Dopo aver studiato la “geologia” del terreno, si procede con i picchetti. E anche là ci si accorge che una buona metà è rimasta nel magazzino sotto casa mia. Quindi si erge la tenda. Io sono più piccola, devo entrare e cercare di farla star su. E mentre sono dentro fra me e me sorrido contenta. Sta per iniziare una nuova avventura, una nuova settimana da ricordare, da raccontare.

Ecco ora è ben tesa e non fa pieghe, le brandine sono vicine, molto vicine, così durante la notte ci si può dare la mano…, la lampada per leggere è piazzata esattamente al centro e poi come due non proprio bravi campeggiatori che vogliono la vita facile, i cuscini. Qualsiasi ora sia, pomeriggio, mattino o sera la prima cosa da fare dopo tutto ciò è provare ad entrare e magari fare un sonnellino. La luce del tramonto all’interno della tenda assume un colore arancio intenso, che si riflette sui nostri visi.

Anche quest’anno ce l’abbiamo fatta. È stata dura ma ci siamo.

Una cena non proprio veloce, diventa tutto più complicato quando ci si deve arrangiare. Sistemiamo l’amaca in un posto dove speriamo non arrivi il sole e poi si rimane a chiacchierare. I sogni, le aspettative, come sarà la nostra vita insieme in futuro, dove abiteremo, quanti figli avremo. La musica ci accompagna sempre, fa da sottofondo a questa romantica serata.

Senza accorgercene siamo già a notte fonda, quando, quasi per distrazione, alzo lo sguardo al cielo e rimango per un momento senza fiato. Un tappeto di stelle, infinito, sullo sfondo di un blu intenso che non sembra nero. Rimango così a lungo con gli occhi in alto che comincio ad avere i capogiri, ma non riesco a spostare lo sguardo. Ci sentiamo un po’ gitani in questo momento, come i ragazzi dei Due zingari. È piacevole qualsiasi cosa. Anche il rumore della zip della tenda che si apre, ci lascia entrare e si richiude.

È passato veramente un’infinità di tempo, ma nonostante tutto alcune volte mi sembra impossibile che le cose della vita, della nostra vita, siano andate in un modo completamente diverso da quello che entrambi immaginavamo. E certe volte penso che abbiamo sciupato il tempo, le parole, abbiamo dato poco spazio ai nostri desideri.

Due persone assolutamente diverse fra loro, e forse proprio per questo complementari. Diversi i modi di ragionare, nonostante gli sforzi, i modi di interpretare la vita, anche se, alla fine, il bicchiere o è mezzo vuoto o mezzo pieno non cambia molto. Uguale è la quantità di acqua che contiene. L’unica certezza che ancora alberga dentro il mio cuore è l’amore che c’è stato, che c’è ora e che ci sarà sempre. Vorrei incontrare i suoi occhi solo per un momento, ma liberi da qualsiasi condizionamento. Solo per un momento vorrei guardare nella loro profondità e sperare di sentire quello che una volta mi apparteneva, quello che mi risollevava da qualsiasi angoscia e turbamento.

Non è comunque poco ciò che mi rimane.

Quando raggiungo un qualsiasi posto ho sempre la sensazione di accamparmi; il modo in cui butto la borsa, sistemo la giacca, il cappello, la sciarpa. Anche quando viaggio in macchina, la musica deve essere scelta con cura. Continuo a cantare a squarciagola, però un po’ nel traffico mi vergogno e allora faccio finta di parlare al telefono.

Oggi le mie vacanze si fanno negli alberghi, nei bed & breakfast, nei villaggi, con tutte le comodità, mai più in un camping. Però a pensarci bene, appena entro nella stanza di un qualsiasi hotel la prima cosa che faccio è raggiungere la finestra, cercare di aprirla e provare a guardare in alto. Nella speranza di intravedere uno scorcio di cielo intensamente blu e tappezzato di stelle. Come quello dei due zingari.

 

Fernanda (7 LUGLIO 2006)