Quale sorte per i rapporti di lavoro dei dipendenti?
Da
diversi anni ormai, nel mondo delle aziende, si verificano mutamenti
a seguito di fusioni, scorporo, concentrazione, con conseguenti
problemi per la sorte dei rapporti di lavoro dei dipendenti coinvolti
nel trasferimento d’azienda. La relativa disciplina è prevista
nell’art.
2112 (Mantenimento
dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda)
del
codice
civile,
soggetto a numerose modifiche legislative intervenute dal 1942 ad
oggi, che così dispone:
1.In
caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con
il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne
derivano.
2.Il
cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i
crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le
procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura
civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente
dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.
3.Il
cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e
normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali
ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro
scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi
applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si
produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.
4.
Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi
della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento
d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento.
Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale
modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può
rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo
2119, primo comma.
5.Ai
fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per
trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a
cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella
titolarità di un’attività economica organizzata, con o
senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva
nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla
tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il
trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto
di azienda.
6.Le
disposizioni del presente articolo si applicano altresì al
trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione
funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata,
identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del
suo trasferimento.
7.
Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di
appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda
oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di
solidarietà di cui all’articolo 1676.
Come
la giurisprudenza ha avuto occasione di precisare, per “ramo
d’azienda”, suscettibile di autonomo trasferimento si deve
intendere ogni “entità economica organizzata in maniera
stabile la quale, in occasione del trasferimento, conservi la sua
identità e consenta l’esercizio di una attività
economica finalizzata al perseguimento di uno specifico obiettivo, il
cui accertamento presuppone la valutazione complessiva di una
pluralità di elementi, tra loro in rapporto di interdipendenza
in relazione al tipo di impresa, consistenti nell’eventuale
trasferimento di elementi materiali o immateriali e del loro valore,
nell’avvenuta riassunzione in fatto della maggior parte del personale
da parte della nuova impresa, dell’eventuale trasferimento della
clientela, nonché del grado di analogia tra le attività esercitate prima o dopo la cessione”, e ciò ne determina
la differenza rispetto alla cessione del contratto di lavoro, che
attiene al solo contratto, comportando la sola sostituzione di uno
dei soggetti contraenti e necessitando, per la sua efficacia, del
consenso del lavoratore ceduto (Cassazione civile, sez. lav., 17
marzo 2009, n. 6452).
Quindi,
ogni volta che un‘entità
economica, pur passando in tutto o in parte a un diverso titolare,
conservi la propria identità, si applica la
disciplina prevista in caso di trasferimento d’azienda.
Ciò
comporta che:
-
il
lavoratore non può opporsi al trasferimento dell’azienda o di
un suo ramo; -
passa
al cessionario il rapporto di lavoro del dipendente addetto al
settore di attività trasferito; -
il
trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di
licenziamento.
Conseguentemente,
il dipendente coinvolto in un trasferimento di ramo d’azienda, per
opporsi alla cessione del proprio contratto di lavoro deve riuscire a
contestare la sussistenza di un autonomo ramo d’azienda (giacchè
ove si sia in presenza di un ramo d’azienda privo di autonomia
funzionale, la normativa di cui all’art. 2112 cod. civ. non è
invocabile, e quindi le conseguenti cessioni dei contratti di lavoro
dei dipendenti sono illegittime per difetto del consenso individuale
dei lavoratori coinvolti ai sensi dell’art. 1406 cod. civ.) oppure la
propria appartenenza al ramo ceduto.
Erminia
Acri-Avvocato
Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
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