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Steve Jobs.


Cari lettori, un po’ più di una settimana fa, abbiamo avuto modo di parlare insieme (il sottoscritto a proporre idee e voi a rifletterci su, criticamente) di un eroe, poi commemorato a livello planetario, un attimo dopo la propria dipartita. Vorrei precisare, però, il motivo scelto per definirlo (ricalcando la mitologia classica) come un uomo nato da una divinità e da un mortale capace, perciò di imprese eccezionali. Leggenda popolare vuole che, circa 4000 anni fa, una civiltà aliena si sia presa la briga di innestare delle varianti genetiche all’uomo primitivo, rendendolo “sapiens”. Alcuni sostengono che da ciò, nacquero i Sumeri che, tra le tante innovazioni fantastiche (rispetto ai tempi di allora) diedero ufficialmente vita alla “scrittura”. Creare, innovare per dare un senso, piuttosto che, miseramente cercare un profitto. Il senso prima del denaro. Questo era Steve Jobs, con pregi e difetti. “Io dico che l’eccesso è un difetto in ogni campo. Non mi sento di scusare un uomo che va dappertutto in cerca di scaffali di cedro e avorio per stiparli delle opere complete di autori a lui sconosciuti o di nessun valore e poi, tra tante migliaia di volumi sbadiglia, compiacendosi unicamente dei frontespizi, dei titoli o della lussuosa edizione. (Seneca – la serenità – Mondadori ed.). Nonostante il suo (a detta di alcuni collaboratori) pessimo carattere, il “nostro” Jobs (ci avete fatto caso che, in Inglese, significa “Lavoro”?), col suo invito alla follia creativa, non avrebbe accettato di offrire una delle proprie creature (tipo il telefono che ti consente di auscultare il cuore o che fa diagnosi, da un colpo di tosse, per stabilire se hai il raffreddore o la bronchite) a chi ne avrebbe fatto sfoggio ostentativo.


E basta questo a renderlo unico (anche se, speriamo, non irripetibile). Qualcuno lo ha paragonato a Michelangelo Buonarroti. Forse è un’esagerazione. Michelangelo, infatti, fu poeta, scultore, pittore e architetto. E contribuì non poco allo sviluppo del Rinascimento. Ebbe a che fare, inoltre, con lo studio e l’applicazione delle Leggi di Natura, magnificandole non poco. Il nostro Steve, invece, ha lavorato per attirare l’attenzione su qualcosa che facesse dimenticare l’incapacità di padroneggiare le leggi di Natura. E di fatti, ci trastulliamo con la tecnologia, atrofizzando le nostre capacità umane di base… e non pensando alle frustrazioni che proviamo quando ci confrontiamo con quella realtà che non tiene conto delle facilitazioni del touch screen. Certo, se riuscissimo a seguire alcune sue indicazioni (lavorare trasformando le difficoltà in opportunità, amare tutto quello che si fa e non avere paura della morte), allora si che avremmo incontrato un nuovo Michelangelo, capace di farci rinascere, svegliandoci dal torpore della rassegnazione.


E allora chissà perché è morto.

Per un tumore, di quelli un po’ più rognosi di altri. Ma basta, come risposta? Il suo sistema immunitario e una corretta lettura epigenetica (la ricerca dell’informazione ad hoc, sui geni specifici che continuamente, ciascuno di noi, senza accorgersene, determina) avrebbero potuto impedirlo? Chi lo sa! Forse l’aria degli States è più inquinata… o la sua acqua è considerevolmente carica di metalli pesanti… o nel cibo ci sono troppi OGM. Oppure, semplicemente, sentiva che il suo momento era giunto. Troppo avanti rispetto al resto del mondo. Certamente.

A chi gli chiedeva quanti studi di mercato avesse effettuato per intuire l’importanza dell’immettere in circolo i suoi “I” (phone – Pad), lui, candidamente, rispondeva: “Nessuno, perché ho scoperto che la gente, purtroppo, non ha la minima idea circa quello che potrebbe servirle realmente).E allora è per questo che nel suo discorso ai neolaureati di Stanford (pubblicato nel precedente editoriale
) ha tenuto a raccomandare il bisogno di restare agganciati al filo conduttore della vita: il suo significato intrinseco.


Vive male chi non sa morir bene Tutto ciò che ti sto dicendo, come hai già capito, riguarda gli imperfetti, i mediocri, chi ha la mente inquinata, non il vero saggio. Costui cammina sicuro, non brancolando a tentoni: ha piena fiducia in se stesso e non esita ad andare incontro alla sorte, ben determinato a non cederle mai il passo. Che motivo avrebbe, del resto, di temerla? Egli considera tutto transitorio e deperibile, non solo le sue sostanze, la sua dignità e i suoi schiavi, ma anche il suo corpo, gli occhi, le mani e tutto ciò che rende preziosa la vita, soprattutto sente la fragilità del proprio io, e vive come se fosse solo dato in prestito a sé, pronto in ogni istante a restituire tutto senza rimpianto, qualora gli venisse richiesto. Non per questo, però, darà scarsa importanza a se stesso, per la consapevolezza di non appartenersi, anzi si comporterà sempre con somma diligenza e correttezza, come deve comportarsi un uomo onesto e scrupoloso nell’eseguire gli incarichi che gli sono stati affidati. E quando arriverà il momento in cui deve restituire ciò che ha avuto, non si lamenterà con la sorte ma le rivolgerà queste parole: “Ti sono grato per ciò che mi hai concesso. Ho avuto la miglior cura possibile dei tuoi beni, ma, poiché ora mi ordini di farlo, te li rendo di buon animo, senza alcuna pretesa; se vorrai lasciarmi ancora qualcosa di tuo, ne sarò lieto; se invece hai deciso altrimenti, ti restituisco argenteria, denaro, casa e servitù”. Prima o poi, la Natura, che ci ha dato un gran numero di cose, ci richiamerà all’appello e noi le diremo: “Riprenditi l’animo in condizioni migliori di quando me l’hai dato; non ho intenzione di oppormi o sottrarmi a ciò che mi richiedi: riavrai da me senza alcuna rimostranza tutto ciò che hai dato a me inconsapevole di riceverlo; prenditi tutto”. Può essere un male ritornare là donde si è venuti? Vive male chi non sa morir bene (Seneca – La Serenità).

Evidentemente, Steve Jobs, ha preferito scendere dal treno più veloce che avrebbe mai potuto immaginare per salire su un vettore in grado di raggiungere velocità prossime (o superiori) a quelle della luce. Cose di un altro mondo. Appunto!

 


G. M. – Direttore La Strad@

 

Si ringrazia Erminia Acri (Avvocato e counselor) per la collaborazione offerta nella stesura del dattiloscritto e l’ing. Eugenio Filice (per avermi suggerito la rilettura approfondita e critica di Seneca)