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Ma non esageriamo, però!



 

Counseling News

“Un bambino dai tre ai cinque anni ha come la memoria di un computer, che assorbe tutto ciò che viene immesso. Per questo ha bisogno di vivere in mezzo alla gente, ascoltare racconti, vedere volti e colori, vivere sensazioni. Più gli si parla, meglio è”.

Il commento di Italo Farnetani, professore alla Bicocca di Milano, si inserisce nel dibattito su quale sia l’età  migliore in cui i bambini dovrebbero iniziare ad andare a scuola. A sollevare la questione, è uno speciale pubblicato sulla rivista Science.

Dagli studi scientifici, del resto, arriva una risposta: da zero a sei anni il periodo in cui il cervello è più fertile. La ricchezza di gesti ed espressioni del viso usati dai genitori con un figlio di 14 mesi influenza la sua proprietà lessicale a sei anni. E la ricchezza di vocaboli di un bambino di prima elementare permetterebbe di prevedere il suo successo all’università e nel lavoro.


“Nei primi quattro anni si raggiunge il picco di connessioni fra i neuroni. Il loro numero supera quello del cervello adulto” – illustra Pier Paolo Battaglini, direttore del centro per le neuroscienze “Brain” dell’università di Trieste – “Dai quattro anni in poi le connessioni diminuiscono. Si mantengono solo le sinapsi più importanti”.

Per questo, dalle ricerche sembra arrivare uno stimolo a rivedere l’organizzazione del percorso scolastico.

Negli Stati Uniti, ad esempio, la scuola anticipata è un concetto divenuto già  realtà  attraverso un apposito progetto: si chiama “Head Start” (ovvero, vantaggio in partenza) e coinvolge un milione di bambini disagiati di tre e quattro anni.

In Italia, invece, non sono ancora molto diffuse iniziative per la prima infanzia. Spicca, tuttavia, il programma “Nati per leggere” dell’Associazione culturale pediatri: i bambini, a partire dai sei mesi, vengono tenuti in braccio da uno dei genitori che per loro legge un libro ad alta voce. L’iniziativa ha avuto così tanto successo da incoraggiare un progetto parallelo: “Nati per la musica”. Un’occasione per avvicinare i più piccoli alle melodie, che tra l’altro hanno il potere di determinare più adeguatamente, il ripristino di equilibri interiori.

In conclusione

Un adeguato sostegno di counseling familiare (inteso come strumento per conoscere e applicare metodologie educative efficaci) diventa, alla luce di quanto la scienza dimostra, utile e necessario. Infatti, se è vero che il bambino impara meglio da piccolo, è altresì reale la necessità di evitare di caricarlo di troppe informazioni che finirebbero per orientarlo in direzioni monotematiche, riduttive sul piano di un’educazione ad ampio respiro, in grado di rispettare tempi e interessi fisiologici. Quindi, cari genitori, dedicate tempo e amore ai vostri bambini… ma ricordate di rispettarli e, soprattutto, non incappate nell’errore di provare a realizzarvi attraverso di loro, spingendoli a fare ciò in cui voi non siete riusciti.

Buon lavoro!

Bibliografia

 

G. M. – Medico Psicoterapeuta / Counselor – Presidente Neverland (Scarl – No Profit – ONLUS)