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Adesso che lo sento sulla pelle, so quant’è caldo l’asfalto di Genova alle cinque del pomeriggio di fine luglio. Volevo andare al mare oggi, c’era anche una mezza promessa fatta a Luca ma stamattina si era messo male, il cielo era annuvolato, grigio, non come è adesso blu intenso, che da sdraiato che sono lo noto ancora di più, blu profondo, limpido, assoluto da guardarlo ore e ore senza rumori, senza confusione. Certo, il tempo adesso ce l’ho ma è la confusione che non riesco a eliminare; tutti quanti che si agitano, urlano mi stanno addosso, mi parlano, mi toccano: c’è anche la scorta armata che mi protegge, che lusso! Ma non l’hanno capito che è stato un attimo? Anzi meno di un attimo e mi son trovato così sdraiato, lungo lungo sull’asfalto caldo, incredibilmente caldo. Se ci penso bene, se fossi andato al mare, sarebbe stata la stessa sìtuazione. Io sdraiato, il caldo soffocante, la confusione sulla spiaggia e il cielo blu profondo, limpido, assoluto così come è adesso, forse l’unica differenza sarebbe stata il passamontagna, me lo sarei tolto, al mare proprio non serve. Insomma avrei potuto spassarmela oggi, invece devo sopportare tutti questi che si dannano attorno a me, non mi mollano, tutti addosso, ma… PER LEGGERE TUTTO IL TESTO, CLICCARE SUL TITOLO.


…poi, per fare che? Possibile che ancora non l’hanno capito? Ma non si vede? Sono così stupidi? Forse sì. Tutto quanto qui è stupido. Un po’ l’avevo sospettato ma, nella confusione generale, non ho avuto la forza per allontanarmi, sparire da questo casino. Dalle nove di stamattina che abbiamo giocato al gatto col topo, mordi e fuggi, un po’ qua un po’ là, ora avanzi ora indietreggi, ora appari ora scompari, alla fine un po’ di stanchezza l’avverti da tutte e due le parti. Per carità, nessuno è Superman. Alla fine si crolla. Sì, dev’essere andata così, ci ha fregati la stanchezza, a me e a lui, se no non si spiega come io mi trovo qui, lungo lungo sull’asfalto caldo e lui rannicchiato in un letto d’ospedale. Avrei dovuto uscirmene da quella situazione ma non ci sono riuscito, sono rimasto lì in mezzo perché sentivo che era giusto rimanerci, lottare, protestare, far valere le idee che hai in testa e non tirarti indietro anche se sai che falliranno. A casa e al liceo, del resto, me lo hanno insegnato a combattere le ingiustizie, a impegnarmi per cambiare il mondo a far sì che ognuno che nasca abbia le stesse possibilità nella vìta e da quando ricordo di avere avuto un po’ di senno, questo forte sentire non mi ha più abbandonato. Com’era l’inizio?… Ah ora ricordo! “Quando Cristoforo Colombo decise di attraversare i grandi spazi vuoti ad ovest dell’universo accettò la sfida delle leggende”. Il mio libro preferito letto e riletto, a lungo meditato. Da lì ho capito che tutti i reietti sono i miei fratelli e anche chi protesta testimoniando con la vita è mio fratello: Palach, Guevara, Allende, Panagulis, i miei fratelli maggiori. Da loro ho imparato che bisogna abbattere il tiranno in tutte le maniere possibili, per questo mi sono trovato lì, in quel casino, ma se ricordo bene gli occhi che mi si sono incollati addosso nell’ultimo istante non erano quelli del tiranno, gli occhi gelidi e immobili del potere. Se ricordo bene erano occhi umani, impauriti, giovani come i miei occhi, però spaventati, lacrimanti, annebbiati, ormai senza speranza. D’altronde, l’urlo spettrale con il quale ci siamo presentati all’improvviso, avrebbe atterrito chiunque e, loro tre da soli, cosa avrebbero potuto fare? Scappare? Ma da dove? Anche le urla che ho sentito uscire dalla camionetta non erano proprio le urla del tiranno. Erano simili a preghiere urlate, sembravano suppliche gridate a squarciagola, forse pure dei consigli che voleva darmi ma ormai anch’io ero stordito, annebbiato e non ho fatto in tempo ad abbassare le braccia che… un attimo, giusto un attimo. Ora c’è tutto questo trambusto, medici, polizia, giornalisti, fotografi… che confusione, non si sopporta! Quando se ne vanno? Voglio vedere il cielo blu profondo e voglio leggere la dedica della piazza. ;i hanno detto che c’è il mio nome. Adesso mi commuovo. Ho degli amici stupendi, dei veri amici e prima o poi li ringrazierò ad uno ad uno. Forse adesso è meglio andare, il viaggio è un po’ lungo, sono da solo e non conosco neanche la strada. Chissà se qualcuno mi verrà a prendere, chissà. Prendo le sigarette che mi hanno portato e anche qualche fiore, mi faranno compagnia durante il viaggio. lo vado avanti, come sempre. Ci vediamo dopo.

di Alessandro Citro ( alekoscitro@tin.it )