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Per non complicarsi l’esistenza.


 

Pensieri degli anni difficili


 

Dopo un giorno intenso di sguardi che, posati, è difficile non parlino e di sensazioni fatte di onde di sintonia sempre più frequenti, fuggo via senza guardare.

Il cielo, minaccioso e promesso, è già esploso di pioggia. Guido senza vedere innanzi, con le gocce sui capelli e dentro gli occhi. Ho bisogno di riflettere, mettere ordine in questo caos di emozioni che popolano la mia anima in tumulto.

Mi rassereno un po’ distendendomi nella tranquillità delle mie cose, nel silenzio che è nell’aria e penso che è arrivato il momento di prendersi una pausa con il mondo. Dai pensieri fastidiosi, dalle domande che hanno una risposta e da quelle che non la vogliono sentire.

Ho pensato questa serata ragionandola, guardandomi un po’ dentro e cercando di capire cosa ho più bisogno in questo istante.

Un momento di tensione che precede non vuole complicazioni o complessità, ma solo tranquillità a distendere, fra le cose più banali che dovrebbero riempire le serate in allegria. E così, immaginando e premeditando mi ritrovo ad esprimere tutta la verità che ho dentro, senza imbarazzi né titubanze.

Un calice di vino rosso rompe il ghiaccio, riscaldando i cuori.

Mi distraggo e mi ritrovo a poche ore prima, fra le parole e i tanti messaggi che non vogliono arrivare.

Amiamo complicarci l’esistenza! Quando, invece, le cose che danno la serenità sono semplici, è vero. Non posso non annuire e sentirmi in colpa un po’.

Un uomo e una donna. Dov’è il problema? Cos’è che cercano entrambi per potere andare insieme nel tragitto della vita?

C’è chi cerca le attenzioni attraverso le premure. Però passando dalla giusta misura all’eccesso si finisce per mancare di rispetto. Solo per esaudire una propria esigenza che, riflette, normalmente, una carenza nell’affetto.

Mi dedico una pausa nel pensiero e torno indietro. Non riesco a frenare il mio tumulto.

Poco tempo fa. Un prato verde e ben curato, un sole alto e caldo ma annebbiato di foschia. Solo uomini in silenzio, appassionati, apparentemente forti e sicuri di se stessi. Con curiosità pongo le mie domande, divertita e nello stesso tempo ansiosa di imparare. Sono attratta da tutto ciò che si può all’aria aperta e, forse, con una notevole capacità di sopportare condizioni avverse per il piacere di provare una cosa nuova, diversa.

Cade un momento di imbarazzo, come se tutte le maschere che rivestono dei lineamenti un po’ induriti dal ruolo che sono abituati dalla nascita ad indossare, si spostasse un po’, lasciando intravedere la dolcezza della fragilità che gli appartiene. E senza per questo dover rinunciare alla loro sicurezza. Qualcuno timidamente abbozza un “manca la figura femminile, in questo contesto”. Qualcun altro un “mi piacerebbe condividere questo momento di relax”.

Mi trovo un po’ in difficoltà, ma provo un grande senso di tenerezza e rimando ad un altro istante la riflessione. Ora, non sarei lucida e finirei per trasmettere un messaggio non corretto, che poco mi appartiene.

Srotolo una matassa ingarbugliata dall’origine e che mi porto dietro da tempo immemorabile.

Avverto in loro la solitudine. Non è tanto ciò che si vorrebbe.

Ci sciogliamo lentamente ma con fluidità. Esprimo a voce alta ciò che mi aspetto da questa sera e perché l’ho cercata così tanto. Senza problemi, senza pensieri contorti ad ingarbugliare quello che è già complicato di per se.

Vengono fuori i “vorrei” e mi accorgo che comprendono le cose più semplici, i desideri che rendono gradevole l’esistenza e realizzabili con poco. Il piacere di condividere un momento di musica, una passeggiata in riva al mare, una corsa fra gli alberi.

Non si vogliono forse le stesse cose? E allora perché è così difficile realizzare?

Mi ritrovo a raccontare il mio segreto, questa volta senza sentirmi giudicata. Lo accenno appena pensando non sia rilevante, ma colgo una luce che brilla come avessi centrato l’obiettivo.

È nato un sentimento piano piano, fra la paura di sciuparlo con l’abitudine ha preso un’altra strada, non quella solita e convenzionale, ma una che ci ha dato la possibilità di godersi il paesaggio. È stato però necessario mettere da parte molti istinti naturali, che non vanno condannati. E solo allora mi accorgo di avere creato l’accoglienza, di avere stimolato il desiderio di ritornare. Senza rimproveri ma a braccia aperte. Non lo so perché. Mi è venuto naturale.

Il pensiero insiste con lo sguardo. Velocemente scorre tutta la mia vita e raggiungo la giovinezza che corre legata alla libertà più assoluta. Quando svegliarsi da una notte di fantasia era solo un proseguire nella realtà della giornata. Quando un po’ la confusione insieme alla fretta di godere rendeva il tutto un po’ meno limpido. Ma vero. Quando la paura di perdersi nella routine delle giornate era una sensazione sconosciuta. Ed esisteva solo il desiderio di tenersi per mano assaporando il futuro che si preannunciava su uno sfondo di presente trasbordante d’amore.

Mi ritrovo con naturalezza a parlare di qualcosa che non si racconta facilmente a chiunque.

Ma sarà poi vero che è la razionalità che predomina in questa analisi dei comportamenti in sincerità e senza imbarazzi?

Oppure è solo la verità rivestita di naturale spontaneità?

C’è chi vorrebbe ma non osa. C’è chi ha perso la ragione. C’è chi è stanco di correre e rallenta un po’. C’è chi arde dal desiderio di lasciarsi abbracciare pregustando il calore della carezza.

Fra uomini…

Fernanda