…pagine di vita vissuta.
Racconti, riflessioni ed emozioni
Vorrei scrivere pagine di vita vissuta. Vorrei non essermi sottratta a quel tremore che deriva dalle emozioni più intense, che nasce dall’amore oppure dall’errore. Vorrei non essermi negata a quella vibrazione che scuote la coscienza nel profondo e induce a riflettere, cercando ogni volta di andare un po’ in fondo. Vorrei poter dire di aver amato, di aver gioito, di aver sbagliato, di essermi arrabbiata, di avere sofferto, ma di aver vissuto.
Vorrei raccontare storie dense di sentimenti, impregnate di gocce di vita, in cui non c’è posto per i rimpianti, e dove ogni passo compiuto serve a guidare e a rendere più sicuro quello successivo.
Vorrei parlare di esperienze vere, “sentite” con l’anima e con il corpo, conosciute attraverso i sensi, e filtrate poi dalla ragione solo per non restare in superficie.
Vorrei disegnare su un foglio usando tutti i colori, senza lasciare spazi bianchi, e senza che la mente vacilli alla ricerca di un’ispirazione che viene solo dalla fantasia e non dall’esperienza. Provo a cercare nei sogni adolescenziali che restano a dispetto del tempo che è già passato, nei desideri di bambina che si risvegliano nel profondo, forse con un pizzico d’ingenuità ormai fuori tempo che ancora forse non mi abbandona. Un’ispirazione che nasce da pensieri che a volte sembrano assomigliare ad effimere congetture distanti dalla verità, lontane dall’essenza.
E poi alla fine tutto sembra svanire così, lasciando l’amaro in bocca ed un velo di tristezza in fondo al cuore.
Finisce così, con gli occhi un po’ spenti dal troppo tempo passato all’ombra, ma senza che si oscuri la voglia di poter uscire a vedere la luce, mentre le lacrime scivolano sul volto come cristalli d’acqua gelida e tagliente.
Finisce così, con la consapevolezza di non volere e non potere recidere quell’ultimo filo che mi appartiene e mi sostiene, con la paura che quel filo possa ancora una volta possa tenermi legata ferendomi. Come una corda che può vibrare intensamente producendo dolcissime melodie, oppure diventare una catena tanto stretta da soffocare ogni emozione.
Eppure, è proprio quella catena che paradossalmente a volte mi regala l’illusione di sentirmi protetta. Protetta dalla possibilità di muovermi, di agire, di sentire, di guardarmi dentro fino in fondo, di affrontare la realtà.
Dietro le più brucianti passioni a volte si celano gli alibi più miseri, le paure più vili…ci si nasconde dietro nobili interessi che assorbono la nostra energia fino all’ultima stanca goccia…in modo che non rimanga spazio per nient’altro, e nel frattempo si finge di non vedere tutto il resto, illudendosi di poterne fare a meno.
Ci si impegna alacremente per ricamare una calda coperta con la quale scaldarsi dal freddo della solitudine, creando un velo da calare davanti agli occhi per evitare di guardare in faccia le proprie paure, i propri limiti.
E poi finisce così, tra un sospiro e un affanno, con la certezza che ciò che è stato non potrà essere cambiato, ma con il desiderio di raccoglierne i frammenti sparsi per dare vita a qualcosa di nuovo, di migliore.
Perché quando si arriva al “culmine”, non si può non riconciliarsi con se stessi, non si può non mettere da parte i risentimenti, la rabbia e i conflitti. Conflitti che forse non potranno essere risolti, ma che potranno essere guardati come qualcosa di lontano che pur appartenendoci, non può più nuocere.
“…Con le parole, invece, si può assumere un’identità nuova, attingendo ai ricordi o inventando. Trasformarsi in un fiore, una farfalla, una nuvola.” (Cesarina Vighy)