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La musicoterapia a scuola.


Approfondimenti tecnici

Accade spesso che l’idea di un astratto potere terapeutico della musica porti a concludere che se la musica è curativa, anche il suo apprendimento non può che avere effetti positivi anche in situazioni di deficit o di handicap. Proprio da questa convinzione si genera un fraintendimento diffuso, secondo il quale vengono considerate attività di musicoterapia anche quelle situazioni in cui si fa educazione e/o animazione musicale:

nei processi educativi, familiari e scolastici, il rapporto pedagogico si trasforma spesso in rapporto terapeutico. (…) Si verifica così un’estesa terapeutizzazione del quotidiano e l’imperativo sembra quello di guarire la vita anzichè viverla.” (Melucci, 1991)

In questi casi si stabilisce automaticamente un’associazione per cui handicap+gioco diventa ludoterapia, handicap+equitazione è uguale a ippoterapia, handicap+musica sinonimo di musicoterapia, ecc…contribuendo così a rendere confuse le competenze specifiche che le varie professionalità dovrebbero possedere. Non si può negare che un insegnante di musica che possieda competenze di musicoterapia possa essere in grado di rendere l’esperienza dell’apprendimento più creativa e spontanea, oppure che la conoscenza di metodi appositamente studiati per il contesto educativo (come ad esempio i celebri Dalcroze, Kodaly e Orff) possa rappresentare un arricchimento del bagaglio cultuale del musicoterapista, ma le due discipline possiedono peculiarità e specificità distinte, non confondibili o sovrapponibili fra loro.

Nei programmi ministeriali di educazione musicale per la scuola elementare si segnala il possibile utilizzo della musicoterapia nei casi di portatori di handicap scolasticamente inseriti e si afferma che:


“Nell’ ambito delle attività di educazione al suono e alla musica è da tener presente il valore che possono assumere eventuali interventi specialistici di musicoterapia rivolti a soggetti in situazione di handicap”(Casadei, Denotariis, 1989).

Analizzando attentamente il testo ed i contenuti, si può facilmente comprendere che la musicoterapia è inseribile nelle attività musicali quale intervento specialistico, ma non viene specificato se quest’ultimo dovrà essere attuato dagli insegnanti della scuola, oppure da esperti del settore. Inoltre, l’accennare ai soggetti in situazione di handicap potrebbe indurre a pensare che, per loro, le attività musicali debbano necessariamente trasformarsi in terapia.

Ci si potrebbe domandare allora perché non si sia sentita la necessità di fare affermazioni analoghe nell’ambito dell’educazione motoria o di quella linguistica (Piatti, 1993). Altrettanto sarebbe supponibile per l’Educazione all’immagine, che avrebbe potuto prevedere possibilità collegate alla terapia attraverso le arti visive (eidoterapia) e plastiche. Se infatti per l’educazione musicale si può presupporre l’ingresso di principi terapeutici, non si capisce perché gli stessi principi terapeutici non possano essere adeguati ad altri tipi di esperienze conoscitive.

Si potrebbe evitare di adoperare la musicoterapia come termine “ombrello” (Piatti, 1994), il quale finisce per coprire attività molto diverse fra loro, se si specificasse preventivamente:

  • i contesti operativi e le relative finalità istituzionali in cui si intende operare;
  • chi e perchè ha deciso, in tali contesti e di fronte a quali situazioni di utilizzare al musicoterapia;
  • chi è responsabile del progetto, qual è il progetto e quali sono gli obiettivi prefissati;
  • i presupposti teorici che vengono usati per giustificare il proprio intervento e per analizzare e valutare i dati esperenziali;
  • le ragioni che hanno indotto di fronte ad una determinata situazione ad optare per un metodo e una tecnica e non per un’altra;
  • le modalità di valutazione dei risultati ottenuti e non ottenuti.

 

Esiste la possibilità che la scuola si appropri di una sua peculiare e particolare modalità di adoperare la musicoterapia per avvicinarsi al bambino, con l’obiettivo principale di riconoscergli capacità di espressione, di produzione e di comunicazione. I programmi della scuola elementare assegnano alla medesima compito di porre le basi socio-emotive e cognitive necessarie ad una partecipazione sempre più consapevole alla cultura e alla vita sociale. Queste basi, si articolano oltre che nelle conoscenze e nelle competenze, anche nella motivazione a capire e ad operare in maniera costruttiva, nella progressiva responsabilizzazione individuale e sociale , nel rispetto delle regole della convivenza.

L’apporto che la musicoterapia può offrire all’interno di un simile progetto pedagogico, riguarda in primo luogo la creazione di un clima relazionale positivo caratterizzato da empatia. A questo scopo è opportuno che la scuola offra al bambino spazi, tempi e modi per esprimersi e raccontarsi, anche nella dimensione dell’immaginario, dell’affettività e delle emozioni, in cui egli possa trovare ascolto e possibilità di comunicare usando i linguaggi non verbali: segni e colori, suoni movimenti e giochi. È possibile proporre all’alunno anche delle possibilità catartiche a livello ludico, favorendo la liberazione dell’espressività e della creatività. Tutto ciò può avvenire migliorando la comunicazione e le relazioni interpersonali, maturando la capacità di ascolto, la consapevolezza individuale e collettiva.

Tutti i bambini hanno bisogno di sentirsi riconosciuti, di essere apprezzati, di ricevere attenzione e ascolto. Ognuno dovrebbe avere la possibilità di stabilire relazioni significative, all’interno delle quali poter comunicare ogni parte di sé. Proprio per queste ragioni è possibile che percorsi specifici di musicoterapia, legati alla prevenzione del disagio e all’integrazione dei diversamente abili, trovino legittima programmazione e collocazione nell’ambito di attività di arricchimento del curricolo, attraverso proposte di esperienze che riguardano, ad esempio, la scoperta del ritmo e del tempo.

La musicoterapia a scuola può rappresentare un eccellente strumento per valorizzare le competenze e le risorse personali di ogni alunno, ma in molti casi viene erroneamente considerata una sorta di “ultima spiaggia” proposta con la banale motivazione che, al bambino in questione piace la musica, e che tanto non si può peggiorare la situazione.

Qualsiasi professionista che invii (o che accolga) una persona ad un percorso di musicoterapia dovrebbe riflettere partendo dai possibili obiettivi che è lecito aspettarsi da questo tipo d’intervento.

Oggi gli ambiti di applicazione della musicoterapia sono molteplici, e per ognuno di questi ambiti sono state affinate particolari tecniche calibrate su diversi tipi di utenza. È quindi opportuno avere chiarezza sugli obiettivi raggiungibili, sia a livello generale che a livello personale, per non alimentare fraintendimenti riguardo alle differenze tra educazione musicale e la musicoterapia.

Nel produrre distinzioni che permettano di individuare e ragionare sulle differenze di base tra un modello d’intervento formativo musicale proprio dell’istituzione scolastica, e di una proposta d’intervento musicoterapeutico, è essenziale riflettere su alcuni elementi che caratterizzano le due discipline:

  • Nell’educazione musicale, l’apprendimento della musica è lo scopo principale, nella musicoterapia invece, la musica è un mezzo per arrivare ad un fine.
  • Nell’educazione musicale, gli scopi sono prima estetici e musicali, e poi funzionali; nella musicoterapia gli scopi sono prima di tutto collegati alla salute, e secondariamente estetici oppure musicali.
  • L’educazione musicale enfatizza il mondo musicale universalmente condiviso, nella musicoterapia si enfatizza invece il mondo musicale privato della persona.
  • Nell’educazione musicale il rapporto studente-insegnante è limitato al campo musicale, nella musicoterapia il rapporto paziente-terapeuta si rivolge a tutti quegli ambiti della salute a cui è possibile rivolgersi attraverso la musica.
  • La musicoterapia non rappresenta un metodo alternativo, sostitutivo o di complemento alla educazione musicale.
  • Non è un corpo di tecniche per l’apprendimento del linguaggio musicale e non prevede progettualità e finalità strettamente collegate alla alfabetizzazione musicale, non svolge compiti di addestramento cognitivo ed estetico espressivo alla musica.
  • La musicoterapia non è una pratica che intende adoperare la musica alla stregua di una prescrizione farmacologia.
  • La musicoterapia non è un momento di animazione, oppure un patrimonio di conoscenze che possono essere introdotti nell’ambito preventivo, riabilitativo, terapeutico senza opportuna formazione
  • La musicoterapia non è un area scollegata e non comunicante con l’intero spazio dell’arteterapia e dalle altre metodiche riabilitative pur mantenendo una sua specificità.

Secondo William Salaman la differenza principale tra educazione musicale e musicoterapia consiste nell’atteggiamento. Nell’educazione musicale i bambini saranno occupati nello studio di una materia, mentre nella musicoterapia i bambini sono essi stessi la materia.

 

Bibliografia


  • Bruscia K. E., Definire la musicoterapia, Ismez Editore, Roma, 1996.
  • Bunt L., Musicoterapia-Un’arte oltre le parole,Edizioni Kappa, Roma.
  • Lorenzetti L. M., Dalla educazione musicale alla musicoterapia, Edizioni Zanibon, 1989, Milano
  • Oberegelsbacher D., Il potere di Euterpe, Franco Angeli, Milano, 2003,
  • Postacchini P., Ricciotti A., Borghesi M., Musicoterapia, Carrocci,Roma, 2004.